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il docufilm

“C’era una volta in Italia”: la sanità pubblica fatta a pezzi. Ecco perchè la rivolta di Cariati ci riguarda

domenica 26 Febbraio 2023

Le cronache di questi giorni nel messinese ci raccontano di un anziano morto dopo aver atteso 4 giorni in Pronto soccorso (e aver fatto avanti e indietro da un ospedale all’altro), di battaglie per salvare l’ospedale di Barcellona Pozzo di Gotto da un destino incerto, della mobilitazione per scongiurare la privatizzazione dell’ospedale di Sant’Agata di Militello (il 4 marzo ci sarà un sit in), delle proteste dei precari emergenza covid per proroghe e stabilizzazioni. Contemporaneamente nelle corsie degli ospedali delle Regioni del nord quasi tutti i pazienti (e sempre più spesso  medici) parlano siciliano, calabrese, pugliese, napoletano.

Basterebbe leggere tra le cronache quotidiane per capire quanto il docufilm “C’era una volta in Italia. Giacarta sta arrivando”, di Federico Greco e Mirko Melchiorre (sold out nelle sale ma invisibile per i canali ufficiali, i festival e il cosiddetto mainstream) ci riguarda tutti. Ci riguarderà tutti prima o poi.

Proiettato ieri al Multisala Apollo, con dibattito successivo con il regista Federico Greco, è la storia simbolo della rivolta dei cittadini di Cariati, piccolo paesino della Calabria, dove nel 2010 è stato chiuso l’ospedale (in attivo e pienamente funzionante) a causa del Piano di rientro. Nel giro di una notte in Calabria ne chiusero 18 ed in Italia, in quell’anno, circa 200. E’ rimasto lì come una cattedrale nel deserto lasciando senza assistenza un bacino d’utenza di 40 mila abitanti in inverno, il triplo in estate, con l’ospedale più vicino a 50 km di strade dissestate e piene di buche, a Rossano. Ma se hai un ictus devi andare a un’ora di distanza, sempre che ci arrivi vivo. Così non solo è aumentato il tasso di decessi ma anche quello delle patologie.

Nel novembre del 2020, esasperati dal covid, un gruppo di abitanti occupa l’ospedale di Cariati, che per inciso ha ancora sale intatte e potenzialmente riattivabili in qualsiasi momento. Il film (qui) ripercorre, a incastro, questa battaglia, inserendola in un contesto generale di tagli alla sanità a vantaggio di chi ci guadagna, i privati, le multinazionali. Cariati in questo senso è “universale”.

I due registi intrecciano la storia dei ribelli, finita all’attenzione dei media, del Parlamento, dei governi Conte e Draghi, con proteste eclatanti, il blocco dei treni, la solidarietà dei pescatori, l’arrivo di Gino Strada. Il documentario scorre veloce alternando momenti dell’occupazione e testimonianze con interviste ad intellettuali, medici, docenti, esperti, attivisti italiani ed internazionali (Vittorio Agnoletto, Ken Loach, Gino Strada, Roger Waters, per fare alcuni esempi).

La storia di Cariati infatti s’inserisce perfettamente ed è la logica conseguenza di scelte globali, volte a piegare gli interessi della collettività e degli stessi governi nazionali, al mercato, alle multinazionali. Il nostro sistema sanitario nazionale, nato nel 1978 in periodo di compromesso storico, nell’anno delle leggi 180 (Basaglia) e della 194 (aborto) e che si basa sull’universalità delle cure (gratuite) così come prevede l’art.32 della Costituzione, è stato preso a picconate dagli anni ’90 in poi con l’aziendalizzazione. Se applichi al diritto alla salute i criteri dell’azienda e quindi del profitto a pagare sono le fasce più deboli. Dal ticket al calvario delle liste d’attesa (a vantaggio degli studi privati), passando per l’intramoenia, il percorso è evidente: se vuoi curarti devi pagare.

Nel film ci sono incursioni nel globale, dalle tesi di Milton Friedman sul libero mercato al metodo Giacarta, con riferimento al sostegno che nel 1965 il governo degli Stati Uniti diede all’esercito indonesiano e che costò la vita ad un milione di civili. Pochi anni dopo la scritta “Giacarta sta arrivando” apparve in Cile sui muri delle case degli attivisti vicini a Salvator Allende che fu ucciso dopo aver denunciato le pressioni internazionali ed economiche che minavano le basi dell’autonomia e della libertà del suo governo. Con il golpe Pinochet la dittatura arrivò al potere.  Il resto è storia sia in Cile che in altri Paesi dell’America Latina.

Non voglio morire straniero” dirà uno dei protagonisti della rivolta di Cariati costretto come migliaia di meridionali, a curarsi al Nord. Perché solo in Calabria può accadere che chiudono 18 ospedali in una notte e che per far fronte all’emergenza covid si pensi di mandare uno come Gino Strada che per l’appunto ha esperienza in  contesti di guerra. E neanche lui riuscirà nell’intento. Non a caso, dopo questa esperienza scriverà nel suo ultimo libro “certe volte è più facile costruire un ospedale a Kabul”. Per Cariati si mobiliterà Roger Waters, storico cofondatore dei Pink Floyd e quando, nel 2021 grida in italiano “riaprite l’ospedale” qualcosa si muove. Nel luglio del 2021 l’occupazione finisce con l’impegno di inserire l’ospedale nella rete ospedaliera ma il comitato mantiene alta l’attenzione.

Vi ringrazio perché siete qui come cittadini e non spettatori, e chi si sente cittadino è già un militante” ha detto il regista Federico Greco ieri all’Apollo prima della proiezione. E ha ripreso la frase del regista Ken Loach: “Agitatevi, informatevi, organizzatevi”.

A proposito, che fine ha fatto l’ospedale di Cariati? 

L’occupazione è cessata nel luglio 2021 dopo l’annuncio che sarebbe stata inserita nella rete ospedaliera. Nei primi mesi del 2022 vengono attivati dieci posti covid con l’obiettivo di fare del presidio un ospedale di comunità. Iniziano ad arrivare le attrezzature, i macchinari, i laboratori. Nel gennaio 2023 (13 anni dopo la chiusura) il sindaco di Cariati Filomena Greco alla luce di quanto dichiarato dall’Asp dichiara che il Vittorio Cosentino entro il 2025 sarà Casa della salute e che stanno procedendo i lavori anche con i fondi del Pnrr.  Filomena Greco ribadisce che il presidio deve tornare ad essere quello che era prima della chiusura in termini di operatività.

Nel frattempo in Calabria, il presidente Occhiuto è costretto, dopo decenni di tagli e con le nefaste conseguenze delle facoltà di medicina a numero chiuso, blocco del turn over, a chiamare i medici da Cuba con una convenzione. Sempre nel frattempo, già dal post covid, al nord si sperimenta la figura dei “medici a gettone”, lautamente pagati e riuniti in cooperative, pronti a fare doppi e tripli turni, ma da esterni. A Lipari si muore per mancanza di sanità pubblica e le ambulanze in Sicilia hanno sempre meno medici a bordo (pure malpagati) e sempre meno operatori sanitari disposti a stare al Pronto soccorso. Ecco perchè la storia di Cariati ci riguarda da vicino. Eccome.

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