I finanzieri del Comando Provinciale di Catania hanno eseguito un decreto con cui il Gip ha disposto misure cautelari reali nei confronti di un soggetto sottoposto a indagini per i reati di bancarotta fraudolenta, bancarotta documentale e autoriciclaggio.
Le indagini hanno riguardato il dissesto di una società catanese, operante nel settore della produzione di software, raggiunta da sentenza di fallimento nel 2020.
Gli approfondimenti eseguiti avrebbero evidenziato che l’amministratore di diritto avrebbe eseguito una serie di operazioni distrattive e dissipative del patrimonio aziendale in una fase in cui la fallenda stava accumulando ingenti debiti erariali e perdite di rilevante entità.
Le operazioni avrebbero causato il decremento del patrimonio della fallenda per un valore di 815.000 euro a fronte di una partecipazione al capitale nella quota minimale di 10.000 euro per singola società.
Successivamente, le quote delle Sas possedute dalla società in fallimento sarebbero state cedute a un familiare dell’amministratore di quest’ultima, così da rescindere definitivamente e in via formale i legami tra l’impresa poi fallita, danneggiata dalle operazioni distrattive, e le due new company, nonché dissimulare la provenienza delittuosa dei rami d’azienda, precedentemente distratti.
In tal modo, l’indagato sarebbe riuscito a reimmettere nel circuito economico legale i rami d’azienda distratti, di provenienza criminosa, rendendosi responsabile del reato di autoriciclaggio. In aggiunta, sarebbe stata riscontrata l’erogazione da parte della società in dissesto di finanziamenti alle predette nuove imprese, mai restituiti, per un importo complessivo pari a 110.000 euro.
Le condotte avrebbero determinato un aggravamento del dissesto fino a un patrimonio netto negativo di oltre 4,5 milioni.
Il Gip, su proposta della Procura etnea, ha dunque ritenuto sussistente in capo all’indagato un grave quadro indiziario, disponendo il sequestro preventivo dei compendi aziendali delle due new company, beneficiarie dei rami aziendali dalle fallita, nonché di denaro, beni e altre utilità delle predette società e dell’indagato per un importo complessivo di 925.000 euro.
Alle predette società in accomandita semplice è stata inoltre contestata la responsabilità amministrativa degli enti, in quanto il reato di autoriciclaggio dei proventi illeciti oggetto di reimpiego all’interno delle stesse sarebbe stato commesso nel loro interesse o a loro vantaggio.
Per questa tipologia di illeciti, il citato decreto legislativo prevede la possibilità di applicare sanzioni pecuniari e interdittive a carico delle società coinvolte.