“Nessuno mi chieda di tagliare gli stipendi dei dipendenti dell’Ars”. Alla prima conferenza ufficiale da presidente dell’Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè affronta senza timori e inibizioni il tema spinoso dei costi del Palazzo ed in particolare degli stipendi dorati dei suoi dipendenti. Al contrario mette subito le mani avanti.
La sua posizione è in netta controtendenza al sentire popolare, sempre molto incline all’indignazione quando si trova al cospetto delle retribuzioni da favola, dei bonus e dei benefit percepiti da dirigenti, funzionari e finanche dai semplici impiegati. Sì perchè, in virtù della sua speciale autonomia, l’Assemblea regionale siciliana è equiparata al Senato e con essa anche le retribuzioni del personale e le indennità dei parlamentari regionali.
Addirittura proprio grazie all’autonomia i deputati e i sindacati dei lavoratori dell’Ars hanno attutito i tagli imposti dal governo nazionale, allora guidato da Mario Monti, riuscendo ad applicare dei limiti più alti di quelli stabiliti per i dipendenti di Palazzo Madama, nello specifico il 10% in più.
Oggi gli assistenti parlamentari dell’Ars possono guadagnare fino a un massimo di 117mila euro lordi l’anno, i tecnici 129mila, i coadiutori 142mila, i segretari 187mila e gli stenografi 235mila. E con la scadenza in vista dell’accordo sui tetti, il 31 dicembre prossimo, potrebbero tornare gli stipendi del passato o crescere ulteriormente.
Si tratta quindi di somme ragguardevoli, molto più alte di quelle corrisposte ai loro pari grado dei consigli regionali delle altre regioni italiane che gridano allo scandalo. Ma Miccichè non è dello stesso avviso. “Non faro’ demagogia. Il taglia-taglia o viva la poverta’ non mi appartiene, ma la trasparenza dell’amministrazione sara’ assoluta”.