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“Fiori mai nati”, protagonista la Palermo decadente nel libro di Giankarim De Caro

martedì 17 Dicembre 2019
Fiori mai nati

Fiori mai nati è il bellissimo libro di Giankarim De Caro che, con la prefazione del giornalista Mario Azzolini, ha per drammatica protagonista la Palermo decadente che, devastata prima dalle bombe americane e, poi, dall’abusivismo edilizio di stampo mafioso, si conquista l’amaro ruolo da protagonista, condividendola con la famiglia Calamone.

Giankarim De Caro

Questa è la storia della famiglia Calamone, gente miserabile, arrogante, cattiva” e, immediatamente, ci si trova dinanzi al quesito se malvagi si nasca o si diventi a causa delle prove a cui la vita ci sottopone. Penetrando tra le pieghe del romanzo si scopre che tutto nasce da una partita a carte che travolgerà e stravolgerà la vita dei fratelli Totò, Ciccio, Peppino, Vito, Maria, Angela e, soprattutto, Piero, il figlio “sacrificato“, capirete in seguito perché, nati dall’amore tra il barone e la baronessa, titoli che in siciliano si chiamerebbero nciurie, coniugi innamorati, ma genitori “balordi“, cattivi e anaffettivi.

In questa storia corale, che ha come tasselli le liti, i drammi familiari, la violenza, l’abbandono e la ludopatia, le vicissitudini di Piero si legano, come sarebbe normale in qualsiasi famiglia, ma non in questa, a quelle dei fratelli. Ma riavvolgiamo il nastro e torniamo a quella partita di carte, dall’esito imprevedibile e sconvolgente, da cui eravamo partiti. Il barone sfida Zzu Ninu e, non contento di aver perso tutto, decide di giocarsi il figlio Piero che, in caso di sconfitta, dovrà seguire il “Mastro” a Roma e stare con lui per 5 anni, obbedendogli in tutto e per tutto.

A tale proposito, da un cassetto della memoria, emerge ciò che lo scrittore Maksim Gor’kij, vedendo, nel luglio del 1896 a Nižnij Novgorod, “La partie de cartes“, dei fratelli Auguste e Louis Lumière, scrisse in un articolo di giornale:

Al tavolo siedono tre giocatori. Visi tesi, rapidi movimenti delle mani che distribuiscono le carte; vedete la cupidigia dei giocatori nel tremito delle mani e nei muscoli dei volti … Giocano … Poi tutti e tre cominciano a ridere, ride anche il cameriere che ha portato loro la birra e che s’è fermato vicino al loro tavolino. Ridono a crepapelle … ma non si ode alcun suono. Sembra che quegli uomini siano morti e che le loro ombre siano condannate a giocare eternamente a carte, in silenzio“.

In quei volti, malati del gioco, si può riconoscere quello del barone in cui è scritto il drammatico destino di Piero che, strappato dalla sua strana, ma pur sempre famiglia, crescerà lontano da casa, lavorando per l’uomo a cui è stato ceduto, pieno di dubbi sul perché proprio lui sia toccata questa sorte e domande a cui non avrà mai risposte. Il piccolo, diventato adulto, non conoscerà mai cosa significhi avere un padre e una madre, così come i fratelli che, pur crescendo con il barone e la baronessa, non avranno mai quell’affetto e amorevolezza che ci si aspetta dai propri genitori, come se fossero stati maledetti già prima della nascita.

Fiori mai nati

Forse per i fratelli Calamone sarebbe stato meglio essere “Fiori mai nati?”. Giankarim De Caro, che ha scritto un altro bellissimo e struggente libro, “Malavita“, da grande narratore quale è, guarda ai suoi personaggi dall’esterno, facendo srotolare le loro vite, non dando risposte, mostrando come la vittoria e la sconfitta siano, spesso, le due facce di una stessa medaglia e come in questa storia ogni evento sia un traguardo da conquistare  e in cui non vengono mai contemplati le idee di giusto o sbagliato, di bene e male.

Fiori mai nati si legge tutto d’un fiato ed è come se, da spettatori, si diventasse all’improvviso attori, perché i personaggi sono tratteggiati così bene da prendere forma e trasformarsi da “assenze”, essendo figure letterarie, in presenze reali. Ed ecco che ci si ritrova a essere compagni di Piero sia nel suo viaggio di andata verso Roma, spaventati come lui per quel salto nel buio, che in quello di ritorno, speranzosi in un abbraccio, dopo 5 anni trascorsi a scontare il debito paterno, che non si riceverà.

La realtà, infatti, è ben altra da quella agognata e così Piero, “vinto” dalla vita e dalle scelte dissennate di un padre padrone, coverà una rabbia, un rancore e una cattiveria che da subita, come un demone, si impossesserà di lui, abitandogli la mente e guidando le sue azioni. I Calamone sono il paradigma di tante famiglie dove  l’anaffettività, in questo caso compagna della povertà, ergendosi a protagonista e incidendo profondamente nella vita dei più piccoli non dà loro possibilità di scelta, infatti non è una caso che il libro sia dedicato: “A chi non ha potuto scegliere“.

In questo romanzo è come se il velo di Maya, strappato violentemente, scoprisse la realtà delle cose. Chi di noi, però, vorrebbe realmente che ciò avvenisse per trasformarsi da dormienti in desti, con occhi non più distratti dalle apparenze, fatte di stereotipi, ma attenti alla realtà delle cose in cui, chissà, potrebbe capitare di empatizzare persino con i “cattivi” che, in alcuni casi, lo diventano perché vessati da una esistenza matrigna, portatrice solo di dolori, mortificazioni, ingiustizie e “malamore?”

In “Fiori mai nati” il linguaggio asciutto trasforma Giankarim De Caro in un cronista “letterario” che vede tutti i personaggi, crudi e veri nel loro realismo, come vittime e, contemporaneamente, carnefici. Lo scrittore, non risparmiando nessuno, ci accompagna dentro questo mondo tormentato, irto di difficoltà, abitato da brutture senza, però, ergersi mai a giudice o a depositario di verità morali assolute, come in “Malavita” d’altronde. Pubblicato da Navarra Editore, è un libro da leggere anche perché, facendoci immergere in vite “altre” da quelle da noi vissute, ci permette di emergere nelle nostre vedendole belle e fortunate come non mai.

Buona lettura.

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