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Un gruppo di ingegneri siciliani, dello Studio Bissanti di Palermo, ha collaborato con la società Ropatec di Bolzano alla progettazione e realizzazione del primo impianto eolico realizzato nella base italiana Mario Zucchelli a Baia Terra Nova. Questa dal 1985 ospita il laboratorio scientifico del PNRA, il Programma Nazionale di Ricerche in Antartide, finanziato dal MIUR con l’attuazione logistica dell’ENEA e il coordinamento scientifico del CNR.
L’installazione consentirà alla base di avere l’energia necessaria tutto l’anno, di risparmiare 24mila litri di combustibile equivalenti a quasi 80mila euro.
Si tratta di una conquista tecnologica che riconosce anche il valore delle eccellenze Made in Sicily che però hanno difficoltà ad emergere ed affermarsi nella propria terra natale.
Roberto Bissanti (il primo nella fotogallery in alto, ndr), cosa si prova ad aver collaborato ad un’impresa così importante?
Una grande soddisfazione nell’essere parte di un progetto ambizioso, fatto di donne e uomini che mettono passione, speranze e competenze a servizio del progresso scientifico e tecnologico. Anche se oggi grazie alle tecnologie dell’informazione è possibile comunicare agevolmente anche con questi luoghi remoti, queste persone hanno le stesse ambizioni e lo stesso trasporto dei pionieri del polo sud dell’inizio secolo scorso.
Oltre alla grande soddisfazione sono anche pervaso da una grande amarezza nel constatare ancora una volta come la nostra amata isola dia così poche possibilità di sviluppare nel suo territorio le competenze che porterebbero certezze per il suo futuro. Io, d’altronde, per poter raggiungere questi obiettivi, mi divido tra Palermo e Bolzano. Mi ritengo fortunato di essere parte di questo sogno, ma come me tantissimi tecnici e lavoratori si spostano al Nord e anche in Europa per poter trovare un’occupazione necessaria quantomeno al sostentamento proprio e dei propri familiari. Tanto ancor più numerosa è la quantità di giovani siciliani che ormai compiono il proprio percorso educativo universitario lontano dalla Sicilia, spostandosi in atenei che offrono maggiori aspettative occupazionali. Questo perché, pur essendoci delle eccellenze nel mondo accademico isolano, il contesto generale, sociale e le risorse destinate alla ricerca e sviluppo non sono sufficienti a generare quel volano positivo per la formazione e il mantenimento dei nostri giovani in questa meravigliosa isola.
Qual è, in particolare, il contributo che lei e il suo team avete dato al progetto?
Il mio team si è occupato principalmente dell’integrazione dei sistemi: eolico, sistema di regolazione di carica, batterie, quadri di distribuzione e alimentazione dei carichi (utenze). Oltre gli aerogeneratori, tutti questi dispositivi sono disposti dentro container coibentati e termoregolati. Abbiamo coordinato il progetto per il corretto posizionamento di tutti i componenti dentro i container, curando specialmente gli aspetti di trasporto e usabilità di tutti i dispositivi installati, oltre alla dotazione di tutte le soluzioni per consentire all’elettronica nei container e alla meccanica degli aerogeneratori di lavorare in climi così rigidi.
Inoltre abbiamo curato e gestito tutte le operazioni di logistica per il trasporto dei container dall’Italia, via mare, sino al porto di Lyttelton in Nuova Zelanda, dove gli stessi sono stati prelevati dalla motonave Italica dell’ENEA per raggiungere la base Mario Zucchelli a Baia Terra Nova in Antartide.
Se è stato possibile applicare queste tecnologie in un clima estremo come l’Antartide sarà semplicissimo farlo in Sicilia.
In Sicilia negli ultimi anni sono stati installati diversi impianti di produzione di energia da fonte eolica di piccola taglia (cosiddetto mini-eolico). Sono macchine con potenza nominale al di sotto dei 60 kW, la cui altezza massima non supera i 40 m dal suolo. La totalità di queste macchine, a differenza di quanto fatto in Antartide, è connessa alla rete elettrica di distribuzione dell’energia e cede l’energia prodotta al GSE, che remunera i produttori con una tariffa incentivante.
Non nascondo, dato che ho curato personalmente, molte di queste installazioni, che la macchina burocratica si muove molte volte per ostacolare il cambiamento di paradigma verso la produzione distribuita dell’energia. La quantità di enti che intervengono nell’autorizzazione di questo tipi di impianti è impressionante, stiamo parlando di più di 20 tra enti e pubbliche amministrazioni. Anche se trattasi delle cosiddette Procedure Amministrative Semplificate, nell’iter autorizzativo intervengono norme che risalgono al regno d’italia e ormai sono quasi centenarie.
Cosa possono fare le istituzioni regionali per promuovere l’innovazione e lo sviluppo tecnologico?
La politica dovrebbe prendere seriamente la decisione di portare la Sicilia nell’era post-carbon, senza esitazioni.
E’ un’occasione da non perdere, abbiamo sole e vento in abbondanza abbiamo inoltre i bacini idrici utili per livellare e regolare la produzione di energia da fonti rinnovabili.
In questi anni le istituzioni, intendo politici e burocrati, hanno sempre promosso le rinnovabili nei proclami, ma essenzialmente hanno remato contro, producendo norme e prassi che molte volte sono state impugnate e decadute. La politica in Sicilia, pur sempre con buoni propositi, non si è mai impegnata in una sana campagna di pianificazione dell’assetto energetico dell’isola, lasciando ai privati la totale iniziativa e ai burocrati il potere di decidere.
Siamo al paradosso, che pur essendo la Sicila un esportatore di energia verso il continente e pur essendo stato realizzato il nuovo elettrodotto sottomarino Sorgente – Rizziconi, che doveva essere la panacea all’eccessivo costo dell’energia dell’isola, i siciliano pagano, ancora oggi, la bolletta energetica più alta d’Italia.
La politica energetica è una cosa seria e deve essere affrontata in maniera organica e con prospettive a medio e a lungo termine. Nell’immediato futuro l’avvento della mobilità elettrica porterà un progressivo aumento dell’energia elettrica prelevata dalla rete, che in assenza di un corrispettivo aumento della produzione dell’energia da fonti rinnovabili, avrà come conseguenza diretta la riaccensione o comunque il maggiore sfruttamento delle centrali a combustibile fossile.
Da un punto di vista della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico è necessario predisporre piani di intervento che stimolino la piccola impresa e consentono a questa di ricevere agevolmente e rapidamente il supporto del mondo accademico. Molti programmi di partenariato industria e mondo della ricerca, messi in atto negli ultimi decenni, sono stati dimensionati per i grandi gruppi industriali o per grandi aggregazioni di piccole industrie molte volte non in gradidi supporti vicendevolmente nella pianificazione della ricerca scientifica. Grandi progetti con piccoli risultati.
La provincia autonoma di Bolzano ad esempio, altresì, ha sviluppato alcuni strumenti per la promozione del rapporto industria università. Questi strumenti attengono allo sviluppo della piccola impresa, proprio di quelle realtà che hanno difficoltà di accesso alla ricerca di base o allo sviluppo industriale. Questo tipo di attenzioni stimolano oltretutto gli atenei e i singoli docenti nell’attivare filoni di ricerca applicata che hanno un risvolto immediato nel mondo industriale, favorendo così l’inserimento dei laureati nel mondo del lavoro.