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Sebastiano Tusa è stato un grande archeologo, il cui nome è legato a importantissimi progetti internazionali. Tante le sue pubblicazioni, come le ricerche in mezzo mondo, ma con la Sicilia sempre quale suo punto di riferimento imprescindibile. Pantelleria, Mazara del Vallo, Trapani, Mozia sono solo alcuni dei luoghi in cui l’azione di Tusa è stata determinante per la valorizzazione dei gioielli artistici e archeologici di questi territori.
Amante del mare e delle isole, è stato docente di archeologia marina e primo Sovrintendente del mare della Regione Siciliana. La sua sovrintendenza del mare, un istituto fondamentale nel campo della valorizzazione e della ricerca sui nostri mari e le nostre coste. E non è un caso che per anni abbia curato la Rassegna internazionale per le attività subacquee di Ustica.
E’ stato un amico del nostro giornale e in diverse occasioni lo abbiamo avuto quale ospite non occasionale, nella comune considerazione che la cultura è l’arma pacifica più importante per rilanciare questa nostra terra e farla scoprire al mondo.
L’ultima volta lo avevamo avuto ospite a fine 2018, quando ci aveva raggiunto davanti ai fornelli, per fare gli auguri ai Siciliani insieme allo chef Peppe Giuffrè, a Salvo Piparo e a Maurizio Scaglione. In quell’occasione aveva tenuto a ribadire che anche il cibo è cultura, specie in una terra come la Sicilia, in cui esistono prodotti di grande qualità che la rendono unica. E la sua era stata un’apparizione scherzosa, nei panni di un aiuto chef che portava al maestro il finocchietto selvatico, ingrediente necessario per insaporire il piatto della festa.
Lo avevamo intervistato anche qualche tempo prima, in un’ormai lontana puntata di “Bar Sicilia” andata in onda il 6 maggio dello scorso anno, poco dopo la sua nomina ad assessore regionale ai Beni culturali della Sicilia e in quell’occasione ci aveva detto chiaramente che il suo scopo non erano grandi mostre effimere, ma “musei funzionanti“. Un’idea condivisa, a cui stava lavorando da tempo.
Quattro mesi fa, nuovamente ai microfoni de ilSicilia.it, quando era stato ospite di “En kai pan”, la rubrica curata dal drammaturgo Aurelio Pes di cui era amico personale, nel corso della quale ci ha raccontato delle sue molteplici spedizioni archeologiche in giro per il mondo (fra cui quella celebre in Iraq, prima che questo Paese fosse sconvolto dalla guerra) sempre e soltanto nel nome dell’amore per la cultura: “La preistoria – ci aveva detto – mi ha appassionato da sempre, ma mi ha appassionato soprattutto il fatto che dal momento in cui si studia preistoria ci si avvicina molto alle società primitive e anche attuali. Siccome per me è stato sempre fondamentale il confronto con il contemporaneo, è evidente che l’archeologia vista con una prospettiva antropologica mi ha sempre intrigato. E poi mi ha sempre appassionato l’Oriente. Un mondo che ho avuto la fortuna di vedere negli anni Settanta, ma che ormai è stato profondamente sconvolto a causa dell’Occidente: con le guerre, con il profitto e con una pseudo-modernizzazione”.
L’ultima volta l’avevamo incontrato il mese scorso alla presentazione di un libro di Piero Longo sul “Castello dello Scibene” al Museo Salinas di Palermo e il suo intervento era stato un deciso atto di accusa contro la mafia e il business del cemento selvaggio, che per decenni ha spadroneggiato a Palermo, sventrando parte del patrimonio culturale e monumentale.
Ai suoi cari e ai suoi congiunti le condoglianze della redazione de ilSicilia.it.
Lo ricorderemo come uno studioso e un fine intellettuale, ma soprattutto come una gran persona perbene, dai modi affabili e dal sorriso coinvolgente. Un professore e un assessore decisamente estraneo agli stereotipi autoreferenziali dell’accademia e a quelli della politica. Un Siciliano vero, di quelli che non si dimenticano.
Sebastiano Tusa ci mancherà e mancherà ai Siciliani e alla Sicilia più bella.
Arrivederci professore.