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Caccia ai cinghiali, Wwf: “Decine di studi confermano che non è la soluzione”

mercoledì 6 Luglio 2022

“Sconcerta che, oltre all’utilizzo di tecniche venatorie mai sperimentate per l’Abruzzo, si continui a considerare la caccia unico strumento di contenimento dei danni da cinghiale, senza programmare altre azioni per mettere in sicurezza le colture agricole o ridurre il rischio di impatto con auto“.
Così il Wwf commenta, in una nota, il disciplinare approvato dalla Giunta regionale d’Abruzzo che per la caccia di selezione al cinghiale prevede attività fino alle ore 24 con l’ausilio di sorgenti luminose suppletive e l’utilizzo dell’arco. “Si continua solo ad allargare periodi e modalità di prelievo al cinghiale, ma non si vedono i risultati sperati. La caccia notturna andrebbe attentamente valutata anche per il rischio di disturbo al resto della fauna selvatica, specie ora, a stagione riproduttiva non del tutto conclusa, e per la sua pericolosità per i cittadini”.

A febbraio il Wwf Abruzzo, con l’Università di Teramo, organizzò un convegno analizzando circa 80 pubblicazioni scientifiche: è emerso che la caccia è la causa principale di morte per il Cinghiale, ma il prelievo venatorio non è sufficiente a contenere l’incremento delle popolazioni, produce l’effetto di ringiovanirle, innesca risposte nella biologia riproduttiva della specie che causano aumento della produttività delle popolazioni, può influenzare il comportamento dei gruppi familiari e portare maggiore instabilità spaziale tra i sopravvissuti.

Inoltre, informa il Wwf, sotto un’elevata pressione venatoria una proporzione maggiore di femmine di un anno partorisce rispetto a popolazioni in cui la pressione è meno pronunciata.

“Decine di studi scientifici hanno dimostrato che sperare di ridurre il numero dei cinghiali affidandosi solo alla caccia è sbagliato e illusorio, eppure la Giunta regionale – conclude Filomena Ricci, delegata Wwf Abruzzo – continua a intervenire in modo caotico. Sembra si proceda facendo regali ai cacciatori senza prendere contezza del fatto che questo tipo di gestione in atto da decenni non sta avendo il risultato sperato. È ora che il problema venga affrontato con dati ed evidenze scientifiche alla mano e si sperimentino altre tipologie di intervento, note e praticabili”.

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