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Si è conclusa la decima edizione di Blue Sea Land 2021 a Mazara del Vallo, un’occasione importante per affrontare il tema del futuro della pesca del Mediterraneo, rispetto anche alle nuove sfide proposte dall’Unione Europea.
E oggi, i fondi comunitari a disposizione della pesca promuovono gli investimenti anche nel comparto dell’acquacoltura, l’allevamento di organismi acquatici, principalmente pesci, crostacei e molluschi. Nel contesto odierno, l’acquicoltura costituisce un settore economico molto importante della produzione alimentare: tra i prodotti da acquacoltura più diffusi, troviamo il salmone, la tilapia, il pangasio, la carpa, il pesce latte, la trota iridea, l’orata, il branzino o spigola.
Ma l’acquacoltura non può assolutamente considerarsi un settore in concorrenza con la pesca praticata dalle marinerie siciliane nel Mediterraneo, nel corso del festival è stata sfatata ogni preoccupazione per chi pensa che essa possa essere una minaccia per la pesca. In Italia è certamente di qualità, anche se ci sono alcuni metodi di pesca e tipologia di pescato in mare che non sono sostituibili e tra questi c’è sicuramente il gambero rosso di Mazara del Vallo pescato in profondità, oggi apprezzato in tutto il mondo.
Ne abbiamo parlato con Alfonso Milano, il dirigente responsabile del servizio 2 Pesca e Acquacoltura del dipartimento pesca e Mediterraneo. “E’ una risorsa abbastanza trasversale, soprattutto se parliamo dell’approvvigionamento delle proteine blu nobili, perché gli stock ittici sono ormai in depauperamento, alcune specie, addirittura, sono in condizioni di irreversibilità e la politica europea è sempre più stringente sul prelievo. Quindi l’acquacoltura mondiale, e soprattutto mediterranea, avrà un ruolo preminente nel futuro, anche alla luce di ampie risorse da parte dell’Ue, gestirà almeno il 20% delle risorse mondiali”.
Gli aspetti positivi risiedono proprio nell’ambito di prospettive ambientali e di sostenibilità, la FAO indica l’acquacoltura come una fondamentale opportunità per fornire risorse alimentari alla popolazione mondiale, soprattutto per una maggiore diversificazione della dieta, non solo a beneficio dei paesi più poveri, ma anche per sostenere i consumi dei paesi occidentali, in considerazione della costante riduzione degli stock ittici naturali.
La vera concorrenza è rappresentata dall’importazione di pesce proveniente da Paesi lontani. Il pescato delle nostre marinerie non può certamente soddisfare l’intera domanda che proviene dal mercato e, quindi, l’acquacoltura rappresenta un ulteriore fonte di approvvigionamento garantito anche da controlli dell’intera filiera di produzione.
Altre peculiarità dell’attività da acquacoltura sono la rintracciabilità e la sicurezza alimentare del pesce, perché “la tracciabilità ci consente di attestare la qualità del prodotto, – spiega Milano – non solo perché è monitorato, ma anche perché l’azione di pesca equivale alla macellazione e subito dopo alla conservabilità del pesce, garantendo la qualità dello stesso. Il prodotto di acquacoltura di qualità, e quello italiano lo è, soprattutto quello siciliano, è ricco dal punto di vista nutrizionale”.
Insomma, scansato il rischio di bioaccumulo di alcuni contaminanti ambientali quali i metalli pesanti, i PCB e le diossine, che tendono a concentrarsi attraverso la catena alimentare acquatica, particolarmente nelle specie ittiche bentoniche e pelagiche di grandi dimensioni quali ad esempio i tonni, i pesci spada, la rana pescatrice, alcuni squali e razze.