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La situazione

Abuso d’ufficio, il declino di una norma scomoda. Alvano (Anci): “L’abolizione nasce da fatti concreti”

giovedì 11 Gennaio 2024

L’articolo 1 del disegno di legge “Nordio” ha ricevuto il disco verde anche da parte della Commissione giustizia del Senato. L’Italia dovrà presto dire addio al reato di abuso d’ufficio, che verrà definitivamente cancellato dal Codice penale. Il Ministro della giustizia, Carlo Nordio, lo ha definito un reato “evanescente”, la cui abrogazione avrà “un impatto favorevole sull’economia”.

L’ordinamento italiano, però, è l’unico dei 27 dell’Ue a non possedere una norma che punisca le condotte abusive della pubblica autorità. Utilizzare il proprio potere per piegarlo a finalità spiccatamente personali è attualmente consentito. E l’Europa sta per rendere obbligatorio, tramite una direttiva, il possesso di una norma ad hoc per questo genere di condotte negli ordinamenti nazionali degli Stati membri

Ma non può certo dirsi che la sua eliminazione sia dovuta ad una desuetudine nell’applicazione della fattispecie. Secondo il report realizzato dal Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno, i reati d’abuso d’ufficio nel periodo compreso tra il 2007 ed il 2021 hanno sempre superato i 1.000 casi all’anno, con punte (nel 2021) di quasi 1.400 episodi. Una media nazionale pari a circa 6 autori di reato ogni 100.000 abitanti.

La Sicilia si pone anche al di sopra di questo dato: ogni 100.000 siciliani, 8 hanno commesso un abuso d’ufficio. Dalle informazioni ministeriali emerge, quindi, una distribuzione del fenomeno molto forte nelle regioni del Sud e nelle grandi aree metropolitane. Tra esse, spicca anche Palermo, a fianco di Roma, Milano e Napoli.

Ma è anche vero che talvolta i processi si sono conclusi con un nulla di fatto, a causa di un’imprecisa lettura delle norme. Secondo Mario Alvano, Segretario generale di Anci Sicilia: “Talvolta si individuano ipotesi di reato anche per una non piena conoscenza del diritto amministrativo. Questo infatti è complicato, spesso oggetto di rivisitazioni. L’imputazione può essere il risultato di una non corretta lettura degli aspetti di carattere amministrativo.”

Il legislatore nazionale ha provato negli anni, a più riprese, ad eliminare una fattispecie criminosa evidentemente “scomoda” a molti. Il primo intervento di riforma, datato nel lontano 1997, restringeva il campo d’applicazione della norma ai soli casi di omessa astensione dell’autorità pubblica “in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto” oppure se la condotta veniva realizzata “in violazione di norme di legge o di regolamento”.

Tuttavia, la giurisprudenza, comprendendo l’importanza della fattispecie, si era dimostrata più volte restìa ad applicare la riforma alla lettera, ampliando talvolta l’ambito oggettivo di applicazione del reato.

Per il Segretario generale di Anci Sicilia, proprio l’interpretazione estensiva della norma è uno dei problemi che ha spinto all’abolizione della stessa: “L’abolizione nasce dall’osservazione di quanto accaduto negli anni. Nei confronti dei sindaci, tanti casi di cronaca hanno fatto emergere la configurazione di una responsabilità quasi oggettiva di fronte a tanti fatti che attengono alla vita di un’amministrazione. Ricordiamo ad esempio quelle situazioni che hanno riguardato gli allarmi e le emergenze di Protezione civile. Ma il sindaco spesso non si occupa a livello operativo delle vicende, ma deve solo supervisionarle e guidare la macchina amministrativa”.

ministri

Lo scarso successo scaturito dalla riforma del 1997, ha spinto il governo Conte nel 2021 a ritornare sul tema. Le modifiche apportate al bistrattato articolo 323 del Codice penale, hanno progressivamente marginalizzato l’utilizzabilità della norma. Contrariamente a quanto avveniva in passato, l’abuso d’ufficio negli ultimi tre anni si configurava soltanto se un funzionario pubblico o un incaricato di servizio pubblico violava una cosiddetta “fonte primaria”, cioè una legge o un decreto. In tal modo, nel caso di violazione di regolamenti o di altre fonti secondarie, non era possibile la configurazione del delitto.

Ma c’è di più. Anche nel caso di una condotta in contrasto con una norma primaria, il reato poteva configurarsi soltanto qualora la scelta del funzionario fosse “obbligata” e costui non avesse alcun margine di discrezionalità nella decisione.

Certamente non bisogna essere degli esperti giuristi per capire che nel tempo, il legislatore nazionale ha lentamente ristretto i casi in cui il reato potesse essere perseguito. Ma è solo nel 2024 che il governo nazionale ha esplicitato le celate intenzioni condivise, ormai da decenni, da un’intera classe politica: sbarazzarsi del reato.

Una cosa è certa. L’abolizione dell’abuso d’ufficio non è il punto d’arrivo di un percorso, ma solo una tappa intermedia. Tra possibili richiami dell’Ue e nuove interpretazioni giurisprudenziali dei reati ancora presenti nel Codice penale, potrebbero aprirsi ulteriori scenari.

Anche Mario Alvano ne è consapevole: “Questa decisione porterà ad una rivisitazione, anche giurisprudenziale di tutto il quadro normativo. Viene meno un pezzo e si capirà se anche gli altri pezzi che rimangono verranno utilizzati anche in maniera un po’ diversa rispetto al passato.”

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