La Sicilia è la terza regione per Enti locali sciolti per mafia con 92 amministrazioni coinvolte, 15 delle quali sono state commissariate almeno due volte, secondo il dossier “La Linea della palma”, pubblicato da Avviso Pubblico sui Comuni sciolti per mafia in Italia. I dati nazionali e siciliani tra corruzione, appalti pubblici, necessità di maggiore trasparenza amministrativa e incisività.
Si chiama “La Linea della palma” il nuovo dossier di Avviso Pubblico sui Comuni sciolti per mafia, presentato venerdì 17 novembre presso il Centro di residenza universitaria di Bertinoro, in occasione dell’apertura della prima Scuola di formazione politica “Amministratori consapevoli” rivolta ad amministratori locali e aspiranti tali ideata insieme alla Fondazione Scintille di Futuro presieduta dall’ex presidente del Senato Pietro Grasso.
Secondo i dati raccolti, dal 1° gennaio 2022 al 30 settembre 2023 sono stati 18 gli Enti locali sciolti per mafia in tutto il territorio nazionale, ovvero una media di uno scioglimento al mese. Un dato inquietante che conferma il trend degli ultimi trentadue anni. Infatti, dal 1991 al 30 settembre 2023 sono stati 383 i decreti di scioglimento in ben 11 regioni, di cui sei collocate nell’area centro settentrionale del Paese.
La Sicilia
La Sicilia si trova al terzo posto con ben 92 enti coinvolti e negli ultimi 18 mesi sono state tre le amministrazioni colpite dal decreto di scioglimento: riguarda i comuni di Castiglione di Sicilia e Palagonia nella provincia di Catania e Mojo Alcantara nel provincia del Messinese (ne avevamo trattato nell’articolo https://ilsicilia.it/rapporto-dia-cosa-nostra-a-messina-intreccio-criminale-di-alleanze-economia-nera-e-corruzione/ ).
Secondo i dati sono stati complessivamente coinvolti nei tre comuni siciliani ben 22 amministratori locali e 9 amministratori dell’apparato burocratico comunale, evidenziando che una parte significativa delle relazioni prefettizie analizzate si concentra sul ruolo svolto dagli Amministratori locali e dai dipendenti comunali, elencando elementi di collusione, scelte amministrative inquinate dalle organizzazioni criminali, parentele e frequentazioni con soggetti controindicati (appartenenti ai clan ovvero a questi contigui o comunque vicini). Spesso queste risultanze si incrociano tra loro in un quadro che coinvolge in molti casi anche la fase delle campagne elettorali.
Dati nazionali e Focus sui comuni del Centro-Nord
A livello nazionale 280 decreti hanno riguardato consigli comunali, in cui sono coinvolti sindaci, assessori, consiglieri e dipendenti della Pubblica amministrazione e in 6 casi ad essere commissariate sono state Aziende Sanitarie Provinciali.
Ad aggravare il quadro c’è da considerare che 76 Amministrazioni hanno subito più di uno scioglimento: 56 enti sono stati sciolti due volte, 19 tre volte e un comune addirittura 4 volte. Sintomo di un’infezione dura da curare, che dimostra il grado di pervasività e aggressività delle organizzazioni criminali, che non si limita ai comuni, ma che colpisce anche il settore sanitario pubblico.
Il dossier, che è la naturale prosecuzione del precedente “Le mani sulla città”, presenta anche un focus sui decreti di scioglimento nelle regioni del Centro-Nord, non a tradizionale presenza mafiosa.
Il 3,4% degli scioglimenti, ovvero 13, hanno riguardato i Comuni del Centro-Nord Italia. Nonostante il numero apparentemente esiguo di comuni commissariati in queste regioni, emerge chiaramente il crescente interesse per le mafie, in particolare per la ’ndrangheta, per quei territori, dove lo sviluppo economico-finanziario offre la possibilità di riciclare ingenti quantità di denaro, inserendosi anche nel mercato degli appalti pubblici.
A testimoniarlo sono le numerose inchieste giudiziarie che in questi anni hanno rivelato un sistema ramificato di affari illegali.
Tanto nei territori a tradizionale presenza mafiosa quanto in quelli di più recente espansione lo scopo delle cosche è quello di controllare ogni settore della vita economica e amministrativa degli Enti, con impressionante duttilità e capacità di adattamento. Un obiettivo che viene perseguito aggirando le procedure di trasparenza, riducendo al minimo la partecipazione pubblica, occupando ogni spazio disponibile. Emblematica, in questo senso, è l’attenzione delle mafie per il controllo di appalti e lavori pubblici: ciò avviene sia per le risorse economiche che essi generano, sia per l’opportunità di controllare interi segmenti delle filiere, dal lavoro alla fornitura di materiali, con quel che ne consegue in termini di radicamento sul territorio e di arricchimento.
Altri settori di interesse della criminalità organizzata sono ambiente, edilizia privata, attività economiche del territorio, società partecipate, patrimonio degli enti, e poi ancora risorse umane, il settore dei rifiuti e quello elettorale, con un alto grado di condizionamento che porta al cosiddetto fenomeno dello scambio elettorale. Un dato significativo riguarda la contiguità territoriale: ad essere sciolti spesso sono comuni a pochi chilometri di distanza tra loro.
Nel dossier sono inoltre disponibili dati aggiornati, analisi tratte dalle relazioni allegate ai decreti di scioglimento, sintesi dei documenti parlamentari, spunti di riflessione e proposte relative all’attuale normativa.
L’obiettivo de La linea della palma è stimolare una riflessione su un fenomeno – l’inquinamento mafioso degli Enti locali – che provoca lo scioglimento di un Comune al mese, la sospensione della democrazia e danni enormi al tessuto socio-economico dei territori interessati.
Le mafie puntano i piccoli Comuni
Il report dimostra, infine, come l’attacco delle mafie si concentri di più sui piccoli comuni. In base ai dati demografici forniti dall’ISTAT, raccolti al momento dell’emanazione del decreto, risulta che il 72% dei Comuni sciolti per mafia dal 1991 aveva una popolazione residente inferiore ai 20mila abitanti, il 52% inferiore ai 10mila abitanti. Solo l’8.5% aveva una popolazione residente superiore ai 50mila abitanti al momento dello scioglimento. Il trend si conferma anche al Centro-Nord, dove l’83% della presenza mafiosa è nei comuni con meno di 50mila abitanti.
Le ragioni sono diverse: i comuni più piccoli garantiscono ai clan vantaggi in termini di controllo del territorio e della società civile; c’è meno presenza di forze di polizia, che se da un lato è giustificata dalla popolazione ridotta, dall’altra sembra sproporzionata se si pensa al grado di presenza mafiosa. Inoltre i territori più piccoli sono meno esposti mediaticamente e questo giova agli affari dei clan.
E infine è più facile far pesare la forza economica criminale sull’imprenditoria locale e sulle piccole amministrazioni.
Le proposte
Il XIII Comitato della Commissione Antimafia propone rilevanti modifiche alla disciplina sui Comuni sciolti per mafia. Sottolineando l’importanza del sistema di tutela preventiva, suggerisce un prolungamento del periodo di commissariamento in caso di reiterati scioglimenti e una sospensione più incisiva del personale dipendente. La revisione dei contratti e degli appalti diventa centrale, con l’obbligo per le Commissioni straordinarie di esaminarli attentamente.
Altre proposte includono la professionalizzazione dei Commissari straordinari, benefici economici per il personale dirigente nei Comuni sciolti e l’estensione dell’art. 146 Tuel alle singole aziende ospedaliere. Queste misure mirano a rafforzare la lotta alla criminalità organizzata nel contesto amministrativo, promuovendo trasparenza e legalità.
Avviso Pubblico ha presentato al Parlamento proposte chiave per riformare la normativa sugli scioglimenti degli enti locali per mafia. Tra le principali, si evidenzia la necessità di ampliare la trasparenza, pubblicando integralmente i documenti relativi allo scioglimento.
Le relazioni delle Commissioni di accesso dovrebbero diventare accessibili al pubblico, incluso il motivo dell’archiviazione. Si propone di mettere in luce le misure di risanamento adottate dalle commissioni straordinarie e di comunicare ufficialmente l’avvio della procedura di accesso.
Inoltre, si suggerisce la creazione di un nucleo prefettizio per la nomina della commissione straordinaria e l’adozione di misure per garantire una rotazione del personale, spezzando legami collusivi. La proposta include anche l’estensione dello scioglimento a società partecipate e consorzi pubblici.
Conclusioni
Il report ci consente di definire l’implementazione della legge sugli scioglimenti degli Enti locali per infiltrazione mafiosa dal 1991 ha visto 383 decreti, con una frequenza di uno al mese, evidenziando una persistente minaccia. Il 72% degli enti sciolti sono Comuni di dimensioni ridotte, sotto i 20.000 abitanti, rivelando l’ampia portata delle infiltrazioni mafiose soprattutto in contesti periferici.
L’indagine consente di evidenziare come le organizzazioni criminali mirano a controllare ogni aspetto della vita economica e amministrativa degli enti locali, privilegiando il controllo di appalti e lavori pubblici. Un cambiamento significativo si osserva nel comportamento delle mafie nel centro-nord, con un’adozione di strategie più silenziose e focalizzate sull’accumulo di ricchezza e riciclaggio.
Nonostante minacce durante le campagne elettorali, la mafia settentrionale adotta un approccio utilitaristico, sfruttando opportunità di profitto e coinvolgendo settori dell’imprenditoria locale. La continuità dei vertici degli enti locali nonostante plurimi scioglimenti rappresenta una sfida persistente.
In conclusione, la lotta contro le infiltrazioni mafiose richiede un impegno costante e, specialmente nel centro-nord, sottolinea la necessità di strategie anti-corruzione mirate e di un coinvolgimento attivo della società civile per preservare l’integrità e la trasparenza delle istituzioni locali, assicurando un futuro più sicuro per le comunità coinvolte.
Fonte Dati: Report Dossier – Sintesi