Era stata proprio lei, Silvia Mazza, storica dell’arte e giornalista, a convincere Vittorio Sgarbi dell’inopportunità di partecipare all’asta (così come il critico d’arte-assessore aveva dichiarato in un primo momento), asta alla quale era finito il 20 dicembre scorso il Castello di Schisò, monumento che da decenni la Regione vorrebbe acquisire per dotare il Parco archeologico di Naxos, adiacente all’immobile, di più adeguati e indispensabili spazi per il museo archeologico, gli uffici e i depositi.
I fatti poi le hanno dato ragione «oltre ogni rosea previsione», come commentò lo stesso Sgarbi: l’edificio di pregio monumentale era stato aggiudicato per 1.615.000,00, con un ribasso del 25% rispetto alla base d’asta di 2.152.000,00, proprio perché, essendosi presentato un solo soggetto interessato all’acquisto, non si era innescato quel gioco al rialzo al quale la Regione avrebbe rischiato di non poter andare dietro. Ed è così che quest’ultima esattamente a quel prezzo vantaggioso avrebbe potuto esercitare la prelazione, trattandosi di un edificio vincolato. Tanto vantaggioso che i proprietari, Sebastiano e Gaetano Paladino, avevano poi fatto ricorso, chiedendo di sospendere la vendita.
Ma come è finita? Lo siamo andati a chiedere alla stessa storica dell’arte, che ha raccontato i retroscena di questa vicenda e i suoi sviluppi in occasione delle «Lezioni di paesaggio», nell’ambito della campagna «Salvalarte» di Legambiente, ospitata per questa VII edizione, il 12 maggio scorso, al museo del Parco archeologico di Naxos.
«È finita che il giudice del Tribunale di Messina dinnanzi al quale è pendente la procedura di vendita senza incanto l’ha annullata, con un’ordinanza del 12 marzo scorso, disponendo la restituzione all’aggiudicataria Hotel Palme srl. dell’importo versato a titolo di cauzione e la “sollecita ripresa delle operazioni di vendita”. Il magistrato ha, inoltre, ritenuto “congruo” determinare “il prezzo a basa d’asta da applicare in occasione della prossima vendita, nell’importo di € 4.100.000, 00”, per stabilire il quale ha individuato come “utile parametro l’ammontare dello stanziamento all’uopo di recente disposto dal Parco Archeologico di Naxos”. Ecco, il punto è proprio questo: di quale somma si tratta? Perché se da una parte il giudice cita la “Determinazione del Direttore n. 93 del 30 dicembre 2017” in cui l’importo è di 1.615.000,00, che corrisponde esattamente a quella con cui l’immobile è stato aggiudicato all’asta, perché la prelazione si esercita alla stessa cifra, non una lira in più non una in meno (sempre sussistendo per l’Assessorato ai Beni culturali la possibilità di rinunciarvi, come stabilisce il Codice dei Beni culturali del 2004, art. 62, comma 3); dall’altra fa riferimento a un “intervenuto stanziamento del complessivo importo di € 3.413.473,00” finalizzato “all’acquisto del Castello”. È, quindi, sulla base di questo che il giudice ritiene che sussista “una seria possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita”. Insomma, una bella differenza, quasi il triplo, con la nuova base d’asta di 4 milioni raddoppiata rispetto a quella del dicembre scorso. Non restava, quindi, che andare a chiederlo alla direttrice del Parco, Vera Greco, a cosa si riferisse la somma di 3.413.473,00 euro. Mi ha dichiarato: “a questa Direzione non risulta che sia stato stanziato questo importo. La cifra, invece, come risulta dalla stessa Determinazione del 30.12.2017 citata dal giudice, è dell’importo di 1.615.000,00”».
Se le cose stanno così, si dovrà allora riconsiderare la nuova base d’asta? qual è il valore di mercato del dell’immobile? Per Silvia Mazza ci sono, infatti, altre questioni.
«Nell’ordinanza del tribunale per stabilire il valore di mercato del Castello, che, peraltro, costituisce la parte più rilevante e di pregio di una vasta proprietà terriera, da una parte si assume come “utile parametro” lo stanziamento del Parco, dall’altra non si ritiene congrua la riduzione del prezzo stabilita dal perito del tribunale stesso, quella alla base della prima asta del dicembre scorso, perché “non sembra corretto tenere integralmente conto dei costi che l’aggiudicatario dovrà sostenere”, come adeguamento sismico e degli impianti, restauro, voci che spiegano quella riduzione del valore del bene. In particolare, per il giudice “non può di certo darsi per scontato che il futuro acquirente dell’immobile si determinerà ad effettuare i restauri ed il risanamento conservativo indicati dal perito”. E fa l’esempio dell’Hotel Palme srl. che aveva manifestato interesse per il bene non a fini storico-culturali, ma turistico-alberghieri. A questo proposito vale la pena ricordare che quello in questione è un bene vincolato. Lo stesso giudice precisa al delegato delle operazioni di vendita che nel predisponendo avviso “dovrà avere cura di fornire puntuale informazione circa il vincolo storico-architettonico”. Ciò significa che quello conservativo è un obbligo di legge (art. 30 del Codice 2004) a cui non potrà sottrarsi l’acquirente. Quest’ultimo, in altre parole, non potrà entrare nella proprietà del bene e poi lasciarlo degradare, ma nemmeno effettuare lavori non autorizzati dalla Soprintendenza. Alla quale, è forse utile precisare anche questo passaggio, spetta l’obbligo di legge di attivare la procedura una volta ricevuta la denuncia di trasferimento del bene. Una procedura, quindi, che prescinde dalla volontà politica dell’assessore ai beni culturali, si chiami Sgarbi o Tusa, il quale invece dovrà scegliere se esercitare la prelazione o rinunciarvi. Già Sgarbi aveva indicato, con atto formale, la volontà di esercitare la prelazione e che l’acquisizione del Castello sia intendimento pure di Tusa lo ha detto anche il capo della sua Segreteria tecnica, Carmelo Briguglio, portavoce dell’Assessore alla Conferenza di Legambiente a Naxos».
Alla domanda se alla luce dei nuovi sviluppi l’Assessorato rischi di non entrare in possesso del Castello, per la cifra di partenza raddoppiata, la storica dell’arte risponde con un appello proprio all’assessore ai Beni culturali della Regione, Sebastiano Tusa:
«Il Parco non può rischiare di perdere un bene che considera “indispensabile”: l’assessore ribadisca con forza la volontà di acquisirlo, smentendo quando dichiarato dal proprietario Sebastiano Paladino, che ha preso parola alla Conferenza dopo Briguglio per riferire di presunte voci che circolerebbero sulla rinuncia ad esercitare la prelazione (il proprietario fa il proprio gioco: la prelazione è un deterrente per gli eventuali soggetti interessati a partecipare all’asta!) e, insieme alla direttrice del Parco Greco, confermi che le somme stanziate sono pari a 1.615.000,00, fornendo così il corretto parametro, dato che su di esso il giudice ha valutato il Castello».
Fin qui il valore “di mercato”, ma quanto vale per la Sicilia questo monumento?
«Come ricordava Jacques Le Goff, “la parola latina monumentum va ricollegata alla radice indoeuropea men che esprime una delle funzioni fondamentali della mente (mens), la memoria”. Il monumento, dunque, è ciò che fa ricordare, “è un lascito alla memoria collettiva”. Questo è il suo valore, che non ha prezzo. Non dimentichiamolo, in questo Paese, in questa Regione, dalla memoria sempre più corta».