Il museo Pitrè di Palermo riapre lo scrigno nel quale custodisce le testimonianze di usi e costumi del popolo siciliano. Dal 10 marzo, dopo una chiusura durata cinque anni e mezzo, sarà di nuovo aperto al pubblico sia pure con le limitazioni imposte dalle misure anti Covid. I lavori di ristrutturazione, durati più del previsto per complicazioni burocratiche, hanno creato nuovi spazi e rinnovato le esposizioni. L’impianto originario, creato nel 1935 dall’etno-antropologo Giuseppe Cocchiara che diresse il museo per trenta anni, è stato rifatto secondo un progetto di Giuseppe Pagnano che nel frattempo è morto. I lavori sono quindi proseguiti con la direzione di Carmelo Russo.
Le sezioni museali create da Pagnano sono sedici. Nel nuovo allestimento si è aggiunta la sala dedicala a Pitrè. Accoglie il ritratto di Pitrè firmato da Eleonora Arangi e alcuni suoi oggetti personali di uso quotidiano come il pennino, il calamaio, gli occhiali, la scrivania da lavoro. Un angolo della sala è dedicato a Cocchiara, autore quando aveva appena diciannove anni del libro “Popolo e canti nella Sicilia d’oggi“: una raccolta di testi popolari raccolti nella Val Demone e soprattutto a Mistretta suo paese natale.
Saranno aperte al pubblico anche le cucine reali e l’antico teatrino dei pupi di Cocchiara che è stato restaurato dal museo delle marionette Antonio Pasqualino. Le donazioni dei privati degli ultimi anni si sono aggiunte agli oltre settemila reperti della collezione. Nel patrimonio del museo c’è anche una biblioteca con oltre 24 mila volumi tra cui alcune preziose cinquecentine, manoscritti e testi rari. Il museo Pitrè venne fondato nel 1910 dal medico etnologo che lo aveva concepito come custode di quella “parte della storia che i dotti non hanno scritta, ma che il popolo ha lasciato nei suoi costumi, nelle sue usanze, nelle sue credenze, nei suoi riti“.
Pitrè si era dedicato alla raccolta e allo studio delle testimonianze degli usi e costumi, dell’arte e della vita del popolo siciliano. Nel tempo aveva raccolto una collezione straordinaria donata poi al Comune. Fu Giuseppe Cocchiara ad allestire il museo nella “casina cinese” che alla fine del Settecento era stata realizzata dall’architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia all’interno del parco della Favorita. In questa palazzina il re Ferdinando di Borbone si era rifugiato, in fuga da Napoli, dopo la proclamazione della Repubblica partenopea. In vista della riapertura al pubblico il museo aveva “acceso le luci” ospitando dal 22 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021 una rassegna di manifestazioni in streaming.