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La storia di Salvatore Todaro

“Comandante”: Messina sbarca a Venezia con il nuovo film di Edoardo De Angelis

domenica 27 Agosto 2023

Manca pochissimo all’ottantesima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Dal 30 agosto al 9 settembre, il lido di Venezia tornerà ad accogliere le più grandi celebrità del mondo del cinema insieme alle storie che vorranno raccontarci.

Tra gli “ospiti” di quest’anno anche un po’ di Sicilia. La Biennale si aprirà infatti con un’incredibile storia dall’anima messinese: si tratta di Comandante”, il nuovo film di Edoardo De Angelis. La pellicola sarà presentata in anteprima mondiale mercoledì 30 agosto nella Sala Grande del Palazzo del Cinema.

IL FILM

La vicenda si svolge all’inizio della Seconda guerra mondiale, per la precisione nell’ottobre del 1940. Salvatore Todaro, interpretato da Pierfrancesco Favino, comanda il sommergibile “Cappellini” della Regia Marina e mentre naviga in Atlantico, nel buio della notte affronta un mercantile armato. Todaro e i suoi uomini finiscono per avere la meglio, riuscendo ad affondare l’imbarcazione a colpi di cannone. E’ a questo punto che il Comandante prende una decisione destinata a fare la storia: salvare i 26 naufraghi belgi condannati ad affogare in mezzo all’oceano e sbarcarli nel porto sicuro più vicino. Per fare ciò però è costretto a navigare in emersione per tre giorni, rendendosi così visibile alle forze nemiche e mettendo a repentaglio la sua vita e quella dei suoi uomini.

“Comandante è un film che parla di forza e Salvatore Todaro ne incarna la sua forma sublime: combattere il nemico senza dimenticare mai la sua natura di essere umano – spiega il regista sui social –. Pronto a sconfiggerlo ma anche a prestargli soccorso per salvarne la vita come prescritto dalla legge del mare. Perché così si è sempre fatto e sempre si farà”.

LA VERITA’ OLTRE LA FINZIONE

Nato a Messina da genitori agrigentini, ma cresciuto a Chioggia, Salvatore Todaro si arruolò nell’Accademia navale nel 1923. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, ormai raggiunto il grado di capitano di corvetta e ottenuto il comando del nuovissimo sommergibile atlantico Comandante Cappellini, venne destinato alla base oceanica Betasom di Bordeaux dalla quale i sommergibilisti italiani, sostenendo l’impegno tedesco durante la Battaglia dell’Atlantico, si impegnarono a bloccare le rotte marittime tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna.

Nella notte del 16 ottobre 1940, nel corso di una missione al largo dell’isola di Madera, Todaro avvistò il piroscafo belga Kabalo e lo affondò utilizzando il cannone di bordo. Dopo aver effettuato l’affondamento Todaro accostò e raccolse i 26 naufraghi della nave belga e li rimorchiò su di una zattera per quattro giorni. Quando la zattera spezzò il cavo di rimorchio, Todaro non esitò ad ospitare i naufraghi sul sommergibile fino a farli sbarcare, incolumi, sulla costa delle isole Azzorre.

TODARO, L’UOMO DI MARE

Le cronache riportano che dopo lo sbarco dei naufraghi, Todaro si sentì chiedere dal secondo ufficiale del Kabalo: “Ma lei, visto che tratta così un nemico, che razza di uomo è? Vede, se quando ci ha attaccati di sorpresa non avessi dormito nella mia cabina, le avrei sparato addosso con il cannone, scusi la mia franchezza”. Al che Salvatore Todaro rispose: Sono un uomo di mare come lei. Sono convinto che al mio posto lei avrebbe fatto come me”. L’ufficiale italiano portò la mano alla visiera in segno di saluto e fece per andarsene, ma vedendo il secondo ufficiale guardarlo, si fermò e gli chiese: “Ha dimenticato qualcosa?”, “Sì” – gli rispose l’altro con le lacrime agli occhi –“Ho dimenticato di dirle che ho quattro bambini: se non vuole dirmi il suo nome per mia soddisfazione personale, accetti di dirmelo perché i miei bambini la possano ricordare nelle loro preghiere”. Risposta: “Dica ai suoi bambini di ricordare nelle loro preghiere Salvatore Todaro”.

Tale generoso comportamento non venne apprezzato dal comandante in capo dei sommergibilisti tedeschi, l’ammiraglio Karl Dönitz, che lo criticò severamente. “Neppure il buon samaritano della parabola evangelica avrebbe fatto una cosa del genere”, sbottò l’ammiraglio tedesco Dönitz, che pure lo ammirava. “Signori, – dice rivolgendosi ai colleghi italiani – io vi prego di voler ricordare ai vostri ufficiali che questa è una guerra e non una crociata missionaria. Il signor Todaro è un bravo comandante, ma non può fare il Don Chisciotte del mare”.

Todaro rispose alle critiche mosse con una frase lapidaria, riportata da molte fonti e mai smentita, rimasta celebre, da allora in poi, nella storia della nostra Marina: “Gli altri non hanno, come me, duemila anni di civiltà sulle spalle”.

L’affondamento della nave portò alla dichiarazione dello stato di guerra tra l’Italia e il Belgio. Successivamente, però, emerse che il Kabalo era una nave dispersa del convoglio inglese OB.223 e trasportava pezzi di ricambio aeronautici: l’affondamento risultava quindi pienamente giustificato. Questa azione bellica valse a Todaro la medaglia di bronzo al valor militare.

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