Negli ultimi mesi si è intensificata l’attività parlamentare nei governi di tutto il mondo in merito alla produzione e alla vendita di “carne sintetica”. I ministri di 13 nazioni, infatti, si stanno opponendo. Con forza puntando sulla salvaguardia della cultura nazionale, degli allevatori e, sulla salute dei consumatori, non a caso messa per ultima.
Come si realizza e qual è il termine corretto per definire questa carne?
Il termine sintetico fa riferimento ad un processo chimico non naturale, in realtà non è proprio così, e per molti scienziati, risulta essere improprio. La letteratura scientifica riguardante la cell-based food utilizza espressioni come carne coltivata, carne in coltura, carne in vitro o carne pulita.
Per realizzare questa carne, infatti, i ricercatori:
- prelevano staminali dalla pelle o dai muscoli degli animali;
- lasciano coltivare le cellule in una soluzione contenente nutrienti in grado di farle moltiplicare in un bioreattore;
- stimolano le cellule a differenziarsi in muscolo o grasso maturo per poi indurre quel naturale processo biochimico che le farà diventare tessuti e poi tagli di carne.
Le cellule in vitro, quindi, crescono e si moltiplicano come farebbero nell’organismo animale, ma in un’ambiente diverso.
E’ necessario evidenziare che queste tecniche sono già utilizzate in medicina rigenerativa e, sempre più frequentemente vengono creati tessuti per innesti di vario genere sul corpo umano.
La trasformazione alimentare
La carne coltivata ha suscitato un notevole interesse da quando è stato presentato il primo prototipo di hamburger nel 2013. Sebbene esista un dibattito sull’esatto impatto ambientale e sociale della carne industriale (e non industriale), è diventato sempre più chiaro che le attuali pratiche di produzione della carne sono diventate insostenibili, tenendo in considerazione anche la moderna crisi climatica. In questo contesto, sorvoliamo sulla cancerogenicità delle carni lavorate.
La Eat-Lancet Commission, la commissione scientifica legata alla prestigiosa rivista scientifica The Lancet, è una dei promotori della trasformazione alimentare globale attraverso azioni diffuse, multisettoriali e multilivello per garantire la salute dell’uomo e del pianeta. La commissione, difatti, ha sollevato un importante problema salutistico e ambientale legato all’eccessivo consumo di carne: “gli allevamenti intensivi sono responsabili delle più alte emissioni di CO2 oltre che della riduzione della biodiversità, dell’impiego eccessivo di suolo e di acqua”.
La comunità scientifica, in ogni caso, si sta ancora interrogando sia sui benefici ambientali che salutistici della carne sintetica: “sul tema sono ancora scarse e contrastanti le informazioni”. A dichiararlo è Rachel Mazac, ricercatrice dell’Università di Helsinki esperta di cibo sostenibile e proteine alternative.
“Questi cibi devono passare per la Novel Food Regulation europea (la procedura per la richiesta di autorizzazione di nuovi alimenti rispetto a quelli tradizionalmente intesi) data la relativa novità della tecnologia – prosegue -.In questa fase penso che non siano né più né meno sicuri rispetto alla carne ottenuta in modo convenzionale“.
I pro e i contro
Tra i pro vi è ovviamente la riduzione della macellazione, della produzione di del CO2 e della potenziale diffusione di malattie zoonotiche. Gli animalisti sono però divisi sulla questione. Da una parte si potrebbe ridurre l’allevamento intensivo che provoca grande sofferenza agli animali, dall’altra le cellule staminali più funzionali contengono siero fetale bovino, ricavato dal sangue raccolto dal feto di bovine gravide durante il processo di macellazione.
Dal punto di vista della salute umana, invece, la produzione di carne coltivata viene presentata come altamente controllata. Essendo coltivata in laboratori, come evidenzia l’Agenzia europea per l’ambiente, dovrebbe essere garantita l’assenza di batteri nocivi, di allergeni, residui di antibiotici, di ormoni della crescita e di altri fattori, ma anche di coloranti artificiali o additivi. Le cellule potrebbero contenere un maggiore numero di nutrienti, vitamine, proteine e il contenuto di grasso potrebbe essere controllato e sostituito con i più salutari come gli Omega-3.
Tra i contro, oltre non avere effettive informazioni sulla salute dopo il consumo di carne coltivata, vi sono gli aspetti economici. I costi di produzione, infatti, sono ancora molto alti. A Singapore qualche crocchetta di carne costa al consumatore circa 13,00 euro. Gli scienziati, comunque, stanno pensando anche a questo.
Mentre l’asse Italia-Austria-Francia chiede all’Ue una valutazione d’impatto più esaustiva, attendiamo il futuro per vedere se effettivamente vi saranno dei risvolti positivi.