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Il focus

Case protette e strutture di assistenza, l’ultimo approdo per arginare la disperazione

martedì 5 Settembre 2023
Nuccia Albano

I casi di violenza domestica e di genere delle ultime settimane hanno catturato le pagine di cronaca e riaperto ampi scenari di dibattito tra l’opinione pubblica. Lo stupro di gruppo avvenuto a Palermo e che ha scosso l’intera Italia, ha messo in luce tanti aspetti, spesso  particolarmente negativi  della nostra società. Tra i tanti elementi messi in luce, i riflettori si sono accesi anche sul ruolo svolto da comunità e case famiglia. Nel caso specifico della vittima di violenza al Foro Italico, le 19enne è stata trasferita in una comunità protetta, con l’intento di proteggerla e aiutarla a costruire una prospettiva di futuro diversa.

I dati suggeriscono non solo l’aumento dei casi di violenza ma anche delle denunce. Oggi le strutture che si occupano di servizi-socio assistenziali ricoprono dunque un ruolo importante ma, in terre come la Sicilia, riescono a svolgere il loro compito senza incorrere a inciampi? Le risorse loro destinate saranno sufficienti o adeguate?

La gestione in Sicilia delle strutture che si occupano di servizi-socio assistenziali continua a essere uno dei principali baricentri dell’esperienza di governo della Regione nei suoi territori.

Un pantano che affiora tra distinzioni, campi diversi di applicazione e controlli.

Il controllo delle attività è delegato infatti alle aziende sanitarie locali che procedono a liquidare per i servizi resi attraverso la convalida delle prestazioni rese di cui attestano la regolarità, nel tempo il sistema delle ispezioni è rimbalzato tra diversi soggetti, finendo col perdere di vista l’effettiva dimensione della vigilanza.

A dare il via libera alle residenze sanitarie assistenziali è l’accreditamento rilasciato da un decreto dirigenziale dell’assessorato alla Salute sulla base dei requisiti organizzativi e di struttura. Rappresenta il primo passaggio e funge da riconoscimento determinando la prosecuzione dell’iter. Consente l’erogazione di prestazioni sanitarie. Tocca poi all’Asp, competente per territorio siglare nei fatti la convenzione che diventa il contratto in base al quale si va a operare. Monitoraggio e verifica delle attività svolte rimangono in capo all’azione delle aziende ospedaliere dislocate per provincia e territorio.

Quasi sempre si tratta di soggetti affetti da più patologie, i cosiddetti pazienti “fragili”. Molti di questi interventi non sono di lunga durata, ma si devono concentrare in 60 giorni, prorogabili una sola volta per 30 giorni.

Una spesa questa che alla Regione costa oltre cento milioni di euro.

Le Ras in questione si suddividono in private (in regime di convenzione) e pubbliche, gestite direttamente dalle Asp in regime diretto. Molti inoltre sono i servizi che vengono garantiti dall’assessorato regionale alle Famiglia e alle Politiche sociali, l’altro settore dell’amministrazione regionale, coinvolto nella copertura dei servizi sociali di assistenza ad anziani, oltre alla Sanità.

La norma di riferimento è la legge nazionale 328 del 2000. Al centro degli interventi ci sono innanzitutto l’organizzazione e l’assetto nei territori del sistema integrato di interventi e servizi sociali, ma anche il ruolo del terzo settore che è servito a rilanciare in molti casi interi tessuti sociali che rischiavano un ridimensionamento. La gestione invece dell’Albo regionale delle Istituzioni socio-assistenziali pubbliche e private è disciplinata dall’articolo 26 della legge regionale 22 del 1986 e comprende interventi per anziani, minori, inabili, ragazze madri e donne in difficoltà.

Gran parte dei trasferimenti e delle risorse che partono dall’assessorato alla Famiglia e alle Politiche sociali hanno come destinatario un Comune capofila o i distretto socio-sanitari. La spesa della Regione oscilla tra gli otto e i dieci milioni di euro all’anno.

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