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“Cronaca di una tragedia” o “Letteratura contemporanea”? Cos’è “Il pane perduto” di Edith Bruck?

venerdì 20 Agosto 2021
Edith Bruck

C’è stato un periodo della mia vita, durato quasi un decennio, negli anni Novanta, che ogni anno compravo i libri delle cinquine dei finalisti dello Strega e del Campiello. La mia aspettativa era quella di trovare e di leggere degli eccellenti romanzi, ma soprattutto di leggere “Letteratura”, per intenderci, quella che avrebbe dovuto competere con miei scrittori preferiti, che leggo e rileggo da sempre: Sciascia, Bufalino, Pirandello, Verga, Capuana, Moravia, Eco, Kafka, Musil, Calvino, Philip Roth, Dostoevskij, Anaïs Nin, Proust, Bukowski, Schnitzler… e altri ancora che non riporto qui perché sarebbe un elenco infinito e noioso!

I libri che ho divorato e amato di questi grandi della letteratura occidentale li tengo in pila poggiati nelle mie due scrivanie di lavoro, quella di città, Palermo, e quella della villetta dei miei, Montelepre. Quando lavoro, li sento lì accanto a me perché ogni tanto possa alzare lo sguardo e possa vederli vicini come se fossero tante copertine di Linus che mi rincuorano e mi danno la forza della parola e la voglia, solo la voglia, di utilizzarla con la stessa loro maestria. La loro lettura nutre il mio bisogno primario di “masticare” letteratura come se fosse un chewing gum intriso all’inverosimile di taurina che dopo averlo infilato in bocca tra la lingua e il palato ti fa scattare repentinamente come una molla carica di nuova energia e ti fa riprendere a lavorare con una forza che un attimo prima s’era sopita! Non è la storia che mi interessa, mi interessa come è scritta e narrata, in una parola, mi interessa quella che si chiama “Letteratura”, la magica arte dello scrivere, di comporre frasi che sappiano generare emozioni! I miei Maestri, gli autori che rileggo sempre, anche solo per qualche pagina, riescono sempre a soddisfare questo mio bisogno primario di nutrimento letterario, in modo semplice e disarmante al contempo. Allora penso che quella scrittura è magia, e lo è perché è letteratura! I libri degli autori delle cinquine dei dieci anni di fila che ho comprato negli anni Novanta, di cui ho scritto sopra, nessuno di loro, mai, è riuscito a generare in me la stessa magia letteraria. Sono stati autori fugaci come comete d’agosto di cui nessuno ricorda più neanche il nome! Tranne, per me, i siciliani: Consolo e Maraini! Così è se vi pare!

Ci sono due tipologie di scrittura: la “Letteratura” e “tutto il resto”, parafrasando una celebre frase che Duke Ellington disse rispondendo alla domanda di un giornalista che gli chiedeva quale fosse la buona musica: «Ci sono due tipi di musica: la buona musica e tutto il resto».

Ma perché questa premessa se devo scrivere del romanzo che ha vinto il Premio Strega Giovani 2021?

A questo punto è necessario un prologo.

Occorre dire, per i lettori che non conoscessero Edith Bruck, che l’autrice de “Il pane perduto” è Donna di cultura, giornalista, scrittrice, poeta, regista teatrale e televisiva, con una lunga carriera di successi e riconoscimenti artistici e culturali. Questo è un fatto indiscutibile. È una Donna che ha vissuto esperienze di vita indicibili e drammatiche che con una forza temeraria e una determinazione straordinaria, come narra anche nel suo ultimo libro “Il pane perduto”, è riuscita a superare e, per certi versi, a sublimare in arte e conoscenza attraverso le sue opere, perché, anche attraverso il suo contributo e la sua testimonianza, quell’atroce periodo storico non cadesse nell’oblio. Edith Bruck ha tenuto centinaia di conferenze nelle scuole italiane parlando a bambini e giovani studenti della sua atroce esperienza di vittima del nazismo tedesco. Ai ragazzi ha sempre portato, e porta tutt’ora, attraverso i suoi scritti e i suoi interventi pubblici, un messaggio di conoscenza dei fatti e di speranza nel futuro che l’hanno salvata dall’odio verso i suoi aguzzini e verso tutti gli irredimibili nostalgici di quel demoniaco periodo storico. Edith Bruck è una di quelle Donne che dovrebbero popolare in abbondanza il nostro pianeta e dovrebbero essere un esempio per tutti noi, uomini e donne. Anche questo è un fatto indiscutibile e insindacabile.

I finalisti al Premio Strega 2021

Il 7 luglio 2021, su Rai 3, l’ho ascoltata con attenzione e curiosità nell’intervista concessa in occasione della serata di premiazione del Premio Strega 2021, tenuta a Roma al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Edith Bruck è donna raffinata, elegante, di grazia, che nel parlare utilizza un linguaggio semplice e diretto. L’ho ammirata e apprezzata per come si è posta, per come ha parlato della sua vita, del suo amore durato oltre sessant’anni, degli ultimi dieci anni di sofferenza del suo compagno di vita, ma anche della felicità per aver potuto donarsi totalmente al suo amore oramai vecchio, malato e non più autonomo. Le sue parole mi hanno emozionato e l’ho ammirata. Edith Bruck è una donna che non eccede in vittimismo e commiserazione, ne utilizza opportunisticamente la tragedia vissuta. Ne parla con un distacco narrativo e, al contempo, con una partecipazione emotiva che avvolgono l’ascoltatore in una dimensione empatica potente. Racconta la sua vita con equilibrio, sobrietà, misura, il suo raccontare è totalmente privo degli sgradevoli eccessi tipici dei noti opinionisti italici che affollano nevroticamente i talk show più seguiti delle TV. Insomma, ha una personalità elegante e potente al contempo: anche questo è indiscutibile!

I suoi sono pregi e qualità rare che poche vittime di quel periodo storico – dell’una e dell’altra parte della sua generazione, bellica e post-bellica, note al grande pubblico e che vengono spesso ospitate da TV e mass media di tutte le estrazioni – posseggono!

Da quella sera, il 7 luglio 2021, sono diventato un suo ammiratore, un suo fan, e per quello, dopo averla ascoltata su Rai 3, ho deciso di comprare e leggere il suo libro.

Vedi su Ray Play dal minuto 00:55:15 al minuto 01:05:00, l’intervista a Edith Bruck di Geppi Cucciari, conduttrice della serata di premiazione del Premio Strega 2021:

https://www.raiplay.it/programmi/premiostrega

Ma fatta questa premessa, voglio scrive qualche riga su questo romanzo. Quello che scriverò esula dalla mia premessa e riguarda solo ed esclusivamente l’opera letteraria “Il pane perduto”. Quando leggo un libro, un romanzo, un saggio, un racconto, faccio sempre così: non mi interessa e non mi lascio influenzare da chi lo ha scritto, leggo quello che c’è scritto e mi immergo in quella scrittura e nelle emozione che saprà generarmi oppure no.

Come ho scritto altre volte, non sono uno scrittore, non sono un esperto di letteratura contemporanea, non sono un critico letterario, e quindi la mia opinione è quella di “uno vale uno”, ovvero nulla! Ma tant’è!

Questo è quello che ho pensato dopo avere letto il libro e aver chiuso la plastica copertina:

Il romanzo di Bruck è una successione di descrizioni e di scene che spesso per il lettore risulta distonica, disarmonica, patchwork! La scrittura è distaccata, descrittiva, fredda, a tratti disorientante, che lascia trasparire una sorta di estraneamento narrativo di matrice freudiana quale necessario e indispensabile “meccanismo di difesa” che da questa prospettiva clinica e psicopatologica, per induzione, fa comprendere al lettore quanto sia stata devastante l’esperienza della protagonista vissuta in successione nei sei campi di concentramento tedeschi che l’hanno tenuta segregata nel terrore quotidiano, quanto sia stato doloroso e tragicamente deludente il successivo tortuoso rientro a “casa”, e quanto sia stato incerto e ricco di imprevisti il processo di reintegrazione e rinascita all’interno della propria famiglia e della comunità di esuli ebrei ritrovati, sparsi e indesiderati nell’Europa intera, col sogno di abitare la Terra Promessa, la Palestina, o un luogo sicuro e libero, come la nostra Napoli che Bruck ha scelto dopo aver girovagato per mezza Europa. Napoli che l’ha accolta come solo una città del sud Italia sa fare.

Il razzismo culturale e di classe (di casta, etnico, religioso…) vissuto dalla protagonista del romanzo, sperimentato sin dalla sua felice seppur povera infanzia all’interno del suo piccolo villaggio ungherese, la comunità ebraica di appartenenza, traccia l’inizio della storia. Una storia che ha questo filo conduttore: il sospetto, la paura, l’esclusione, i pregiudizi religiosi, culturali, di classe, il “razzismo contagioso”… «“Tu stai zitta, non ti riguarda, ripeti cinque volte il nostro Signore Cristo è risorto” | “Io non posso” balbettava la povera Ditke terrorizzata | “Allora vattene!” E lei sfatta dalla vergogna volava a casa. Non come quando sventolava la cartolina-premio con la rondine, ma accecata dalle lacrime (…) | “Non è la fine del mondo, non disperarti” la consolavano la madre, la sorella e il fratello; tutti si mostravano così buoni e amorevoli, come se intuissero il vero motivo di quel pianto, l’ennesimo episodio di razzismo contagioso.» (p.22).

Un filo conduttore che esplode col nazismo tedesco, nelle tragedie immani che tutti conosciamo e che mai hanno avuto giustizia, né terrena né divina! Con la deportazione della piccola Ditke, della sua famiglia e degli abitanti del suo villaggio, tutto è amplificato, diventa orrore, terrore, morte, violenza demoniaca, sadica, brutale, folle, se la follia può essere attribuita a esseri quali Adolf Hitler e a tutti i tedeschi di allora che lo hanno seguito con entusiasmo e senza mai mettere in dubbio il suo folle progetto di costruire il “Sogno hitleriano”, di costituire una società che rispondesse ai canoni della “razza ariana”, la considerata “razza pura”, quella tedesca ovviamente! L’emarginazione e le esclusioni vissute dalla protagonista sin da bambina, lasciano capire con forza e lucidità espositiva, come le discriminazioni e il razzismo culturale e di classe sociale (di casta, etnico, religioso…) siano radicati e diffusi in ogni dove, in tutte le culture, a tutte le latitudini. Un razzismo che trovò la massima demoniaca espressione nel popolo tedesco del Novecento seguace e complice del Terzo Reich Adolf Hitler.

Quello stesso razzismo di casta e socio-economico di cui parla il bravissimo e giovane regista indiano Ramin Bahrani nel suo brillante e strepitoso film “La tigre bianca” che la cultura occidentale, dall’estrema punta della fiamma della fiaccola della Statua della Libertà di New York all’italica punta affilata dell’alabarda della Madonnina del Duomo di Milano, ha cercato in tutti i modi di silenziare e far passare inosservato al grande pubblico cinematografico. Opera cinematografica e culturale, quella di Ramin Bahrani, che invece, avrebbe meritato il Golden Globe Award 2021 come miglior film, e dall’Academy Award, al contempo, di entrare nella cinquina dei candidati agli Oscar 2021 come best film.

Ma questa, è ovvio, è un’altra storia!

Per i lettori di questo articolo che volessero saperne di più sul bellissimo film di Ramin Bahrani, che come detto parla di razzismo di casta, di razzismo culturale e ideologico, di discriminazione sociale e di genere, di donne considerate esseri inferiori solo perché donne, di emarginazione e violenza intra-culturale, di tradimenti, di corruzione, di collusione, di “razzismo contagioso” e di altre questioni che ritroviamo, per certi versi, in un imprevedibile parallelismo, ne “Il pane perduto” di Edith Bruck all’interno della sua comunità di ebrei d’Ungheria che descrive nel romanzo, basta leggere l’articolo sul film di Bahrani di qualche mese fa. Eccolo:

L’ascesa sociale di un ragazzo povero nella corrotta “democrazia” indiana … “La tigre bianca” (2021) di Ramin Bahrani | su Netflix dal 22 gennaio 2021

“La tigre bianca” (2021) di Ramin Bahrani su Netflix dal 22 gennaio

 

Ma detto ciò, quello che penso adesso è questo: se avessi il prestigio culturale che certamente non ho, e se avessi al contempo l’autorevolezza intellettuale (anche quella ahimè risaputamente assente!), chiederei ai membri della giuria del “Premio Strega 2021” e del “Premio Strega Giovani 2021” che hanno votato in maggioranza quest’opera, solo per capire, dal basso della mia indiscutibile ignoranza plebea siciliana, cosa hanno votato tanto da far entrare nella cinquina dei romanzi candidati alla vittoria del Premio Strega 2021 “Il pane perduto”, e cosa hanno votato per considerare l’opera di Bruck quale migliore opera letteraria alla quale attribuire il Premio Giovani Strega 2021. Ad ognuno di loro farei queste semplici domande: avete votato…

1) la Donna che ha vissuto una vita dolorosa, di disumane ingiustizie, di gravi crimini contro l’umanità, ma che ha saputo sopravvivere e a lenti passi, con forza e determinazione rinascere e diventare una donna veramente libera e indipendente?

2) la storia raccontata nel libro narrata con una scrittura distaccata e oggettiva da cronaca giornalistica?

3) la scrittura dell’autrice che rappresenta un riferimento e un modello indiscutibile di “letteratura contemporanea”, quella del Ventunesimo secolo?

4) un libro per non dimenticare mai, che fissa la memoria in un periodo storico tra i più terribili della storia dell’Uomo su questo pianeta?

5) la Donna, scrittrice e giornalista, e la storia della sua vita, che rappresenta per i giovani contemporanei della Generazione Z un grande esempio di vita, di rinascita e di integrazione culturale in un Paese che l’ha accolta, ospitata e adottata con amore e solidarietà?

6) Altro.

Ma mentre scrivo queste poche righe, sono perfettamente consapevole del fatto che mai nessuno dei membri della Giuria del Premio Strega 2021 risponderà a nessuna delle domande poste. Per due motivi:

1) nessuno di questi importanti e prestigiosi scrittori e intellettuali leggerà mai il mio articolo.

2) laddove qualcuno di loro, per puro e accidentale caso, dovesse leggerlo, perché mai dovrebbe rispondere alle domande di un ignorante plebeo siciliano che nulla capisce di queste cose?

FINE!

Andrea Giostra

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Post scriptum:

Cosa è “Cronaca” e cosa è “Letteratura”? Per avere una definizione condivisa ed oggettiva su questi due modi di scrivere e di descrivere fatti, ho chiesto al mio consulente di fiducia, Treccani, che così mi risponde:

«crònaca: 1. a. Narrazione di fatti esposti secondo la successione cronologica (senza alcun tentativo di interpretazione o di critica degli avvenimenti), che costituisce la forma primitiva della narrazione storica e pertanto si trova agli inizî della storiografia di tutti i popoli, per poi acquistare particolare rilievo nell’età medievale. Tipiche del medioevo furono le cronache di tipo universalistico, più tardi le cronache monastiche (desunte spesso dai cartularî delle donazioni di papi, imperatori, ecc.) e le cronache cittadine, intese a esporre una serie di avvenimenti compresi in un arco di tempo relativamente circoscritto.»

«letteratura: In origine, l’arte di leggere e scrivere; poi, la conoscenza di ciò che è stato affidato alla scrittura, quindi in genere cultura, dottrina. Oggi s’intende comunemente per l. l’insieme delle opere affidate alla scrittura, che si propongano fini estetici, o, pur non proponendoseli, li raggiungano comunque; e, con significato più astratto, l’attività intellettuale volta allo studio o all’analisi di tali opere. Con accezione più ristretta (calco del ted. Literatur), il termine indica l’insieme degli scritti relativi a una scienza, arte o disciplina.»

 

Edith Bruck

Sinossi de “Il pane perduto” tratta dal sito ufficiale de “La nave di Teseo”:

«Per non dimenticare e per non far dimenticare, Edith Bruck, a sessant’anni dal suo primo libro, sorvola sulle ali della memoria eterna i propri passi, scalza e felice con poco come durante l’infanzia, con zoccoli di legno per le quattro stagioni, sul suolo della Polonia di Auschwitz e nella Germania seminata di campi di concentramento. Miracolosamente sopravvissuta con il sostegno della sorella più grande Judit, ricomincia l’odissea. Il tentativo di vivere, ma dove, come, con chi? Dietro di sé vite bruciate, comprese quelle dei genitori, davanti a sé macerie reali ed emotive. Il mondo le appare estraneo, l’accoglienza e l’ascolto pari a zero, e decide di fuggire verso un altrove. Che fare con la propria salvezza? Bruck racconta la sensazione di estraneità rispetto ai suoi stessi familiari che non hanno fatto esperienza del lager, il tentativo di insediarsi in Israele e lì di inventarsi una vita tutta nuova, le fughe, le tournée in giro per l’Europa al seguito di un corpo di ballo composto di esuli, l’approdo in Italia e la direzione di un centro estetico frequentato dalla “Roma bene” degli anni Cinquanta, infine l’incontro fondamentale con il compagno di una vita, il poeta e regista Nelo Risi, un sodalizio artistico e sentimentale che durerà oltre sessant’anni. Fino a giungere all’oggi, a una serie di riflessioni preziosissime sui pericoli dell’attuale ondata xenofoba, e a una spiazzante lettera finale a Dio, in cui Bruck mostra senza reticenze i suoi dubbi, le sue speranze e il suo desiderio ancora intatto di tramandare alle generazioni future un capitolo di storia del Novecento da raccontare ancora e ancora.

Il pane perduto di Edith Bruck ha vinto il Premio Strega Giovani 2021 ed è stato tra i finalisti del Premio Strega 2021.»

Edith Bruck, “Il pane perduto”, La nave di Teseo ed., Milano, 2021

Bio di Edith Bruck:

Edith Bruck, di origine ungherese, è nata nel 1931 in una povera, numerosa famiglia ebrea. Nel 1944, poco più che bambina, il suo primo viaggio la porta nel ghetto del capoluogo e di lì ad Auschwitz, Dachau, Bergen-Belsen. Sopravvissuta alla deportazione, dopo anni di pellegrinaggio approda definitivamente in Italia, adottandone la lingua. Nel 1959 esce il suo primo libro Chi ti ama così, un’autobiografia che ha per tappe l’infanzia in riva al Tibisco e la Germania dei lager. Nel 1962 pubblica il volume di racconti Andremo in città, da cui il marito Nelo Risi trae l’omonimo film. È autrice di poesia e di romanzi come Le sacre nozze (1969), Lettera alla madre (1988), Nuda proprietà (1993), Quanta stella c’è nel cielo (2009, trasposto nel film di Roberto Faenza Anita B.), e ancora Privato (2010), La donna dal cappotto verde (2012). Presso La nave di Teseo sono usciti La rondine sul termosifone (2017), Ti lascio dormire (2019) e Il pane perduto (2021, candidato al LXXV premio Strega). Nelle sue opere ha reso testimonianza dell’evento nero del XX secolo. Nella sua lunga carriera ha ricevuto diversi premi letterari ed è stata tradotta in svariate lingue. È traduttrice tra gli altri di Attila József e Miklós Radnóti. Ha sceneggiato e diretto tre film e svolto attività teatrale, televisiva e giornalistica.

“Il pane perduto” di Edith Bruck è stato proposto al Premio Strega 2021 da Furio Colombo con questa motivazione:

https://premiostrega.it/PS/il-pane-perduto-2/

«L’ultimo libro di Edith Bruck (Il pane perduto, La nave di Teseo) unisce in un’unica grande opera ciò che l’autrice ha visto, vissuto, pensato e scritto: un’amorevole dolcezza prosciuga altri sentimenti (come l’odio legittimo per l’orrore e i carnefici), perché Edith è salva e tenuta in vita da un legame fortissimo, un misto di orgoglio e pietà affettuosa per chi, come lei, è stata spinta nella galleria dell’orrore. Nella visita sul fondo della memoria Edith ripercorre il miserabile inferno preparato meticolosamente dai suoi aguzzini (tornati come in un incubo), vittime di una solitudine che si nutre di morti. Ma la vita è troppo forte e l’istinto, ancora bambino, di saltare avanti è troppo grande. E quando, nella realtà come in questo nitidissimo racconto, vita e morte, distruzione e futuro si spaccano, Edith è già saltata sul lastrone della vita. E qui il libro diventa un racconto che devi leggere fino all’ultima pagina, di storia, di vita, di amore.»

Edith Bruck, “Il pane perduto”, La nave di Teseo ed., Milano, 2021

https://www.lanavediteseo.eu/item/il-pane-perduto/

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Intervista di Edith Bruck per il “Premio Strega 2021”:

La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura – Edith Bruck

La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura – Edith Bruck:

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