“Piangiamo uno dei figli migliori di Messina. Piangiamo lo studioso, lo storico, l’esperto, il custode geloso di un immenso patrimonio di storia, cultura, il dispensatore generoso di memorie della nostra città”. Monsignor Mario Di Pietro, parroco di San Giacomo Maggiore, nell’ultimo saluto al Duomo a Franz Riccobono, ha interpretato il pensiero di tutti, nella Cattedrale commossa.
INNAMORATO DI MESSINA
Ai piedi della bara i simboli che hanno scandito i tempi della sua vita: i colori giallo e rosso della Sicilia e l’azzurro del “Viva Maria” quella frase che tra i fondatori del Comitato Vara ha gridato con tutta la fede e la passione del messinese innamorato della sua città. Il picchetto della Confraternita dei Catalani, di cui era fondatore e confratello. In Cattedrale lo stendardo del Comitato Vara, lo striscione “Liberiamo la zona falcata” del gruppo Zda, le bandiere con lo stemma del Regno delle due Sicilie. Giovani e anziani, soci dell’Associazione Amici del Museo e compagni delle mille battaglie combattute per difendere l’identità di Messina, politici e sindacalisti, professori universitari e studenti, antiquari appassionati e storici.
UOMO DI CULTURA E DI UMILTA’
Franz, il professore, come lo chiamavano tutti, ha saputo unire generazioni diverse col suo modo particolare di non far pesare il sapere e di far sentire, questo sì, il meraviglioso peso dell’amore per quella Messina le cui radici, già a 22 anni, andava a cercare tra gli scavi. Esperto di storia e tradizioni, scrittore, antiquario, uomo di cultura e di umiltà.
MESSINA RACCOLGA IL TESTIMONE
“Piangiamo un uomo garbato e accogliente, elegante e mai scontato. Io piango l’amico fraterno- ha aggiunto monsignor Di Pietro- La città di Messina impari ad apprezzare i suoi figli migliori quando sono in vita. Valorizzi i suoi talenti, non permetta che l’oblio e la negligenza offuschino l’amore di Franz per Messina. Anzi, la città raccolga il testimone per lui”.
MUSUMECI, SAMONA’, SANTORO
A seguire la bara all’ingresso in Cattedrale è stato il Commissario straordinario del Comune di Messina, Leonardo Santoro. A dare l’ultimo saluto questa mattina c’era anche il presidente della Regione Nello Musumeci e non soltanto nella qualità di governatore quanto anche nella veste di amico e convinto sostenitore di alcune delle battaglie di Riccobono, dalla zona falcata all’ex ospedale Regina Margherita. Non poteva mancare l’assessore regionale ai Beni culturali Alberto Samonà che con lo storico scomparso ha condiviso percorsi per la valorizzazione di beni finiti preda dell’incuria e del tempo: 2Ci lascia uno studioso e un amico”
GIOVANI E ANZIANI
C’erano i componenti del Comitato Vara, che hanno portato sulle spalle la bara, e i giovani e gli ex giovani di Vento dello Stretto, Zda, che con Riccobono hanno fatto il possibile e l’impossibile in quasi 20 anni di mobilitazione per la zona falcata, la Real Cittadella. Il testimone è adesso in mano ai tantissimi semi sbocciati anche grazie a quell’entusiasta che poteva passare ore ed ore a raccontare episodi, pezzi di storia, tradizioni e miti senza che l’interlocutore se ne accorgesse.
LE PAROLE DI MUSUMECI
Dopo la celebrazione il presidente Musumeci ha ricordato commosso l’uomo e l’amico “Voglio dirti grazie per la pluridecennale amicizia e per il sodalizio stretto anche nei momenti più dolorosi della mia vita. Tu c’eri quanto ho detto addio a mio figlio. Grazie per aver testimoniato l’amore per la Sicilia e Messina. Sei stato instancabile divulgatore culturale. Eri contro corrente e ti faceva piacere esserlo”.
Musumeci ha ricordato i grandi sogni di Riccobono, un destino diverso per la zona Falcata, per i monumenti di Messina, l’impegno profuso per la Badiazza, per la Cripta del Duomo, per l’ex ospedale Regina Margherita che sarà trasformato in Cittadella della cultura.
“Pensavi come se non dovessi mai morire e vivevi come se fosse ogni giorno l’ultimo. Il 4 febbraio, dall’ospedale, mentre lottavi contro il covid, mi hai scritto un messaggio con quello che volevi fosse il tuo ultimo sogno. E hai aggiunto, se campo”.
IL MUSEO DEL GRAN TOUR
Il sogno di Riccobono era la realizzazione del Museo del Gran Tour (quello che i ricchi rampolli delle famiglie europee del 1600 facevano in giro per il mondo). A Musumeci spiegava d’aver 10 mila stampe dal XIV al XVI secolo da mettere a disposizione per la mostra a Palazzo Ciampoli.
“Il Grand Tour, mi hai scritto, è l’opera più grande della mia vita. Lo volevi al palazzo Ciampoli di Taormina- ha detto ancora Musumeci- Su quello, in questi giorni, incontreremo l’architetto che ha realizzato una bozza del progetto e andremo avanti. Volevi restituire la Messina più bella ai Messinesi e oggi riconsacro l’impegno che avevo preso con te”.
E’ intervenuta poi la nipote di Riccobono, a nome della famiglia, i rappresentanti della Confraternita dei Catalani “avevi due soli nemici: l’ignoranza e l’arroganza” ha ricordato Marco Grassi, il gruppo di Vento dello Stretto e di quelle generazioni che hanno condiviso politica e passioni civili, il rappresentante del Comitato Vara ed il medico che ha vissuto gli ultimi mesi al fianco dello storico nell’ultima battaglia, quella contro il covid.
E quando il feretro è uscito dalla Cattedrale, il leone del Duomo ha iniziato a ruggire, e le note dell’Ave Maria si sono unite al Viva Maria dei tiratori della Vara. E’ stato come se i simboli della sua Messina si unissero alle lacrime di chi lo ha amato.