La madre, Angelina, e i suoi familiari per anni si sono battuti, e continuano a farlo, per la verità. Da quel giorno di febbraio del 2004, quando Attilio Manca fu trovato morto all’interno della sua abitazione a Viterbo, non hanno mai creduto alle ipotesi di overdose o suicidio. Adesso, 19 anni dopo, c’è la relazione della Commissione Antimafia uscente (quella della precedente legislatura) che, nero su bianco ritiene che la morte dell’urologo di Barcellona Pozzo di Gotto “sia imputabile ad un omicidio di mafia e che l’associazione mafiosa che ne ha preso parte (non è chiaro se nel ruolo di mandante o organizzatrice o esecutrice) sia da individuarsi in quella facente capo alla famiglia di Barcellona Pozzo di Gotto”.
Il testo della commissione è approvato a metà settembre scorso ed è un tassello di una lunghissima battaglia, combattuta dalla famiglia del medico messinese su tutti i campi, tra le aule di giustizia e quelle della politica fino a far arrivare il caso all’attenzione della Commissione antimafia che nella relazione resa nota nei giorni scorsi fa riporta i nuovi elementi emersi sulla morte dell’urologo siciliano.
Il cadavere di Attilio Manca fu ritrovato nella sua abitazione viterbese il 12 febbraio del 2004. Inizialmente la sua morte fu attribuita ad un’overdose di eroina e successivamente archiviata come un caso di suicidio. I genitori, attraverso gli avvocati, non hanno mai creduto a questa ipotesi battendosi perché emergesse la verità che portava alla latitanza da Bernardo Provenzano e ad un intervento chirurgico subito dal boss a Marsiglia.
Nella stessa relazione della Commissione si evidenziano gli elementi a sostegno, come le dichiarazioni di alcuni pentiti e numerosi elementi legati alla scena del crimine. Tutti fatti che, messi insieme escludono, congiuntamente alle dichiarazioni testimoniali circa la possibilità che Manca si drogasse o avesse propositi di suicidio, la direzione presa dalle indagini. Gli elementi, secondo i parlamentari dell’antimafia portano alla conclusione che Manca sia stato ucciso come unica ipotesi ragionevole. Non mancano inoltre né riscontri sui contatti dell’allora latitante Provenzano con la criminalità barcellonese né sulle sue condizioni di salute tali da dover essere operato a Marsiglia.