La Fondazione Sicilia inaugurerà il 17 febbraio, a Villa Zito, una mostra curata da Maria Cristina Bandera, direttrice scientifica della Fondazione Longhi, e dedicata ai pittori che hanno operato nell’Italia centromeridionale nel Seicento e nel primo Settecento, in particolare ai numerosi artisti chiamati “caravaggeschi”.
La maggior parte delle opere esposte provengono dalla Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi.
Alla pittura del Caravaggio e ai suoi seguaci Longhi ha dedicato una vita di studi riconoscendo la portata rivoluzionaria della pittura del Caravaggio, così da intenderlo come “il primo pittore dell’età moderna”.
Nella sua dimora fiorentina, villa Il Tasso, oggi sede della Fondazione, Longhi raccolse un numero notevole di opere dei maestri di tutte le epoche, che furono per lui occasione di ricerca e di studio. Tra queste il nucleo più importante e significativo è senza dubbio quello che comprende le opere dei pittori caravaggeschi, oltre al Ragazzo morso da un ramarro dello stesso Merisi da lui acquistato nel 1928 e da cui ha tratto un magnifico disegno a carboncino, firmato e datato 1930.
Il disegno sarà esposto nella sezione introduttiva della mostra, che presenta più di 30 dipinti dei seguaci di Caravaggio e di altri artisti attivi nell’Italia del Sud.
L’esposizione si aprirà con il capolavoro di Valentin de Boulogne, la “Negazione di Pietro”, che rappresenta un eccezionale esempio della cosiddetta “manfrediana methodus”, quella particolare declinazione del caravaggismo che è stata messa in opera da Bartolomeo Manfredi.
La monumentale tela, recentemente esposta al Metropolitan Museum of Art di New York e al Museo del Louvre di Parigi, raffigura un soggetto caro a tutti i caravaggeschi: l’ambientazione della scena è infatti un preciso riferimento alla famosa Vocazione di San Matteo di Caravaggio, nella chiesa di San Luigi dei Francesi.
Tra i grandi capolavori del primo caravaggismo spicca inoltre una serie di cinque tele raffiguranti gli Apostoli, in origine parte di una serie completa, del giovane Jusepe de Ribera e la Deposizione di Cristo di Battistello Caracciolo.
Nel David con la testa di Golia di Giovanni Lanfranco l’espressività caravaggesca si abbina felicemente alla poetica degli affetti.
Inclinazione verso soggetti misteriosi e bizzarri dimostra la Vanità di Angelo Caroselli, una delle migliori opere dell’artista, con possibili significati alchemici.
Nei due Paesaggi, ancora, riferibili rispettivamente a Filippo Napoletano e a Viviano Codazzi si vedono le trasposizioni delle novità caravaggesche nel genere di paesaggio con un Bivacco notturno di grande effetto drammatico del primo artista e, del secondo, la Torre di san Vincenzo a Napoli (restaurata per l’occasione) contraddistinta da forti contrasti chiaroscurali.
Il profondo radicamento dell’esempio del Caravaggio nell’arte napoletana è attestato dal David di Andrea Vaccaro (anch’esso restaurato per l’occasione) e dal drammatico San Girolamo del Maestro dell’Emmaus di Pau. Diversamente, l’Assunzione della Vergine di Antonio De Bellis, contraddistinta dalla minuziosa preziosità della tecnica esecutiva, dimostra la tendenza verso uno schiarimento della tavolozza che si verifica nell’arte napoletana nei decenni centrali del Seicento.
Nelle opere di Matthias Stom, a lungo attivo in Sicilia, si vede materializzarsi una perfetta sintesi tra la cultura nordica di partenza, legata al caravaggismo olandese, e la pittura italiana.
Il percorso prosegue con due capolavori di Mattia Preti, l’artista che più di ogni altro pittore contribuì a mantenere fino alla fine del Seicento la vitalità della tradizione caravaggesca.
La mostra comprende inoltre due capolavori di Natura morta, particolarmente variegata e ricca nella pittura napoletana, per la prima volta esposti al pubblico, la scenografica Natura morta di pesci di Giovan Battista Recco e la più quotidiana Natura morta di Tommaso Realfonzo, firmata e datata 1737 dall’artista.
Esposti anche capolavori della pittura di figura del Settecento appartenenti a due differenti correnti stilistiche, quella di respiro aulico, come Lucrezia e Cleopatra di Francesco Solimena, San Gaetano intercede per la cessazione della peste di Alessio D’Elia, e quella naturalistica esemplificata dall’irriverente Fantesca di Gaspare Traversi.
Nel percorso espositivo ci saranno, infine, quattro opere di alto valore artistico appartenenti alle Fondazione Sicilia.
Due grandi tele di Luca Giordano, artista che traghetta l’arte napoletana dal naturalismo di Ribera verso la pittura più chiara e leggera del Settecento, rappresentato da una drammatica Giuditta e da un monumentale quadro mitologico con Nettuno e Anfitrite; e Cristo e la samaritana di Mattia Preti e Salomone e la regina di Saba di Francesco Solimena che si accostano alle tele degli stessi artisti presenti nella collezione Longhi.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo che presenta tutte le opere esposte, corredate da una scheda e da una breve biografia degli artisti. Sarà inoltre sviluppato un articolato progetto didattico, rivolto sia al mondo della scuola che alle famiglie, con visite animate e laboratori.