Ciao Giovanni, benvenuto e grazie per la tua disponibilità. Se volessi presentarti ai nostri lettori cosa racconteresti di te quale artista di teatro e di cinema?
Ciao Andrea, e grazie per questa chiacchierata. Si sono un attore, vivo da tanti anni a Roma ma sono di Palermo, e non ho dimenticato e non ho nessuna intenzione di farlo, le miei origini siciliane. Torno spesso in Sicilia, dove vive ancora la mia famiglia, ho sposato una catanese, e anche il lavoro spesso mi fa passare bei periodi nella mia terra, ma anche se lavorassi a Trieste, cosa che per altro è successa, io porto sempre con me in bassa frequenza tutto il mondo in technicolor che la mia terra mi ha donato.
Qual è il percorso artistico e formativo che ti ha condotto da Palermo a Roma dove lavori adesso?
A vent’anni, quando la mia città era molto diversa da come appare oggi, se volevi far l’attore bisognava guardare oltre lo stretto. E così feci. Con la forza , incoscienza e il pacchetto di sogni andai a Roma con il desiderio di entrare all’accademia d’arte drammatica “Silvio D’Amico”. Le selezioni furono difficili e lunghe… ma alla fine sono riuscito a superarle e a frequentare l’Accademia. Sono stati anni importanti, difficili, di grandi incontri, di crescita artistica e personale. Poi quando la scuola finisce e credi di essere pronto per il lavoro, che fortunatamente è cominciato immediatamente ad alti livelli, capisci che la vera scuola la devi cominciare a fare e che il lavoro ha in serbo per te sorprese, imprevisti, magie per cui, forse, per fare il mestiere dell’attore non si finirà mai di studiare.
Come definiresti il tuo stile recitativo? C’è qualche attore al quali ti ispiri?
Alterno, con la stessa curiosità e impegno, il teatro al cinema, e già questo ti porta a mettere a fuoco due diversi stili… ma in realtà, forse, non so rispondere a questa domanda, dovresti farla a chi mi ha visto recitare! A me piace raccontare Storie, e mi piace farlo cercando di essere sempre più connesso alle mie energie, emozioni pulsioni… poi se tutto questo arriva a coinvolgere lo spettatore devi chiederlo a lui. Sono tanti gli attori che ammiro e mi piace rubare da tutti un po’, ma solo quello che vedo connesso al mio modo di essere.
Chi sono secondo te i più bravi attori teatrali nel panorama nazionale? E con chi di loro vorresti lavorare e perché?
Ho avuto già la fortuna di lavorare con importanti nomi del panorama teatrale italiano: Mariano Rigillo, Massimo Popolizio, Massimo De Francovich, Luca De Filippo, Franco Branciaroli… in cinema ho avuto il privilegio di recitare con Jean Morreau, Michel Bouquet, Sophia Loren, Sergio Castellitto, da tutti loro mi porto a casa qualcosa, ma spero di incontrarne ancora molti altri, il mestiere dell’attore è come il maiale “non si butta via niente”.
Perché secondo te oggi il teatro, il cinema sono importanti e vanno seguiti?
Soprattutto in questa epoca in cui il razionale, la tecnologia, il virtuale sta prendendo il sopravvento, sapere che esistono dei luoghi dove il tempo può essere fermato, e parlare direttamente all’anima credo sia fondamentale. Bisogna nutrirsi di conoscenza e di emozioni e questo lo può fare solo l’arte. Ed è importante che le nuove generazioni che crescono già fortemente indottrinate con la tecnologia, non perdano di vista mai la connessione con la proprie emozioni.
“Comunicare in modo visivo e tramite la musica significa superare le rigide classificazioni basate sul linguaggio verbale da cui la gente non riesca a staccarsi. Le parole hanno un significato molto soggettivo e altrettanto limitato, e circoscrivono subito l’effetto denotativo che può avere un’opera d’arte a livello emotivo e subconscio. Il cinema è fortemente legato a quel tipo di espressione, perché di solito i contenuti più importanti di un film sono ancora affidati al veicolo delle parole. Poi c’è un’emozione che li sostiene, ci sono gli attori che generano sensazioni, e via dicendo. Ma sostanzialmente è comunicazione verbale”. (Conversazione con Stanley Kubrick su 2001 di Maurice Rapf, 1969). Tu cosa pensi di questo concetto espresso da Kubrick a proposito del linguaggio cinematografico del quale lui certamente è stato un potente rivoluzionario? Qual è la prospettiva di un attore da questo punto di vista?
Ti voglio rispondere con un’altra citazione tratta da La grande bellezza di Paolo Sorrentino: “Il cinema è una possibilità di sopravvivenza di fronte alla delusione che ci offre tutti i giorni la vita, solo in una circostanza la realtà rivaleggia con il cinema, quando irrompe l’amore”.
Ancora Kubrik, “L’essenza della forma drammatica è lasciare che l’idea arrivi allo spettatore senza essere formulata con troppa nettezza. Una cosa detta in modo diretto non ha la stessa forza di ciò che le persone sono costrette a scoprire da sole.» (tratto da “Il più grande azzardo di Kubrick: Barry Lyndon”, di Marta Duffy e Richard Schickel, pubblicato su Time, 15 dicembre 1975). Cosa ne pensi Giovanni? Qual è l’essenza della forza drammatica di una recitazione, di un film, di una rappresentazione teatrale secondo te? Cosa deve dare un attore allo spettatore perché il messaggio arrivi potente ed empatico?
La forma artistica più interessante e coinvolgente è quella che sorprende, che ti spiazza e ti emoziona quando meno te l’aspetti. Noi attori dobbiamo essere come senza pelle, cioè con la massima sensibilità e non possiamo fingere, paradossalmente, se vogliamo esercitare verso lo spettatore un atto di seduzione, nel significato più alto della parola. Ma dove colpiremo o come… questo non può essere sempre previsto. Bisogna essere onesti e generosi, il resto è una magia, un’alchimia che non può essere spiegata.
Ci parli dei tuoi ultimi lavori e dei lavori in corso di realizzazione? A cosa stai lavorando in questo momento?
Ho appena completato la stagione del mio monologo A Testa Sutta, recitato in Siciliano, che porto in giro da quattro anni. Un testo scritto per me da Luana Rondinelli, che ci sta dando molte soddisfazioni. Oltre ai premi conquistati e alle bellissime recensioni, il pubblico ci abbraccia di un calore e un affetto che ci ripaga delle fatiche che si devono a volte sostenere. Fatiche fisiche, perché nello spettacolo recito per circa mezz’ora a testa in giù, e anche imprenditoriali, essendo questo uno spettacolo autoprodotto da me e Luana. Tornerò a farlo in estate e sicuramente anche in Sicilia. Tra pochissimo inizierò a girare in Calabria l’opera prima di un giovane regista, Nicola Giampà, un ragazzo pieno di sensibilità e curiosità, di cui credo sentiremo presto parlare. Infine, ho in cantiere un progetto come regista: sarebbe la mia seconda regia e sono particolarmente agitato ed emozionato per l’avvio del lavoro… e poi ancora teatro al Festival di Segesta… ma questo te lo racconterò in un’altra occasione.
Immagina una convention all’americana, Giovanni, tenuta in un teatro italiano, con qualche migliaio di adolescenti appassionati di teatro e cinema. Sei invitato ad aprire il simposio con una tua introduzione di quindici minuti. Cosa diresti a tutti quei ragazzi per appassionarli al mondo della recitazione, del teatro e della settima arte in generale?
Operazione difficilissima! Direi forse la stessa cosa che potrei dire a mio figlio, che oggi ha quattro anni, di avere rispetto della propria curiosità, e di essere divorato dalla passione perché solo così si potrà viaggiare. L’amore e la passione sono i motori che non temono rivali.
Quali secondo te le tre cose più importanti da raccontare loro sulla tua arte?
Follia, onestà, passione… anche se forse ce ne sono più di tre!
Dove potranno seguirti i nostri lettori e i tuoi fan?
Sicuramente attraverso le mie pagine social che tengo sempre aggiornate… anche a me risulta difficile seguire tutti i miei spostamenti… ma una anticipazione te la posso dare: la Sicilia tornerà ad essere protagonista, diamoci un appuntamento un po’ più in là e ti racconterò tutto, promesso. I desideri non vanno svelati, perché altrimenti si corre il rischio che non si realizzino! Grazie Andrea!