Anche il leader di Noi con Salvini in Sicilia, Angelo Attaguile, e il deputato nazionale Alessandro Pagano, risultano coinvolti nell’inchiesta della Procura di Termini Imerese che ha portato agli arresti domiciliari l’ex deputato regionale Salvino Caputo, commissario straordinario per i comuni della provincia di Palermo del movimento “Noi con Salvini” durante le elezioni amministrative tenutesi la scorsa primavera; il fratello Mario, avvocato, candidato non eletto durante le ultime elezioni dell’Ars nelle liste del movimento “Noi con Salvini”; ed il procacciatore di voti Benito Vercio, di Termini Imerese.
Nell’ordinanza i due politici Pagano e Attaguile vengono definiti dal gip di Termini Imerese “istigatori e nei confronti dei quali si procede separatamente”.
Il 29 settembre dello scorso anno alle 14.36 Salvino Caputo apprende da una sua collega che l’istanza di riabilitazione è stata rigettata. Non poteva candidarsi per le regionali. L’esponente della lista Noi con Salvini ha chiesto un parere legale all’avvocato amministrativista Gaetano Armao. Alle 15.58 nel corso di una telefonata con Alessandro Pagano, Salvino Caputo, pur sapendo che il provvedimento è stato bocciato, comunica al leader di Noi con Salvini che la decisione era stata rinviata e quindi non poteva essere candidato. Ed è in questa telefonata che nasce l’idea di candidare un familiare dell’avvocato di Monreale.
“Senti, mi devi fare una cortesia – dice Pagano a Caputo -, non possiamo prendere settemila o sei mila voti e buttarli al macero. Scusa, male che va candidi tuo figlio. Tu continui ad essere più forte di tutti. Io so già la soluzione qual è. Caputo senza fotografie e Gianluca, non so come si chiama tuo figlio, detto Salvino. Punto e basta, funziona così”. Un inganno secondo la procura e il gip di Termini Imerese nei confronti degli elettori.
La scelta di Pagano è condivisa anche da Angelo Attaguile. Lo stesso giorno, il 29 settembre alle 18.13, Attaguile parla con Caputo: “Ho parlato con Alessandro, la soluzione che ha posto lui è ottima. Quella ‘detto Salvino’. Candidare tuo figlio e stare tutto così com’è e poi ci si mette ‘detto Salvino’. La tua la mantieni lo stesso. Questa candidatura, mettendoci il nome di tuo figlio. Però ci metti ‘detto Salvino'”.
Il figlio di Caputo non fu candidato, ma in lista finì Mario Caputo, fratello di Salvino, e volantini elettorali riportavano il cognome ma non il nome. Mario Caputo non fu eletto.
Tramite il suo legale, l’avvocato Nino Caleca, Pagano fa sapere che “darà il consenso all’utilizzo delle intercettazioni” e che da coordinatore della Sicilia occidentale della Lega “ha sempre operato in difesa dei principi di legalità e correttezza”.
Angelo Attaguile dice all’ANSA di “non avere ricevuto avviso di garanzia e di non sapere nulla della vicenda che ruota attorno alla campagna elettorale della Sicilia Occidentale – dice Attaguile – Io mi sono sempre occupato della campagna nella Sicilia orientale. Non ho promesso alcunché. Non avrei potuto promettere nulla”.
La base in subbuglio, Vozza chiede commissariamento del partito
“Le intercettazioni legate al caso ‘Voto connection’ che stanno uscendo in queste ultime ore sono a dir poco imbarazzanti: Pagano che implora Caputo di candidare il figlio pur di non perdere migliaia di voti. Questi soggetti, con le loro azioni rischiano di danneggiare i sogni che Matteo Salvini nutriva per la Sicilia. Ed è per questo che nelle prossime ore chiederemo al nostro leader di commissariare l’intero movimento dell’isola e di inviarci un commissario straordinario che rimetta in sesto la situazione. Ci servono esempi come Zaia, Fedriga e Toni Iwobi. Di gente come Pagano non sappiamo proprio che farcene”.
A dichiararlo è Francesco Vozza, già responsabile della Lega in provincia di Palermo. Vozza venne sostituito alla guida del movimento proprio con Caputo per volontà di Pagano pochi mesi fa.
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