Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa di CapitaleMessina a firma di Gianfranco Salmeri.
Alcune considerazioni sulla bocciatura del Piano di riequilibrio. Se l’Amministrazione non riesce a convincere, ha la principale responsabilità dell’insuccesso. Avremmo voluto vedere Accorinti a Palazzo Zanca, non sotto il ponte di Brooklyn.
Alcune brevi considerazioni, se ci è concesso, sulle polemiche che hanno attraversato la politica cittadina in queste settimane, nella speranza di non esasperare i toni ma anzi di riportare il dibattito sul piano della ragionevolezza.
La Politica, quando è arte nobile, ha lo scopo di perseguire il benessere collettivo, attraverso la conquista del consenso del contesto sociale di riferimento e la mediazione “alta” con le altre parti politiche.
Ma non ci è sembrato questo il metodo, né adesso, tantomeno nel passato, dell’Amministrazione Accorinti. I fatti di queste ultime settimane ce ne danno la conferma.
Sulla famigerata “Variante Salvacolline”, ad esempio, è riuscita a coagulare la ferma opposizione di ordini professionali, forze produttive e sociali, movimenti e partiti politici; insomma tutta la città contro.
Quindi, pur non entrando nel merito delle linee strategiche della stessa variante, che continuano comunque a non convincerci, si deve registrare l’assoluta incapacità o mancanza di volontà da parte dell’Amministrazione nel saper convincere la città del valore di questo strumento urbanistico.
Altro, doloroso capitolo, è quello della bocciatura del Piano di riequilibrio ed anche in questo caso vogliamo evitare di entrare nel dettaglio tecnico, e neanche distribuire torti o ragioni nella polemica tra giunta e consiglio comunale.
Se però l’Amministrazione Accorinti in questi cinque anni, pur rappresentata da una sparuta truppa di consiglieri comunali, è riuscita tante volte a far approvare i propri atti dal consiglio comunale, evidentemente non vi è mai stata una forte opposizione pregiudiziale.
Quindi se qualcosa non ha funzionato questa volta, forse la giunta anziché strepitare, dovrebbe fare autocritica: non è certo l’imposizione, lo strumento per ottenere risultati politici ma, come abbiamo premesso, la condivisione degli obiettivi e la mediazione sui percorsi per raggiungerli.
E se vogliamo dirla tutta, in un momento così delicato per la città avremmo preferito vedere le foto del sindaco Accorinti a Palazzo Zanca, a parlare con i consiglieri comunali, anziché quella sotto il ponte di Brooklyn.
La dialettica democratica funziona così: se l’Amministrazione non ottiene il consenso, sociale e politico, sui propri atti, ne ha la diretta responsabilità politica; sono gli assessori a fallire, non altri. E i cittadini ne pagano le conseguenze.