Il suo nome e la sua attività hanno segnato un importante capitolo di storia della Milano Vip che per decenni si è affidata al tocco magico di un meridionale che ha imposto il suo stile e la sua classe: e da ogni parte della sua Sicilia, sino ad altre regioni italiane, in tanti piangono in queste ore la scomparsa di Tindaro De Luca. “Il maestro”, così lo chiamavano, è stato uno dei grandi sarti che migrando dal Sud al Settentrione d’Italia è riuscito a fare fortuna, a costruirsi una fama meritata e duratura nel tempo al servizio di ricchi uomini d’affari, sceicchi e personaggi di altissimo livello in Italia e nel mondo. E’ morto nelle scorse ore all’età di 70 anni proprio a Milano, in quella che era diventata ormai la sua città “d’adozione”, dove si era trasferito poco più che 20enne partendo da Fiumedinisi.
Aveva lasciato la propria terra con una valigia e tante speranze: il sacrificio e l’impegno unitamente al talento hanno fatto diventa realtà le ambizioni che coltivava da ragazzo. Nel capoluogo lombardo, capitale per tradizione dell’alta moda, De Luca si è imposto ed aveva aperto nel 1976 la sua prima sartoria in corso Matteotti e poi dal 1997 in via del Gesù, in una zona poco distante dalla tanto celebrata Via Montenapoleone.
A lungo è riuscito a guardare dall’alto il quadrilatero della moda milanese, dal suo atelier al primo piano di un antico palazzo del centro dove, immerso tra almeno 4000 tagli di stoffa, tra i più rari e pregiati che si possano trovare in circolazione, serviva con passione vip, potenti della terra o, semplicemente, persone che amano vestirsi bene. Il maestro Tindaro De Luca veniva considerato, a pieno titolo, l’ultimo dei grandi sarti, uno di quelli che può dire di costruire un abito interamente a mano, senza trucco e senza inganno. Il suo studio, grazie a lui, è stato sin qui il tempio dell’eleganza su misura. “Mi fa piacere pensare di essere l’ultimo dei grandi sarti – diceva De Luca con ironia – dopo la mia generazione non c’è più nessuno che fa abiti per vestire la persona e non le persone, come fa la confezione”.
“Non tutti sanno che il segreto dell’abito sta in 48 centimetri. Un abito si fa in 48 centimetri; i 24 centimetri che vanno dal collo al giro per la giacca, e quelli del cavallo per il pantalone. Attorno a questo ruota tutto il resto, lunghezza, larghezza, misura del fondo e della manica. Il segreto di un abito sta tutto in cinque linee orizzontali, lì si vede il maestro. Poi naturalmente c’è tutto il resto: cosa importantissima è l’apiombo della giacca al punto dell’incollatura. Altra cosa importante è il “giro piccolo” perché l’abito abbia una sua personalità. Certo è molto più facile fare la giacca con il “giro grande”, ma quello lo lasciamo alla confezione e agli sprovveduti”. Questo era il suo “mantra”, la sua filosofia di vita ancor prima che l’abc del suo modo di lavorare.
Amava il suo mestiere con tutto se stesso e lo ha fatto sino in fondo, e a conferma di ciò, in un’intervista di qualche tempo fa disse: “Io mi metto sempre in discussione, l’artigiano non deve mai fermarsi. Il mio è un mestiere che rischia di esaurirsi. Come meccanico, oggi è tutto computerizzato, non c’è più nessuno che aggiusta un carburatore con il cacciavite. Così io sono contento quando la stoffa che ho maneggiato io vive e circola attraverso un’altra persona. Amo lavorare sempre, anche la domenica, mentre ascolto le partite di calcio e ascolto le poesie di Leopardi recitate da Arnoldo Foà”.
L’ultimo saluto al maestro De Luca è stato dato oggi pomeriggio a Milano nella chiesa parrocchiale di Santa Maria della Passione. Dopo le esequie, la salma sarà trasferita nel cimitero di Fiumedinisi.