Da circa tre anni l’Unione Europea discute l’opportunità di introdurre un regolamento “per la prevenzione e la lotta contro l’abuso sessuale sui minori“, noto come CSAR (Child Sexual Abuse Regulation) ma ribattezzato dai molti critici come “Chat Control”. Una normativa che, nelle intenzioni, imporrebbe a tutte le piattaforme digitali di scansionare in automatico le conversazioni private (persino quelle protette dalla crittografia end-to-end) per individuare e bloccare la diffusione di materiale pedopornografico o i tentativi di adescamento online.
Il dibattito all’interno del Consiglio e del Parlamento europeo è stato lungo e spesso divisivo tra rinvii, mediazioni e scontri politici. Proprio oggi 12 settembre i governi dovranno comunicare se intendono o meno sostenere la proposta. Alcuni Stati, come la Danimarca, spingono per l’approvazione in nome della lotta a uno dei crimini più odiosi del nostro tempo. Altri, tra cui Austria, Polonia, Belgio e Paesi Bassi, si oppongono con forza, temendo che un simile sistema equivalga a introdurre una forma di sorveglianza di massa senza precedenti. La Germania appare divisa, l’Italia negli ultimi mesi ha assunto una posizione più cautamente favorevole.
L’emergenza in Sicilia
Se in Europa il dibattito è acceso e diviso, in Sicilia i numeri raccontano una realtà già drammatica. La Polizia Postale ha registrato negli ultimi anni un’impennata di casi. Proprio nel 2022, solo nella Sicilia orientale, 219 episodi di sfruttamento sessuale di minori, 6 arresti e 116 indagati, con quasi 4.600 siti monitorati e 2.900 contenenti materiale illegale. Nel 2023 le indagini si sono intensificate con oltre 7.300 spazi web analizzati, 671 oscurati, 63 denunce e 4 arresti. Nel 2025 le operazioni tra Palermo, Catania e Siracusa hanno portato a decine di arresti e al sequestro di migliaia di file pedopornografici.
Colpisce soprattutto l’età delle vittime che vede coinvolti molti bambini tra i dieci e i tredici anni, ma non mancano casi anche sotto i nove. L’associazione Meter di Avola, da anni in prima linea, nel 2023 ha segnalato quasi 6.000 link pedopornografici, denunciando un fenomeno in crescita e sempre più crudele, che colpisce perfino minori disabili sfruttati online tramite estorsioni digitali.
Una tecnologia che non esiste (ancora)
Il regolamento europeo prevede che foto, video, messaggi e audio vengano analizzati direttamente sul dispositivo dell’utente, prima ancora di essere criptati e inviati. Algoritmi e sistemi di firma digitale dovrebbero riconoscere contenuti sospetti e inviare automaticamente una segnalazione alle autorità. Ma gli esperti avvertono che questa tecnologia non è ancora pronta, dato che WhatsApp e gli altri dovrebbero sviluppare nuovi sistemi per l’analisi preventiva dei contenuti. Il timore principale è che questo meccanismo possa trasformarsi in un varco nascosto, aprendo la strada non solo alle autorità, ma anche a possibili abusi da parte di hacker, aziende o governi autoritari.
Organizzazioni come la Electronic Frontier Foundation e centinaia di crittografi hanno messo in guardia dal rischio di falsi positivi e di abusi. E c’è un ulteriore paradosso, ovvero che i messaggi tra adolescenti consenzienti potrebbero essere scambiati per materiale illegale, esponendo la vita privata di ragazzi innocenti.
La vera sfida

La pressione dei dati siciliani ci ricorda che non è possibile girarsi dall’altra parte. Il fenomeno della pedopornografia online è un problema ad oggi purtroppo reale e in espansione. Le vittime sono sempre più giovani e gli strumenti investigativi devono ad oggi essere potenziati. Ma la domanda resta. Davvero la soluzione è sacrificare la privacy di centinaia di milioni di cittadini europei?
Il rischio è di trasformare un problema reale in un pretesto per normalizzare la sorveglianza preventiva delle comunicazioni private. Una volta introdotto, un meccanismo simile potrebbe essere esteso ad altri ambiti quali terrorismo, pirateria e perfino dissenso politico. In paesi meno democratici sarebbe uno strumento ideale per controllare oppositori, giornalisti e attivisti.
Servono più risorse da destinare alla Polizia Postale, una cooperazione internazionale rafforzata, programmi educativi nelle scuole, formazione per genitori e insegnanti e strumenti di prevenzione digitale.
Perché se è vero che la Sicilia chiede risposte immediate a un dramma che tocca famiglie e comunità, è altrettanto vero che quelle risposte devono essere intelligenti, mirate e rispettose dei diritti fondamentali. Altrimenti rischiamo di consegnare ai nostri figli un futuro che ricorda da vicino quello descritto da George Orwell in 1984. Un mondo dove la promessa di sicurezza si traduce in sorveglianza totale, dove ogni parola, ogni immagine, ogni gesto online è controllato da un algoritmo. Davvero vogliamo una società in cui la libertà stessa diventa il prezzo da pagare per sentirci sicuri?