Ci sono paesini della Sicilia sguarniti di sportelli bancari e, anche nei medi e grandi centri dell’Isola, ci sono zone nelle quali bisogna faticare per trovare una filiale. Da qualche anno, infatti, gli istituti di credito hanno deciso di chiudere decine e decine di agenzie ritenute troppo costose. L’ultima in ordine di tempo è la Bpm, la banca nata dalla fusione tra il Banco popolare e la Banca popolare di Milano. Entro il 30 giugno prossimo la sua rete territoriale si ridurrà di 23 unità, passando da 85 a 62.
Più precisamente chiuderanno i battenti 10 filiali in provincia di Catania, 4 in provincia di Palermo, 4 in provincia di Messina, 2 in provincia di Trapani, 2 nel Siracusano e 1 in provincia di Caltanissetta. Ad essere interessati ben 70 impiegati. Che fine faranno? Quale sarà la loro sorte lavorativa non è ancora dato saperlo, visto che l’istituto di credito non ha fornito notizie nè indicazioni. Di certo la chiusura in atto desta non poche preoccupazioni tra i sindacai e i lavoratori.
La notizia della decisione di Bpm arriva nel giorno in cui inizia il processo di accorpamento di 32 agenzie di Banca Nuova, deciso in seguito all’acquisizione della Banca popolare di Vincenza, di cui Banca Nuova fa parte, da parte di Intesa Sanpaolo.
Sulla stessa scia Creval, il Credito Valtellinese, che dopo aver assorbito il Credito Siciliano ha comunicato nel marzo 2017 la chiusura di 5 filiali in prima battuta e altre da chiudere successivamente. A questi ridimensionamenti si aggiungono quelli di Unicredit, che solo nel 2017 è passata da 325 a 291 filiali retail.
I dati pubblicati da Banca d’Italia, nell’ultimo rapporto annuale sulla distribuzione territoriale delle istituzioni creditizie, ci dicono che la Sicilia nel 2017 ha perso due Bcc, 85 sportelli e 1.006 lavoratori, mentre sono saliti ad 89 i comuni sprovvisti di sportello creditizio.
Secondo Filippo Virzì, Portavoce dell’Ugl Sicilia, la desertificazione degli sportelli bancari nell’Isola è conseguenza di decisioni discriminatorie. “Altro che rilancio a partire dal territorio, hanno drenato gli istituti del Nord liquidità per anni e anni e adesso giunti all’osso abbandonano la nostra terra asserendo che gli sportelli hanno una bassa redditività, quindi vanno chiusi. La vampirizzazione della Sicilia si sta perpetrando inesorabilmente con un piano sportelli lacrime e sangue sulla pelle dei lavoratori bancari realizzato con precisione chirurgica dai grandi gruppi bancari presenti in Sicilia”.
“Nessun rilancio – spiega Virzì – è previsto nei piani di impresa delle banche presenti in Sicilia per la Sicilia e la mancanza di un istituto tutto siciliano si fa sentire come un assordante debacle, sia per il sistema politico, sia per gli abitanti siciliani, vittime sincronizzate di un sistema bancario che li ha solo penalizzati per via dell’assenza di una reale politica di investimento commerciale e imprenditoriale da parte degli istituti bancari del nord presenti in Sicilia”.
Per Gabriele Urzì, della First Cisl, “continua la miopia strategica delle banche in un territorio dove già la percentuale di presenza di sportelli bancari è inferiore al resto del Paese. Pur non disconoscendo l’importanza della digitalizzazione, le banche non comprendono che in maniera complementare resta assolutamente necessaria la presenza fisica delle agenzie, soprattutto per l’attività consulenza che sicuramente non può essere scolta dagli Atm automatici”.