Aumentano velocemente i numeri dei contagi da Coronavirus in Cina e, seppur contenuti, anche nel resto del mondo. Leggendo alcuni articoli sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Nature, già nel 2017 l’autore David Cyranoski sosteneva che alcuni scienziati fuori dalla Cina si preoccupavano della fuga di agenti patogeni che potevano anche far nascere tensioni geopolitiche mondiali.
Ma mentre qualcuno si preoccupava, la Cina festeggiava l’attivazione di un laboratorio all’avanguardia, quello di Wuhan, dove studiare i più pericolosi patogeni esistenti.Oggi, alla luce della nuova epidemia, torna in mente quella preoccupazione.
Si può contenere l’epidemia? Esiste un indice noto come R0 che indica il numero medio di contagi che ogni persona infetta può causare e che per esempio per l’influenza stagionale ha un valore di circa 1,3. Sull’epidemia cinese, alcuni calcoli preliminari,ma non certi, indicano un R0 da 1,4 a 2,5 per persona infetta. Il tasso di mortalità è finora stimato al 2%.Consideriamo che la normale influenza ha un tasso di mortalità dello 0,14 per cento e ogni anno nel mondo la normale influenza stagionale colpisce milioni di persone. Nei paesi dove i sistemi sanitari sono all’avanguardia il problema sarà quindi certamente contenuto e controllato.
Sempre su Nature, in un articolo del 22 gennaio 2020 (Callaway e CyranoskiNature 577, 605-607), si legge che Raina MacIntyre, epidemiologa presso l’Università del New South Wales a Sydney in Australia, afferma che, sebbene l’aumento dei casi rifletta probabilmente un aumento dei test per rilevare il virus, è un quadro molto dinamico e, fino a quando non si avrà una indicazione che i casi stanno diminuendo, la preoccupazione non cesserà.
Ma sempre la MacIntyre nota anche che i ricercatori hanno qualche difficoltà nel prevedere come si diffonde l’epidemia perché i dati del case report pubblicati dalle autorità cinesi sono incompleti. Uno studio di confronto tra la SARS e le sequenze del nuovo coronavirus, pubblicato il 16 gennaio su SCIENCE CHINA Life Sciences da Xu et al., ha scoperto che probabilmente entrambi i virus si legano allo stesso recettore studiato nella SARS e il team di ricercatori spera così di sviluppare e adattare un farmaco che potrebbe funzionare anche contro quest’ultimo virus. Ma, finora, nessun farmaco ha dimostrato di essere efficace nel trattamento della SARS o di altre infezioni da coronavirus nell’uomo e nessun vaccino per prevenire queste infezioni è stato autorizzato.“Per testare farmaci e vaccini e per studiare a fondo il virus è essenziale che i virus siano condivisi”, ha dichiarato Maria Van Kerkhove, epidemiologa delle malattie infettive dell’Organizzazione mondiale della sanità a Ginevra in una conferenza stampa del 29 gennaio.
E per fortuna, il lavoro incessante dei nostri ricercatori allo Spallanzani di Roma ha fatto si che il codice genetico del virus venisse isolato (era già stato isolato in Cina, mai cinesi non lo avevano distribuito). Questo è un passo importante perché adesso i dati ottenuti saranno a disposizione della comunità internazionale per studiare nuovi test di diagnosi e nuovi vaccini. Un’altra speranza ce la dà Rolf Hilgenfeld,dell’Università di Lubeck in Germania, che ha già lavorato per trovare una cura per la SARS sin dal 2002.
Hilgenfeld spera di entrare a Wuhan per lavorare con i ricercatori cinesi e testare due composti che attaccano le proteasi virali che hanno caratteristiche comuni sia nei coronavirus che negli enterovirus, e che hanno dato buoni risultati sulle cellule e sugli animali infetti, ma non sono stati ancora testati sull’uomo. Insomma, l’Europa,in casi di emergenza, è sempre pronta a dare dimostrazione di competenza, serietà e speranza.