La scomparsa di Silvio Berlusconi ha suscitato larga eco nell’opinione pubblica e non poteva essere altrimenti data la caratura di un personaggio dal multiforme ingegno e impegno che ha rappresentato un’epoca che si può definire anche del berlusconismo.
Egli ha inciso nell’imprenditoria, nella comunicazione, nello sport , ha contaminato trasversalmente larga parte del ceto politico e, soprattutto, ha esercitato in larga parte degli italiani una influenza sul costume, sulla cultura e sui comportamenti, riportando in Italia il mito americano che tutti ce la possono fare, si possono affermare, a prescindere dal censo, dal ceto sociale di appartenenza, importante è avere idee, forza di volontà e capacità accompagnate da una buona dose di furbizia e spregiudicatezza.
Sul terreno politico Berlusconi rappresentò due momenti significativi ma contrapposti.
Vi è il Berlusconi che scende in campo nelle elezioni del 1994 preoccupato da un possibile vittoria della sinistra rappresentato da un post comunista come Achille Occhetto, che è sconfitto soprattutto perché percepito dagli elettori come espressione del vecchio sistema politico.
l Cavaliere si presenta, invece, come il fautore di un cambiamento in rottura con le vecchie forze politiche spazzate via da tangentopoli, che plaude ai magistrati di Milano al punto di offrire al giudice Di Pietro la carica di ministro della giustizia.
Egli in quel momento rappresentò per gi orfani dei partiti della “prima repubblica” un punto di riferimento raccogliendo gran parte del voto democristiano ma soprattutto dell’elettorato socialista che videro in Forza Italia e nel suo leader l’approdo politico più coerente.
Non a caso molti dirigenti socialisti sopravvissuti alla disfatta craxiana furono candidati ed eletti in parlamento.
Questa scelta non riguardò a sinistra soltanto i socialisti ma, anche se in misura minore, un elettorato vicino all’ex partito comunista, alcuni dirigenti periferici e intellettuali di rango della sinistra come Lucio Colletti, Saverio Vertone, Piero Melograni, Tiziana Maiolo, per citarne alcuni.
Privi del vecchio ancoraggio politico e ideologico e di fronte all’inconcludente e confuso progetto politico portato avanti dagli epigoni del PCI, questi, almeno nella prima fase videro in Berlusconi l’avvio di una svolta, di una innovazione politica e istituzionale che rilanciava i valori liberali dell’individuo e delle sue libertà, del merito e delle opportunità per tutti, del garantismo un tempo patrimonio della sinistra e perfino di un “nuovo socialismo liberale” contro il vecchio statalismo assistenziale e il burocratismo rappresentato dai partiti della prima repubblica.
L’altra operazione politica di rilievo fu la costruzione di una destra politica di governo fino a quel momento minoritaria con il sostegno a Gianfranco Fini che sciolse il vecchio Movimento Sociale, erede diretto del fascismo e diede vita ad Alleanza Nazionale che, con il congresso di Fiuggi, compì una operazione politica di rilievo e una evoluzione in senso democratico della destra sul modello di De Gaulle, anticomunista ma ancorata all’antifascismo e al terreno democratico.
Il fascismo fu considerato il “male assoluto”, si cominciò a parlare di una destra sociale e si sposò una politica di accoglienza nei confronti del fenomeno migratorio.
Il primo Berlusconi fu dunque un innovatore del sistema politico, affermando nei fatti un modello mutuato dalle democrazie mature in cui sono gli elettori che eleggono il loro presidente e non più i partiti.
La sinistra di allora rappresentata dal PDS avrebbe potuto raccogliere quella sfida sul terreno delle riforme e della innovazione istituzionale come tentò di fare Giorgio Napolitano nel suo intervento alla Camera in occasione della fiducia al primo governo Berlusconi, tanto che il cavaliere scese dalla presidenza e si recò nello scranno dove era seduto Napolitano sia per rispetto a una figura storica della Repubblica sia per complimentarsi per l’intervento auspicando l’avvio di un proficuo dialogo.
Il gruppo dirigente del PDS fu però di diverso avviso, ritenendo che Berlusconi fosse una meteora destinata ben presto a scomparire e inventandosi un referendum che puntava ad eliminare la pubblicità durante i film nelle tv del cavaliere, pensando in tal modo di limitare il suo potere mediatico. “Non si interrompe un’emozione” fu lo slogan coniato da Veltroni per un referendum sonoramente bocciato dagli elettori.
Vi è poi una seconda fase dell’esperienza politica di Berlusconi segnata da una involuzione politica e culturale.
I suoi critici diranno che pensò più alla salvezza delle sue aziende che a quella del paese, i suoi sostenitori per difendersi dalla aggressione giudiziaria con le innumerevoli indagini che la magistratura aveva, a loro giudizio, pretestuosamente avviato nei suoi confronti.
l primo errore è la “cacciata” di Fini, che non aveva lo stesso giudizio sul lavoro dei magistrati, ma è soprattutto sul piano della cultura politica che il berlusconismo compie una involuzione per cui l’etica pubblica diventa moralismo, le tangenti semplici “commissioni”, i magistrati che perseguono i reati non fanno il loro dovere ma rovinano l’economia e sono in mano ai comunisti, le famose toghe rosse. E’ il Berlusconi che fa saltare il tavolo delle riforme, il famoso “patto del nazareno” con D’Alema.
Pesano, inoltre, i rapporti mai chiariti con Marcello Dell’Utri, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Questa involuzione emargina le componenti progressiste e liberali, personalità importanti come Giorgio Rebuffa, Guido Tremonti, Marcello Pera, Giuliano Urbani e tanti altri, sostituiti da un personale mediocre ma obbediente, e dando fiato e più spazio alle forze più conservatrici e perfino reazionarie al suo interno e tra gli alleati.
Al declino politico di Berlusconi corrisponde, infatti, l’ascesa di forze populiste come i 5 stelle di Grillo, il sovranismo e l’antieuropeismo di Salvini e di Meloni, l’archiviazione dell’antifascismo che Berlusconi e anche Bossi avevano sempre affermato, forze che si presentano come antisistema per conquistare il sistema.
Con la scomparsa di Berlusconi il centrodestra perde un punto di equilibrio e un argine verso derive estremistiche con un possibile ulteriore spostamento a destra dell’asse politico del governo.
Se da una parte, infatti, vi è chi è sinceramente interessato a raccogliere l’eredità politica del cavaliere non sono pochi quelli che, al di là delle lodi di facciata, sono interessati a disperdere quella eredità di un leader politico che come ha ricordato il presidente Mattarella ha lasciato un segno profondo nella storia della Repubblica (nel bene e nel male aggiungiamo noi).
Elio Sanfilippo