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Il problema

Allarme povertà in Sicilia, Abramo: “Siamo la seconda regione più anziana d’Italia. La soluzione? Votare le leggi che già ci sono”

martedì 24 Dicembre 2024

I numeri sono impietosi, i salari sono bassi rispetto al resto del Paese, nel settore privato il salario medio lordo è di 16.507 euro l’anno, più di 6 mila euro in meno della media nazionale. La Sicilia è ancora ‘maglia nera’ per le persone a rischio povertà.

I numeri parlano chiaro. Il 30% degli 865.968 lavoratori ha salari sotto i 10 mila euro, solo 206.696 siciliani hanno un contratto a tempo indeterminato. Risultano ancora più basse le retribuzioni dei giovani e delle donne, quest’ultime spesso soggette a part time involontario e a lavoro discontinuo.

Sono basse anche le pensioni, l’importo medio è pari a 1.039 euro mensili. Il 63% degli assegni è al di sotto dei mille euro mensili e il 65% di questi è percepito da donne.

E’ facile comprendere, visti i numeri, come il 38% dei siciliani e delle siciliane è a rischio povertà.

Istat ci ha comunicato che il 53% delle famiglie siciliane non sono in grado di affrontare una spesa imprevista, questo porterebbe di conseguenza ad una condizione di difficoltà economica. Un altro grande dato ce lo da Eurostat che indica che Sicilia, Calabria e Sardegna sono le tre regioni al più alto rischio di povertà di tutta Europa. A raccontarcelo è Emiliano Abramo, presidente in Sicilia della Comunità di Sant’Egidio, che ha acceso i riflettori su queste tematiche, mettendo in luce l’importanza del saper leggere accuratamente il territorio e le azione della buona politica messe in atto.

Dalla povertà economica a quella alimentare, fino a quella educativa che portano sempre più persone fuori dalla propria terra. Crescono e preoccupano sempre di più i dati che emergono soprattutto negli ultimi anni in Sicilia. L’Isola, ormai laureata in record negativi, deve far fronte quotidianamente a emergenze alle quali sembra a stento riuscire a trovare risposte.

A fronte di salari bassi, per esempio, c’è chi proprio non lo percepisce. Il tasso di disoccupazione in Sicilia nel 2023 è pari al 16,1%, quello femminile è del 18,3%, quasi 4 punti percentuali in più rispetto al dato maschile e doppio rispetto a quello nazionale. La disoccupazione giovanile al 31,2%.

Ecco che è assolutamente lampante un quadro prettamente negativo. Sud Italia si proclama come la parte più a rischio povertà in tutta Europa.

E’ particolarmente preoccupante il numero dei Mit, un vero e proprio record ad oggi, ci dice Abramo, coinvolti in questo fenomeno il 40% dei giovani. “In 20 anni siamo passati da essere la regione con la popolazione più giovane d’Italia ad essere la seconda più anziana“.

Questo assieme ad altre emergenze come l’alto uso delle droghe come il crack rendono le città poco vivibili, su 107 città sono ben 8 le siciliane che si posizionano negli ultimi 25 posti della classifica.

Con pochi dati il quadro è piuttosto preoccupante.

Le soluzioni? Votare le leggi che già ci sono. La legge sulla povertà, per esempio, prevede il contrasto alla povertà alimentare che è una delle problematiche più forti in Sicilia, soprattutto per i bambini. Pensata per fronteggiare questa problematica, la legge ha avuto un buon impatto verso la tutela dei poveri, includendo tra le proprie attenzioni anche i volontari che ogni giorno si spendono in favore del prossimo. Un esempio è un’emendamento (clicca qui) presentato in commissione Bilancio dell’Ars alla variazione di bilancio che prevede il bonus per le famiglie in condizione di povertà. Si tratta di 30 milioni a fondo perduto, per quelle famiglie con Isee inferiore a 5mila euro.

L’emergenza abitativa è un altro tema crescente. Quello legato alla socialità e alle periferie, “abbiamo il più alto tasso di dispersione scolastica d’Europa. Problemi che andrebbero trattati e che attualmente non sono in Finanziaria ma Schifani ha preso un impegno e sono sicuro che lo manterrà“. Ad oggi migliaia di famiglie, tra cui molte con bambini e persone fragili, vivono ancora in emergenza abitativa, spesso con il timore di trovarsi senza un tetto. L’altra faccia di una medaglia che vede Palermo alle prese con una situazione ancora non risolta. “Abbiamo un numero di immobili non utilizzati e inabitati, Catania ne ha 88“.

Altro grande tema che è quello dei bilanci comunali in Sicilia, “non esiste una voce, o è poco finanziata, legata alla edilizia popolare“. Città come Genova ha 26 euro per l’edilizia popolare, Catania ne ha 0.8 centesimi. Il comune di Ragusa ha messo in bilancio 500 euro.Questo significa non rispondere ad una emergenza crescente.

Legge già presente è quella già voluta da Monsignore Lorefice, il vescovo di Palermo, sull’uso del crack. La legge regionale, che stanzia circa 11 milioni di euro l’anno, prevede diverse misure sia a livello informativo che socio-sanitario. Attività educativa e di sensibilizzazione nei luoghi di aggregazione giovanile, attività sanitaria di primo intervento sul territorio anche tramite unità mobili, previsione di interventi sia sul piano medico che su quello psicologico, rafforzamento delle strutture di servizio con ambulatori con appositi sportelli, sostegno alle comunità terapeutiche, promozione di specifiche attività nelle scuole.

Ad oggi non abbiamo prodotto delle politiche che aiutino sia la mobilità che la vita degli anziani. come per esempio l’assistenza domiciliare. “Servono politiche di questo tipo, che aiutino e alleggeriscano allo stesso tempo la sanità pubblica. Dobbiamo aiutare gli anziani a vivere nelle proprie abitazioni e non negli istituti dove mediamente vivono 3-5 anni di meno“. L’età media della popolazione italiana è cresciuta, l’età media della popolazione siciliana altrettanto, facciamo meno figli e tanti vanno via.

Abbiamo guadagnato però in anni che viviamo peggio, non esiste un’idea di ‘buona vita da vecchi’. Il dialogo e il coinvolgimento di enti pubblici e autorità, queste sono le cose che si possono mettere in atto. Le ombre e i casi che ancora si fanno sentire, anche a livello nazionale, rischiano di sommergere quello che è rimasto di buono.

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