“A 30 anni e oltre dall’eccidio della strage di via D’Amelio questa difesa ritiene di rinnovare il proprio cordoglio per le vittime e i loro familiari. Ma così come ho fatto in primo grado intendo esprimere anche la partecipazione al dolore dei cittadini ingiustamente condannati. Perché si sgombri il campo, per tutti questi soggetti, appartenenti o meno ad associazioni criminali”. Ha iniziato così la sua arringa l’avvocato Giuseppe Seminara, difensore dei poliziotti Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, imputati del processo sul depistaggio sulle indagini sulla strage di via D’Amelio che si celebra a Caltanissetta dinanzi alla Corte d’Appello presieduta da Giovanbattista Tona.
Insieme all’altro imputato, Mario Bo, difeso dall’avvocato Giuseppe Panepinto, sono accusati di calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa Nostra. Secondo la procura di Caltanissetta avrebbero costretto il falso pentito Vincenzo Scarantino a rendere false dichiarazioni sulle stragi per fare condannare persone estranee ai fatti.
Nella scorsa udienza il procuratore generale Fabio D’Anna ha chiesto la condanna a 11 anni e 10 mesi per Mario Bo e 9 anni e 6 mesi per Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. “L’imputato – ha continuato Giuseppe Seminara – ha fede nella giustizia. Il rappresentante dell’accusa, a mio parere, ha perso la fede verso la giurisdizione. Sostenere che Vincenzo Scarantino sia una persona attendibile a mio modo di vedere è qualcosa di aberrante”.
“Si contesta agli imputati l’aggravante di avere agito per occultare la responsabilità di altri soggetti nella strage di via D’Amelio. Questa aggravante viene contestata anche a Ribaudo e a Mattei, rispettivamente agente e vice sovrintendente della Polizia di Stato. Cioè stiamo parlando degli ultimi due gradi della scala gerarchica che rispetto al vertice hanno una tale distanza che parlare di comunicabilità è un’offesa a quello che pensiamo possa avvenire nella normalità. Si tratta di due soggetti che fanno parte degli ultimi gradini della scala gerarchica e contestare queste accuse è quanto meno singolare”, così continua l’avvocato Giuseppe Seminara.