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Anniversario della strage di via Pipitone Federico, Caterina Chinnici ricorda il padre Rocco

mercoledì 29 Luglio 2020

Il lavoro di Rocco Chinnici ha avuto una grande forza innovativa, ha tracciato un percorso nell’azione di contrasto alla mafia e a tutta la criminalità organizzata, lo stesso percorso sul quale ancora oggi si lavora, anche in Europa, dove io stessa sono impegnata per far sì che quell’esperienza unica e il patrimonio giuridico che ne è derivato entrino pienamente nella legislazione dell’Unione Europea”.

Caterina Chinnici, magistrato ed europarlamentare, ha ricordato così oggi il padre Rocco, capo dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo e ideatore del pool antimafia, ucciso 37 anni fa, il 29 luglio del 1983, nella strage mafiosa di via Pipitone Federico. Quel giorno con lui persero la vita Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta, Carabinieri della scorta, e Stefano Li Sacchi, portiere del palazzo in cui Rocco Chinnici abitava con la famiglia.

Le vittime dell’attentato sono state ricordate oggi a Palermo, alla presenza delle autorità civili e militari, con la deposizione di corone di fiori nel luogo della strage e con una funzione religiosa nella chiesa di San Michele Arcangelo, seguita da alcune testimonianze in memoria del giudice e delle altre vittime della strage. Cerimonie con deposizione di corone di fiori anche a Misilmeri (PA), città natale di Rocco Chinnici, e questo pomeriggio a Partanna (TP), dove il magistrato esercitò le funzioni di pretore.

Caterina Chinnici, dopo aver rivolto un pensiero a tutte le vittime, ai loro familiari e alle persone ferite nell’attentato, tra cui l’autista Giovanni Paparcuri, ha letto alcuni brani di lettere scritte per l’occasione da studenti delle scuole di varie parti d’Italia.

La sentenza della Corte d’Assise di Caltanissetta che ha condannato gli autori della strage – ha detto Roberto Scarpinato, procuratore generale presso la Corte d’Appello di Palermo – racconta una storia che purtroppo viene spesso rimossa. Racconta che i macellai di Cosa nostra sono arrivati per ultimi, racconta di un omicidio maturato nel cuore della borghesia mafiosa, nel mondo dei colletti bianchi che sentivano i propri interessi economici minacciati dal lavoro di Rocco Chinnici. Quando Chinnici alzò il livello delle indagini, iniziò una serie di tentativi di avvicinamento con l’obiettivo di indurlo a recedere dai suoi propositi, missione di cui furono investiti cosiddetti amici e perfino esponenti delle forze di polizia, i quali però descrissero Chinnici come inavvicinabile. La mafia militare arrivò dopo tutto questo, perché i messaggi dei cosiddetti amici non avevano sortito alcun effetto. Quella di Chinnici è una storia metaforica, riguarda lui e tutti gli altri magistrati assassinati come lui per avere tenuto la schiena dritta. Non hanno fatto carriera, anzi si sono visti messi ai margini, e questa è anche la storia del progressivo smantellamento del pool antimafia, iniziato con un’ondata di delegittimazione dopo che Giovanni Falcone, raccogliendo la missione di Chinnici, aveva fatto arrestare i cugini Salvo”.

Rocco Chinnici ha riscritto l’organizzazione del lavoro al tribunale di Palermo – ha detto il presidente della Corte d’Appello di Palermo, Matteo Frasca – restituendo al giudice istruttore un ruolo centrale nella conduzione delle indagini e avviando il metodo del lavoro di gruppo basato sullo scambio di informazioni tra i magistrati. Nel proprio diario Rocco Chinnici scrisse che un filo rosso, un unico progetto politico, legava tutti i grandi delitti, e questa intuizione l’aveva maturata in breve tempo, lavorando in un contesto di solitudine e accerchiamento insieme a pochi altri pionieri. Chinnici fu sempre impermeabile ai tentativi di pressione nei suoi confronti. Ravvisava nella rassegnazione il pericolo più grande per la comunità, e anche per questo dobbiamo continuare, ciascuno nel proprio ruolo, a fare tesoro del metodo Chinnici e a coltivare la sua speranza”.

Dal comandante provinciale dei Carabinieri, Antonio Guarino, un tributo alla memoria dei Carabinieri Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta così come all’impegno e al coraggio di tutti gli agenti di scorta, e ancora una testimonianza su come il giudice Chinnici a sua volta si preoccupasse di proteggere le persone istituzionalmente incaricate di proteggere lui.

Ulteriori testimonianze sull’impegno del giudice Rocco Chinnici sono disponibili sul canale YouTube della Fondazione Rocco Chinnici, dove sono pubblicati un videomessaggio del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e un audiovisivo intitolato “Ritratto di un uomo”, con interviste ai magistrati Roberto Scarpinato, Matteo Frasca e Antonio Balsamo, al generale dei carabinieri Giovanni Cataldo, al giornalista Rino Cascio e al sociologo Antonio La Spina.

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