La crisi economica derivata dall’emergenza coronavirus continua a produrre danni fra le piccole e medie imprese.
La chiusura forzata imposta dal covid-19 e le scadenze economiche a cui far fronte stanno mettendo sotto pressione gran parte del tessuto economico del paese. Nei giorni scorsi, ci aveva pensato Sicindustria a sottolineare la situazione deficitaria della stragrande maggioranza degl imprenditori siciliani.
Fra i settori più danneggiati vi è quello della ristorazione. Oltre ad essere chiusi dal 9 marzo, i titolari di bar e ristoranti hanno subito ingenti perdite economiche sui fatturati anche nel mese di febbraio, a causa della diffusione del covid-19, che ha spinto molte persone a restare a casa per paura del contagio. Risultato? Incaso ridotti all’osso e danni finanziari per i locali e i ristoranti di tutto il Bel Paese.
Oggi ascoltiamo le parole di Francesco Capizzi, Ciccio per gli amici, titolare del Fusorario Risto – Pub, storico locale di Palermo sito nei pressi dell’Olivella.
LA STORIA DI FRANCESCO CAPIZZI
“Il Fusorario è stato aperto nel 1993, mentre io lo gestisco dal 2000. Ho due dipendenti e cerco di fare il possibile per tenere in piedi la mia piccola impresa. Il 9 marzo è arrivata la chiusura delle attività commerciale di ristorazione. Fra queste, vi è anche la mia. Una chiusura che è stata gestita male secondo me, in quanto lo Stato italiano non è stato in grado di favorire sussidi ed aiuti per le imprese. Non puoi fermare tutto a tempo indefinito senza avere un piano“.
IL PIANO DI PRESTITI
Durante la diretta Facebook di ieri, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato la nuova manovra economica, in attesa delle decisioni dell’Eurogruppo. Una mossa che permetterà di sbloccare circa 400 miliardi di prestiti per le imprese nazionali, attraverso la garanzia da parte dello Stato. Una mobilitazione di denaro che, secondo Ciccio, potrebber rivelarsi un’arma a doppio taglio per le attività commerciali.
“Così crei semplicemente altri debiti. Se fallisco per i fatti miei perchè la mia azienda è in perdita, vuol dire che non so gestire io e quindi chiudo. Ma se io sono un’azienda in attivo e tu Stato, per ragioni sanitarie comprensibili, fai chiudere tutto creando un passivo per le imprese, mi dovresti quantomeno risarcire per permettermi di andare avanti. Non mi puoi dare soltanto 600 euro, con cui ci pago mezzo affitto, lasciandomi poi al mio destino“.
L’ITALIA E GLI ALTRI STATI EUROPEI
Misure che, se paragonate agli altri paesi dell’Eurozona, risultano ancora insufficienti.
“L’Italia non sta facendo nulla per salvare concretamente le aziende. Sono mosse per tenere in piedi il sistema del welfare. Noi attività paghiamo tanti strumenti di sostegno sociale, fra cui cig, pensioni, ecc. Gli altri Stati europei, leggasi la Germania per esempio, stanno concedendo soldi a fondo perduto, immettendo liquidità in tempi rapidi per i titolari e i propri dipendenti. Se i tedeschi mettono in campo 350 miliardi e l’Italia una cinquantina, c’è qualcosa che non va. Serve molto di più per salvare le aziende, queste sono caramelle“.
L’APPELLO ALLE ISTITUZIONI
Infine, Francesco lancia un messaggio alle istituzioni nazionali, chiedendo di fare qualcosa in più per le partite Iva.
“Ci può stare il finanziamento, ma almeno il 50 o il 60% deve essere a fondo perduto. Lo Stato deve fare la sua parte. Se si fermasse il tessuto economico delle piccole e medie imprese, le conseguenze economiche potrebbero essere devastanti per tutti“.
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