I cani e i gatti, essendo generatori di benessere e antistress per antonomasia, era naturale che, prima o poi, fossero ammessi in qualche università come “accompagnatori” dei propri padroni, ovviamente con le dovute accortezze. A dare inizio a questa tendenza, nel 2020, fu l’Università degli Studi di Verona con l’iniziativa “Smart pet working… in office” che, certa del miglioramento della performance lavorativa degli impiegati, apriva le porte agli animali di compagnia con un codice di condotta da rispettare: microchip, libretto sanitario, igiene e rispetto degli spazi di chi fosse contrario. Nel 2023, la Statale di Milano, nella sede di Lodi, precisamente nella Facoltà di Medicina Veterinaria e Tecnologie animali, attiva un accordo interno secondo cui chi vi lavorava, personale tecnico-bibliotecario, assegnisti, dottorandi e borsisti, poteva portare con sé il proprio cane; gli studenti, invece, solo per motivi inerenti a disabilità o ad occasioni particolari.
E’ notizia di pochi giorni fa che, anche, all’Università di Bologna, o almeno nel Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie di Ozzano, come appreso da “Orizzonte scuola“, cani e gatti saranno accolti grazie ad un progetto sperimentale di 2 anni che consentirà a dipendenti e, anche, agli studenti del corso, un passo avanti rispetto a Verona e Lodi, di recarsi in aula con i propri amici a quattro zampe. L’iniziativa, che si basa sui benefici psicologici e pratici che l’animale porta alle persone, ha rigide regole che seguono gli aspetti di biosicurezza e igienico-sanitari. Il cane e il gatto, infatti, saranno sottoposti a una visita clinica gratuita nell’ospedale universitario, per assicurarsi che siano sani, abbiano le vaccinazioni e la profilassi antiparassitaria e, a loro volta, i proprietari dovranno seguire un corso per ottenere un patentino per la conduzione dell’animale. Questo progetto potrebbe aprirsi a tutta la cittadinanza, visto che è possibile che altre realtà lavorative adottino questa iniziativa. Noi speriamo che si diffonda a macchia d’olio, anche, negli Atenei siciliani, e che una zampa lavi l’altra.