Il giudice di pace di Palermo, Donata Di Chiara ha accolto la richiesta di risarcimento (sentenza 974/2) avanzata da una famiglia, condannando il Comune di Palermo per gli allagamenti del 15 luglio 2020, quando una bomba d’acqua investì il capoluogo siciliano causando l’allagamento di intere parti dei sottopassi in corrispondenza delle intersezioni tra viale Regione Siciliana con via Leonardo da Vinci e con viale Michelangelo/ Lazio.
Tra i malcapitati, una famiglia con due bambini di 7 anni e di 18 mesi. La macchina sulla quale viaggiava la famiglia venne travolta da una corrente d’acqua che nell’abitacolo raggiunse le ginocchia dei passeggeri. L’auto diventò inutilizzabile per lungo tempo, oltre allo shock dei bambini e dei genitori nei giorni successivi.
La famiglia – assistita dallo studio legale Palmigiano e Associati, con l’assistenza di Alessandro Palmigiano ed Elisabetta Violante – ha avviato una causa. Secondo gli avvocati, questi allagamenti non erano affatto nuovi e si è dimostrato che i sottopassaggi della Circonvallazione erano stati scenario di gravi allagamenti, anche negli anni passati. Nonostante questa situazione fosse ben nota al Comune, non era stato fatto nulla per evitare gli allagamenti. Il Comune, come proprietario delle strade, è tenuto alla manutenzione, pertanto è configurabile la responsabilità per cosiddetta “cosa in custodia”, secondo quanto stabilito dall’art. 2051 del Codice civile.
Il Comune, solamente dopo l’allagamento del 15 luglio ha dato il via a opere di manutenzione dei sistemi di drenaggio delle acque. “Sono lieto del risultato perché i fatti di quella giornata, come di altre, potevano essere evitati – dice Alessandro Palmigiano, managing partner dello studio legale -. È inaccettabile che, a fronte di eventi ripetuti, secondo uno schema conosciuto, l’amministrazione non abbia fatto nulla per evitare che si ripetessero”.
“Il Comune di Palermo, infatti – prosegue la nota -, come proprietario delle strade, è tenuto a provvedere alla manutenzione, gestione e pulizia delle stesse, nonché delle attrezzature, impianti e servizi e all’apposizione e manutenzione della segnaletica. Pertanto è configurabile la responsabilità per cosiddetta ‘cosa in custodia’, secondo quanto stabilito dall’articolo 2051 del codice civile: il custode (il Comune di Palermo in questo caso) è tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo adeguato alla natura e alla funzione della cosa e alle circostanze del caso concreto. Con particolare riferimento alle precipitazioni atmosferiche, la Corte di Cassazione ha escluso che si possa parlare di caso fortuito o forza maggiore quando il danno viene generato a causa dell’insufficienza delle misure per evitarlo”.
“A riprova di ciò – sottolinea la nota -, il Comune, solamente dopo l’allagamento avvenuto il 15 luglio (che, come documentato in corso di causa era solo l’ultimo in ordine di tempo) ha dato il via ad opere di manutenzione dei sistemi di drenaggio delle acque, a partire dal Canale di Passo di Rigano e del Canale ‘Mortillaro'”.
“Sono lieto del risultato perché i fatti di quella giornata, come di altre, potevano essere evitati – ha dichiarato Alessandro Palmigiano – managing partner di Palmigiano e Associati -. È inaccettabile che, a fronte di eventi ripetuti, secondo uno schema conosciuto, l’amministrazione non abbia fatto nulla per evitare che si ripetessero”.