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Con l’installazione “Piatti Caldi” l’artista palermitano Gianluca Concialdi ha esposto, ospite della galleria Almanac, per la prima volta nel Regno Unito.
Ruvida e minimale, ‘trash’ e trascendentale, la pratica di Concialdi mescola cultura popolare e alta con umorismo – si legge nel testo critico – Facendo riferimento all’ibrido, alle diversità promiscue e alla lussuria del Mar Mediterraneo.
Un nuovo corpus di lavori che esplora la natura schizofrenica e fugace di un’immagine; mettendo in discussione la possibilità di rappresentare l’esperienza da cui si manifesta.
E afferrare l’essenza della sua immediatezza.
Sviluppando la sua ricerca sulla tensione tra presenza e assenza, espressione e rappresentazione, il tentativo di Concialdi è stato quello di unire diverse temporalità e immagini in un solo corpo.
Rivelando la dimensione surreale e metafisica nascosta nell’esperienza quotidiana.
LE OPERE
La posizione ambigua e poetica delle opere di Concialdi deriva da una ricerca di verità che scivola in ossessioni e contraddizioni.
Una serie di quadri, tra natura morta e astrazione, sono scolpiti e poi forgiati in bassorilievi.
Le loro superfici in ghisa, essendo allo stesso tempo supporto e immagine, diventano piedistalli in cui le immagini si scaldano roventi e si dissolvono nel fumo.
Nell’incontro con alcuni degli oggetti della loro rappresentazione.
Queste strutture incarnano, in una forma tangibile, la trasfigurazione di un’immagine in un’altra, la loro coesistenza e integrazione nel presente, servita su un piatto: su piatti caldi.
Concialdi estende queste figure ancestrali, elementi astratti ricorsivi che richiamano parti del corpo, verdure e presenze surreali in campi di colore e dipinti grezzi su carta per schizzi.
Su larga scala, di solito utilizzata per trasferire affreschi su pareti o in scenografia.
Tutte le immagini hanno un doppio, poiché sono dipinte su entrambi i lati in diverse versioni, evocando l’irrazionalità di una scelta o una rinuncia che deve essere fatta.
Un’altra scultura fa parte della mostra: la rievocazione di un elemento urbano pubblico da una piazza di Palermo, dove vive Concialdi.
Catene di varie lunghezze sono fissate a un palo metallico sorretto da una base in cemento.
All’estremità, gli apribottiglie incisi con frammenti di un dialogo sono appesi. Questo dispositivo, insolito ma pratico, acquisisce la presenza scultorea di un monumento pubblico e spontaneo, offrendo incontri urbani con strumenti utili per bere qualcosa, rinfrescarsi dal caldo, chiacchierare con un vicino, rinfrescare corpi e idee.
L’intervista
Come è nato il progetto?
Il progetto nasce dalla volontà di compiere qualcosa di universale, qualcosa che fosse in grado di spostare in là il limite della percezione di cosa possa essere considerato arte. Non sono mai stato interessato ad esprimere valori politici o sociali nel mio lavoro. Con le cucine Focolare 1 e 2 cerco il senso dell’impossibilità del momento, il calore, il profumo ed i fumi emanati dai bassorilievi in ghisa creano una situazione che è arte; nell’arte inaspettatamente sociale.
Cosa rappresentano i bassorilievi?
I bassorilievi prendono forma dai miei dipinti, sono un equivalente scultoreo di essi.
Come è stata accolta l’installazione?
Benissimo, il pubblico era esaltato dall’idea di potersi cucinare una cena, uscivano e tornavano con le buste della spesa.
Qual è il fine delle tue installazioni?
Mi preme sondare un pensiero più universale, relativo all’impossibilità della lettura di un momento storico preciso o alla scelta e a tutte i suoi risvolti. Accade che involontariamente ma consapevolmente possa generarsi spontaneamente un momento collettivo.