L’uso intenso del telefono cellulare può causare l’insorgenza di malattie professionali, provocando invalidità permanente.
E’ quanto sottolinea il giudice del lavoro di Firenze, Vincenzo Nuvoli, nel motivare la sentenza con cui ha condannato l’Inail a corrispondere un indennizzo economico, per inabilità permanente del 16%, a un addetto alle vendite che per lavoro ha trascorso al cellulare molte ore al giorno dal 1994 al 2007 al punto da subire una patologia tumorale benigna (un neurinoma all’ottavo nervo cranico).
Il giudice, anche appoggiandosi alle conclusioni di una consulenza medico-legale da lui incaricata, ritiene plausibile “la sussistenza del nesso causale tra l’uso del cellulare per motivi di lavoro e la patologia lamentata dal ricorrente”.
Il giudice valuta anche che circostanze come “l’utilizzo di apparecchi con superiore intensità di emissioni”, in commercio e uso nei primi anni considerati (i Tacs fino al 1997, i Gsm fino al 2005, gli Umts fino al 2007), e la “localizzazione della patologia” all’orecchio destro, confermano come probabile “l’idoneità della esposizione al rischio a causare l’evento morboso”.
Viene considerata anche la classificazione Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) dei campi elettromagnetici come “possibili cancerogeni – Gruppo 2B”, valutando “la maggiore probabilità di insorgenza di patologie neoplastiche tra gli utilizzatori di telefoni cellulari”.
La causa del lavoratore era stata perorata dagli avvocati Dario Zangara e Paolo Maresca dello studio Bonafede di Firenze: “L’utilizzo intenso e quotidiano del cellulare – commentano i legali – può portare a malattie. La questione va approfondita perché è ovvio che non può essere limitato l’uso del cellulare ma possono essere individuate delle precauzioni per eliminare ogni tipo di rischio e i cittadini devono essere informati”.