“Un professionista sereno è di interesse della collettività, ma la depenalizzazione è un’ipotesi che è stata scartata dalla Commissione. Ha dei profili di incostituzionalità”.
A dichiararlo è l’ex magistrato Adelchi D’Ippolito, presidente della Commissione per lo studio e l’approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica che ha incontrato i medici di Palermo.
Ieri, 18 settembre, all’Ordine dei medici, difatti, la Commissione istituita dal ministro della giustizia del Governo Meloni, Carlo Nordio, ha deciso di ripartire dalla Sicilia dopo la Lombardia. I medici delle specializzazioni più colpite si sono soffermati sulle maggiori criticità che devono affrontare nel momento in cui viene esposta a loro carico una denuncia da parte degli stessi pazienti per presunti errori sanitari. Inoltre, sono state trattate anche le possibili modifiche legislative da dover applicare nella nuova riforma di difesa in favore dei medici.
La situazione
“Su cento denunce contro i medici meno del 5% si concludono con sentenze di condanna – spiega il magistrato –. Un dato questo che deve allarmare. Significa che la maggior parte delle denunce sono infondate. Il danno che queste ultime provocano è enorme ed impatta sullo stato di preoccupazione del medico. Questo non deve accadere, perché potrebbe scatenare il ricorso da parte del medico alla cosiddetta ‘medicina difensiva’, venendo meno al proprio dovere di curare i pazienti o prescrivendo esami inutili, costosi e invasivi”.
I due volti della medaglia
“La depenalizzazione sarebbe veramente molto importante per noi medici. Vivremmo una vita più serena e migliore senza l’assillo della denuncia. Credo ci sia un problema di giurisprudenza, ma sarebbe importante per la classe medica che venga trovata una chiave di volta”.
A dichiararlo è Nuccia Albano, non solo assessore regionale della Famiglia, delle politiche sociali e del lavoro, ma anche medico legale.
In merito alle denunce e alle querele “la Commissione sta individuando degli strumenti detrattivi per scoraggiare quelle denuncia infondate e pretestuose. Uno di questi è la ‘lite temeraria’ che già vige nel codice civile. Nel momento in cui la denuncia dovesse risultare infondata, il denunciante non vedrà solo rigettata la sua domanda, ma dovrà pagare una somma di denaro di cinque o diecimila euro proprio per la temerarietà della denuncia“.