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Coronavirus: morto lo scrittore cileno Luis Sepulveda

giovedì 16 Aprile 2020
Sepulveda

Non ce l’ha fatta lo scrittore cileno, Luis Sepulveda (4 ottobre del 1949) a sconfiggere il Coronavirus, contratto settimane fa insieme alla moglie Carmen Yáñez.

In questi giorni le notizie sul suo peggioramento si erano rincorse per poi essere smentite, fino all’annuncio di oggi.

Scrittore tra i più acclamati negli ultimi decenni, a livello internazionale, soprattutto per la sua formazione, culturale e politica, che ne ha influenzato la produzione letteraria, Sepulveda deve la sua formazione soprattutto al nonno paterno, Gerardo Sepulveda Tapia, e allo zio Pepe, entrambi anarchici.

Esordì all’età di vent’anni con il libro di racconti, “Crònicas de Pedro Nadie”, con il quale ricevette il Premio Casa de las Americas e una borsa di studio per corsi di drammaturgia presso l’Università Lomonosov di Mosca.

Già iscritto alla Gioventù comunista, al ritorno da Mosca entra nelle file dell’Ejercito de Liberacion Nacional in Bolivia.

È negli intervalli tra un’azione militare e l’altra che coltiva la passione per la scrittura, diplomandosi nel frattempo come regista teatrale, facendo il giornalista radiofonico e, tra l’altro, dirigendo una cooperativa agricola.

Nel 1973, con il colpo di stato di Augusto Pinochet, comincia il periodo più buio per Supelveda: arrestato e torturato, per sette mesi è tenuto prigioniero in uno stanzino angusto.

Fu grazie all’intervento di Amnesty International che, dopo numerosi appelli, riuscì ad ottenere la sua liberazione a prezzo dell’esilio per otto anni.

Sepulveda

Seguono una serie di spostamenti, tra Brasile, Paraguay, Ecuador, Amazzonia, Nicaragua, Amburgo e infine Spagna. Ogni viaggio e nuova realtà sono spunto per lo scrittore di Ovalle per l’ispirazione di racconti o romanzi.

Tra i più famosi ricordiamo: “Il vecchio che leggeva Romanzi d’amore”, “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, che lo consacrò nel panorama internazionale, e in seguito “Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico”, “Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza”, “Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà”.

Un legame particolare, inoltre, lo legava alla Sicilia: “Tanti anni fa – dichiarò in una circostanza – la mia casa editrice, che è la stessa di Andrea Camilleri, mi dice che lui sarebbe arrivato da lì a poco in Spagna e aveva il desiderio di salutarmi. No, dissi io. Sono io che voglio salutare lui. Ho un’ammirazione enorme verso Camilleri, così come verso tanti altri autori siciliani da Luigi Pirandello a Leonardo Sciascia. La sicilianità è qualcosa di straordinario, l’aspetto che amo di più della Sicilia. È un’attitudine umana, una forma dell’essere che si traduce in qualità come per esempio l’ospitalità, un pregio tipico dei siciliani“.

Noi lo salutiamo con questa frase che sintetizza tutta la sua vita: “Le mie storie sono scritte da un uomo che sogna un mondo migliore, più giusto, più pulito e generoso“.

 

 

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