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Catania, al Teatro Massimo Bellini la prima assoluta dello ‘Stabat Mater’ di Giovanni Sollima

martedì 7 Dicembre 2021

“Madunnuzza, Madunnuzza” è il sottototitolo dell’inedito “Stabat Mater” – per  controtenore, coro, theremin e orchestra –  commissionato dal Teatro Massimo Bellini di Catania e firmato dal compositore e violoncellista Giovanni Sollima insieme a Filippo Arriva, autore del testo originale in siciliano. Cresce l’attesa per questa prima assoluta che vedrà Sollima impegnato anche sul podio e  il controtenore Raffaele Pe come voce solista. Al theremin Lina Gervasi, maestro del coro Luigi Petrozziello.
Un impegno qualificante per l’ente lirico etneo – affermano il commissario straordinario Daniela Lo Cascio e il sovrintendente Giovanni Cultrera  – che promuove la commissione di nuove opere a prestigiosi autori siciliani, affidandone l’esecuzione alle proprie formazioni orchestrali e corali”.

La partitura dello “Stabat Mater” occuperà l’intera seconda parte del concerto sinfonico-corale programmato in due turni – sabato 11 gennaio alle 20 30 e domenica 12 alle 17.30 – nell’ambito della stagione concertistica.
L’ evento che unisce la musica contemporanea con un percorso antico, che è quello dello “Stabat” risalente a Jacopone da Todi. Musica originale per versi originali che raccolgono dall’antica poesia di Jacopone solamente l’immagine della Madonna ai piedi della croce sulla quale è stato inchiodato il Cristo. È il dolore di una madre che note e parole s’intrecciano a sottolineare.

Come racconta lo stesso Sollima, uno dei più apprezzati compositori e virtuosi dei nostri giorni, artista che non ha certo bisogno di presentazioni: “Questo “Stabat Mater”nasce da una proposta di Filippo Arriva, al quale si devono i bellissimi versi. Per la verità Arriva ne aveva parlato a Riccardo Muti, che gli indicò me come compositore. È un lavoro in otto movimenti, i versi – pur ispirandosi alla “Lauda” di Jacopone – sono molto intensi, la scrittura è visionaria, febbrile, ed è interamente in siciliano anche arcaico. Io ho cercato diverse forme di vocalità che vanno dalla voce incredibile di Raffaele Pe al Theremin (davvero una voce!), fino ad arrivare a un certo utilizzo delle percussioni. Mi muovo tra il rituale e i tanti risvolti – o livelli – di un dolore, evitando ogni forma di folklore”. 

In questa visione si è sviluppato il sodalizio con il catanese Filippo Arriva, scrittore, giornalista, drammaturgo di chiara fama, da sempre innamorato del teatro musicale e non solo, come della lingua siciliana. E la stupenda voce del controtenore Raffaele Pe, di richiamo classico e di forza contemporanea a un tempo, è la lunga linea che unisce il passato al presente in questo “Stabat Mater”. Applaudito sulla scena internazionale, l’artista lodigiano non è solo un cantante, ma un vero e proprio promotore della cultura barocca. Il suo disco “Giulio Cesare. A Baroque Hero” ha vinto il Premio Abbiati nel 2019 e nominato tra i migliori CD del 2018 da “Die Welt” e dal “Times”. Ha fondato La Lira di Orfeo, ensemble barocco con il quale riscuote da anni eccelsi consensi: il 4 ottobre è uscito in Italia il nuovo cd, la versione per il castrato Senesino di “Aci, Galatea e Polifemo” di Händel, nominato Album della settimana dal “Times”.

È un onore  – sottolinea – essere stato scelto da Giovanni Sollima per dare voce al suo “Stabat Mater”. Una parte notevole per le mille sfaccettature espressive: il pianto della madre, lo sconvolgimento della natura, il disfacimento del figlio. Trovo affascinante che per lui il mio timbro sia il più adatto a raccontarle. Anche il testo di Filippo Arriva mi ha molto commosso: sarà l’incredibile suono del dialetto siciliano, o le immagini evocate, così ‘domestiche’ eppure tragiche. Questa lingua ci avvicina al senso profondo del dolore della madre e al tempo stesso lo sublima, lo rende sostenibile perché lo fa apparire familiare”. 

Nella prima parte del programma, Giovanni Sollima sarà impegnato nella doppia veste di direttore e solista. Il virtuoso palermitano concerterà e abbraccierà il suo “Francesco Ruggieri” del 1679:  prima nel  Concerto n. 2 in re maggiore per violoncello e orchestra, Hob:VIIb:2 e poi nella sua Suite “Terra con variazioni” per violoncello e orchestra (2015).

Il Concerto n.2  – spiega –  è una pietra miliare nel repertorio violoncellistico; Haydn osa più dei suoi contemporanei, inclusi ad esempio Boccherini e Cirri, spingendo lo strumento a traguardi tecnici ed espressivi fino a quel momento, ma anche successivamente, poco esplorati. Ciò probabilmente si deve al suo rapporto con un grande virtuoso che suonava nella sua orchestra, il violoncellista Anton Kraft. Io ho preso come punto di riferimento il manoscritto, azzerando le tante stratificazioni che sono succedute. “Terra con variazioni” è del 2015 ma nasce da un jingle, o meglio dal Logo sonoro che mi era stato commissionato dall’Expo in città a Milano. Un brano di un minuto che per mesi, frammentato o sezionato, si udiva dalla metropolitana ad altri luoghi di Milano. Tempo dopo i Pomeriggi Musicali mi chiesero di svilupparlo…pensai subito alla forma delle variazioni, l’unica possibile dato che il tema girava intorno all’energia, al cibo, al clima, alle culture. Il brano viaggia senza sosta, ma il tema appare soltanto alla fine”. 

Il concerto darà dunque un saggio della versatilità creativa di Sollima. Dal profano al genere sacro, da lui frequentato fin dal 1993 con il “Requiem per la vittima della mafia”. Nello “Stabat Mater” il compositore continua ad esplorare il genere della musica di carattere religioso.  La partitura fortemente espressiva  porta dentro il dolore di una madre che vede il figlio morire e con delicatezza lo accompagna al momento doloroso, mentre la musica si fa una dolce ninna nanna. Non la morte, ma un sonno pacificatore.

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