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l'operazione Mare aperto

Caltanissetta, scafisti salpavano da Gela per prendere migranti in Tunisia: 18 arresti CLICCA PER IL VIDEO

giovedì 17 Novembre 2022

Le imbarcazioni degli scafisti sarebbero partite dal porto di Gela o dalle coste dell’agrigentino per raggiungere la Tunisia e far immediato rientro con il “carico” di migranti.

La Polizia di Stato, nel corso delle indagini preliminari, coordinate dalla locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, ha dato esecuzione a 18 ordinanze di custodia cautelare personali, 12 in carcere e 6 agli arresti domiciliari, disposte dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Caltanissetta per associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Genesi dell’indagine

Il 21 febbraio 2019 all’imbocco del porto di Gela si incagliava una barca in vetroresina di 10 metri con due motori da 200 cavalli, segnalata da un pescatore del luogo. Le immediate indagini condotte dagli investigatori della Squadra Mobile permettevano di appurare che quel natante era stato rubato a Catania pochi giorni prima e che erano sbarcate decine di persone presumibilmente di origi nord africane.

Le prime attività investigative, frutto della capillare conoscenza del territorio degli uomini della Polizia di Stato, consentivano di risalire ad una coppia di origini tunisine che favoriva l’ingresso irregolare sul territorio italiano, principalmente di cittadini nord africani.

Le indagini

A carico degli indagati, 11 di nazionalità tunisina e 7 italiana, secondo la ricostruzione fatta dalla Procura della Repubblica nissena e vagliata dal G.I.P., sussistono gravi indizi di partecipazione a un’organizzazione criminale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; reato aggravato dal fatto che l’associazione era composta da più di dieci persone; era finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di più di 5 persone; aveva carattere transnazionale in quanto operativa in più stati. È stata altresì contestata la circostanza aggravante di aver esposto a serio pericolo di vita i migranti da loro trasportati; di aver sottoposto a trattamento inumano e degradante i migranti e di aver commesso i reati per trarne un profitto. Tutte le aggravanti sono state ritenute sussistenti dal G.I.P.

A capo della rete criminale ci sarebbe Akrem Toumi. “Lo sai con chi stai parlando? Io sono Akrem figlio di Beya il più grande trafficante tra Tunisi e l’Italia” diceva non sapendo di essere intercettato. Era lui il punto di riferimento della banda che organizzava viaggi veloci di centinaia di migranti dalla Sicilia alla Tunisia scoperta dalla polizia di Caltanissetta. Akrem aveva come principale complice la fidanzata Sarra Khaterchi. Il tunisino è già stato arrestato e condannato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nell’ambito di una indagine della Procura di Palermo ed era agli arresti domiciliari. Ma nonostante ciò continuava a organizzare le traversate. Ad Akrem la Procura contesta “il ruolo di promotore, organizzatore e capo“. “Si occupava di pianificare tutti gli aspetti della traversata da effettuare – scrive il gip nella misura cautelare – e tra questi quello di reperire scafisti che lo avrebbero aiutato nella conduzione dell’imbarcazione“. “I latitanti li faccio uscire pagando 15 milioni a testa (di soldi tunisini)“, spiegava a un amico svelando che alcuni dei migranti fatti arrivare in Italia erano ricercati in Tunisia. La banda usava per i viaggi potenti motoscafi che, partendo dalle coste italiane, andavano a prendere i migranti in Tunisia bypassando le navi italiane impegnate nei pattugliamenti del mare e quelle delle ONG.

Le indagini hanno permesso individuare un altro soggetto di Niscemi che avrebbe avuto il ruolo di capo, 2 tunisini con base operativa a Scicli che avrebbero avuto il compito di gestire le casse dell’associazione per delinquere, 5 italiani che avrebbero curato gli aspetti logistici, come l’ospitalità subito dopo lo sbarco sulle coste siciliane ed il trasferimento degli scafisti dalla stazione dei pullman alla base operativa, 4 scafisti (un italiano e 3 tunisini) e 4 tunisini che avrebbero avuto il ruolo di “connection man” con il computo, in madre patria, di raccogliere il denaro dei migranti che volevano raggiungere l’Europa.

L’associazione per delinquere, con vari punti strategici dislocati in più centri siciliani – Scicli, Catania e Mazara del Vallo –, avrebbe  impiegato piccole imbarcazioni, munite di potenti motori fuoribordo, condotte da esperti scafisti che avrebbero operato nel braccio di mare tra le città tunisine di Al Haouaria, Dar Allouche e Korba e le province di Caltanissetta, Trapani e Agrigento, così da raggiungere le coste italiane in meno di 4 ore, trasportando dalle 10 alle 30 persone per volta, esponendole a grave pericolo per la vita.

Il prezzo pro-capite, pagato in contanti in Tunisia prima della partenza, si sarebbe aggirato tra i 3000 e i 5000 euro; il presunto profitto dell’organizzazione criminale, quindi, si attesterebbe tra i 30.000 e i 70.000 euro per ogni viaggio.

Il denaro raccolto in Tunisia sarebbe stato inviato in Italia, a Scicli in provincia di Ragusa, attraverso note agenzie internazionali, specializzate in servizi per il trasferimento di denaro, per essere successivamente versato su carte prepagate in uso ai promotori dell’associazione, i quali lo avrebbero reinvestito per aumentare i profitti dell’associazione, comprando, ad esempio, nuove imbarcazioni da utilizzare per le traversate.

La base operativa della presunta associazione per delinquere è stata individuata alla periferia della città di Niscemi, all’interno di una vecchia masseria, dove insiste anche un campo volo privato, il cui proprietario, un imprenditore agricolo niscemese, è oggi indagato e destinatario della misura cautelare in carcere perché ritenuto tra i capi del sodalizio criminale.

In questo luogo, dimora della coppia tunisina, sarebbero stati altresì ospitati gli scafisti di spola provenienti dalla Tunisia e sarebbero stati trasportati – a mezzo di speciali autocarri – le imbarcazioni da impiegare per le traversate dalle coste nord africane a quelle siciliane. In particolar modo le imbarcazioni sarebbero partite dal porto di Gela o dalle coste dell’agrigentino per raggiungere la Tunisia e far immediato rientro con il “carico” di migranti.

Il proprietario della masseria si sarebbe messo a disposizione della presunta organizzazione criminale anche attraverso l’assunzione fittizia di alcuni sodali stranieri, al fine di legittimarne la permanenza o l’ingresso nel territorio italiano. Anche uno dei due promotori tunisini sarebbe stato impiegato come bracciante agricolo con lo scopo di eludere la misura degli arresti domiciliari ed ottenere la concessione di appositi permessi che potessero consentirgli ampi margini di manovra per organizzare liberamente i viaggi dei connazionali.

In più occasioni sarebbe stato proprio lo stesso imprenditore niscemese a recarsi in Tunisia come portavoce del promotore tunisino, prendendo accordi con gli accoliti del luogo al fine di pianificare le fasi della traversata e le modalità di spartizione dei proventi, nonché per mettersi a disposizione offrendo fittizi contratti di lavoro ai migranti giunti in Italia.

Nel corso dell’indagine è stato possibile ricostruire la presunta organizzazione di più viaggi organizzati dalla Tunisia alle coste italiane. Il 26 luglio 2020, in uno dei viaggi pianificati dagli indagati, un’imbarcazione sarebbe partita dal Porto di Licata in direzione delle coste tunisine proprio al fine di prelevare il carico di esseri umani per condurli in Italia.

Solo l’avaria di entrambi i motori non ha permesso la conclusione del viaggio; pertanto il natante rimasto alla deriva “mare aperto”, da qui il nome dell’odierna operazione.

Grazie alla stretta collaborazione della Capitaneria di Porto di Porto Empedocle e del Reparto Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza di Mazara del Vallo, è stato possibile individuare l’imbarcazione durante le fasi di rientro dalle coste tunisine, identificando così gli scafisti facenti parte dell’organizzazione criminale. In particolar modo il natante è stato rintracciato di fronte le coste del comune di Mazara del Vallo.

Le complesse fasi dell’organizzazione del traffico di migranti, come detto, sono state oggetto di attività di intercettazioni telefoniche disposte dall’Autorità Giudiziaria. L’attività ha permesso di far emergere la determinazione, da parte degli scafisti, di sbarazzarsi dei migranti in alto mare qualora necessario, ovvero in caso di avaria dei motori.

Questa mattina, 120 uomini della Polizia di Stato, della Squadra Mobile di Caltanissetta, del Commissariato di P.S. di Niscemi, del Reparto Prevenzione Crimine e Unità Cinofile e Reparto Volo di Palermo, hanno proceduto alle catture degli indagati, così come disposto dalla Procura Distrettuale Antimafia di Caltanissetta.

Dei 18 destinatari delle misure cautelari disposte dal Giudice per le Indagini Preliminari, 12 sono stati catturati, mentre 6 sono tuttora irreperibili poiché probabilmente all’estero, pertanto le indagini continueranno per la loro individuazione, anche in territorio straniero.

In particolar modo, uno dei soggetti colpiti dalla misura cautelare della custodia in carcere è stato individuato Ferrara grazie alla collaborazione della Squadra Mobile del luogo, uno era già in carcere per reati della stessa tipologia, uno di origini tunisine, scarcerato da pochi giorni, era trattenuto presso il C.P.R. di “Ponte Galeria” Roma, in attesa di essere rimpatriato e tutti gli altri sono stati individuati 8 a Caltanissetta e 1 a Ragusa.

I nomi degli arrestati

Questi gli arrestati dalla polizia nell’ambito dell’inchiesta su un traffico di migranti tra Tunisia e Italia: Giovanni Bartoluccio; Gaetano Vigna; Maurizio Ticli; Mounir Ben Said Garbi; Saber Toumi; Bakri Rahman Abdelahafiz Farag; Sarra Khaterchi e Akrem Toumi. Per loro è stata decisa la custodia cautelare in carcere. I domiciliari sono stati disposti per Giuseppe e Salvatore Militello, Franco Reale e Giacomo Rinaudo. Gli altri indagati sono irreperibili.

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