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Terza per produzione e crescita

Donazione sangue in crescita in Sicilia, ma è allarme giovani. Ventura: “Promiscuità e alcol li escludono” CLICCA PER IL VIDEO

lunedì 24 Marzo 2025

Ogni giorno, negli ospedali di tutta Italia, migliaia di persone attendono una sacca di sangue come fosse una seconda possibilità. Incidenti, interventi chirurgici, emergenze improvvise, ma anche malattie croniche come la talassemia e altre patologie ematologiche rendono la donazione di sangue un atto insostituibile, silenzioso e vitale.

Eppure, ancora oggi, si fa fatica a trovare donatori anche perché la popolazione sta invecchiando e non vi è un ricambio generazionale ed il futuro della raccolta è a rischio.

La Sicilia è tra le regioni che negli ultimi anni ha fatto registrare una crescita significativa nella raccolta di sangue, ma la sfida resta tutt’altro che conclusa. A raccontarci i numeri, le criticità ancora aperte e l’urgenza di un cambiamento culturale è Maria Luisa Ventura, Dirigente del Centro Regionale Sangue.

Qual è la situazione attuale della donazione di sangue in Sicilia?

In controtendenza rispetto ad alcune difficoltà nazionali, la Sicilia negli ultimi tre anni ha mostrato una crescita notevole nella produzione di emazie concentrate, l’emocomponente più importante e necessario. Siamo passati da 198.894 unità nel 2022 a 203.186 nel 2023 e abbiamo raggiunto 208.957 unità a febbraio 2024. Un risultato che ci rende orgogliosi e che ci ha fatto guadagnare i complimenti del Direttore del Centro Nazionale Sangue. Siamo oggi la terza regione in Italia per produzione e crescita, pur non avendo ancora raggiunto l’autosufficienza completa.

Ci sono però ancora criticità da affrontare. Quali sono le principali?

Il nostro tallone d’Achille resta il periodo estivo. Le alte temperature scoraggiano i donatori e, con l’arrivo delle ferie, si crea una generale distrazione che influisce negativamente sulla raccolta. Ma i nostri pazienti, come i talassemici e gli emoglobinopatici – oltre 2400 in Sicilia – non vanno in vacanza. Hanno bisogno di trasfusioni regolari, ogni quindici giorni, spesso con gruppi sanguigni particolari e difficili da reperire. Pensate che  circa il 22-23% del sangue raccolto nell’Isola e dei suoi derivati è destinato proprio a questi pazienti e che nel 2024 abbiamo assegnato 46.361 unità di emazie. Parliamo di persone che, per poter vivere una vita dignitosa, hanno bisogno di trasfusioni costanti. La loro presenza rende imprescindibile una raccolta continua e ben organizzata durante tutto l’anno, senza flessioni. Ogni estate, purtroppo, andiamo in sofferenza e, sebbene possiamo contare su una convenzione con l’Emilia-Romagna per coprire il fabbisogno residuo, non possiamo permetterci ritardi”.

Quali sono i gruppi sanguigni più difficili da reperire?

“Gli zeri, soprattutto lo zero negativo. È un gruppo meno frequente e può essere trasfuso solo a persone con lo stesso gruppo. Lo zero positivo, che manca spesso, ha almeno un’alternativa. Ma se ci manca lo zero, diventa tutto più complicato. A volte anche il gruppo A positivo, generalmente diffuso, può scarseggiare a seconda della situazione. Tutto dipende dalla domanda specifica del momento”.

Esiste anche una preoccupazione legata alla fascia di età dei donatori?

“Purtroppo stiamo assistendo a una diminuzione costante dei donatori tra i 18 e i 45 anni. La nostra base attuale è costituita prevalentemente da persone tra i 45 e i 65 anni, ma molti presto usciranno dall’idoneità per motivi anagrafici o di salute. Il ricambio generazionale sta mancando e questo è allarmante”.

Come si spiega questa disaffezione da parte dei giovani?

“È un trend nazionale, dovuto a più fattori. Innanzitutto, la pressione anagrafica: nascono sempre meno giovani. Ma c’è anche un evidente calo di attenzione verso l’etica del dono. Donare non è solo una questione sanitaria, è un gesto civico, di responsabilità. È tempo, è ascolto, è solidarietà. E questa sensibilità purtroppo sta calando. Non solo: preoccupa anche lo stile di vita di molti giovani. Tra uso precoce di alcol, sostanze, rapporti sessuali promiscui – tutti aspetti valutati nella selezione del donatore – spesso i ragazzi risultano non idonei. L’alcol, ad esempio, viene consumato già a 12 anni, di nascosto. A 18, quei comportamenti sono ormai consolidati”.

Cosa si sta facendo concretamente per sensibilizzare i giovani?

Una delle iniziative più importanti è stata la firma di un protocollo d’intesa tra l’Assessorato alla Salute e quello all’Istruzione, che ha permesso alle associazioni di volontariato di entrare stabilmente nelle scuole. Portano la cultura del dono tra i banchi, guardando i ragazzi negli occhi e spiegando quanto può valere una sacca di sangue per chi la riceve. Io stessa ho donato per la prima volta a 18 anni appena compiuti. Si deve tornare a quell’educazione. Siamo anche impegnati nella realizzazione di una nuova campagna regionale e a maggio ospiteremo a Palermo un importante corso nazionale di formazione per migliorare la qualità dei servizi trasfusionali”.

E il ruolo delle associazioni nella raccolta del sangue?

“In Sicilia, l’80% della raccolta è gestita dalle associazioni. Senza di loro, per via della complessità geografica e della scarsità di personale sanitario, saremmo persi. Le associazioni arrivano dove i centri non potrebbero, con autoemoteche nei paesi e nei luoghi più remoti. Sono supportate da personale medico e infermieristico qualificato e collaborano con i centri trasfusionali in modo integrato. I numeri lo dimostrano: è un modello che funziona”.

Oltre al valore etico, ci sono riconoscimenti per chi dona?

“Il principio fondamentale della donazione in Italia è che sia volontaria, gratuita e anonima. Un gesto libero e consapevole, mai retribuito. Chi lavora ha diritto a un giorno di permesso retribuito, oltre a esami periodici gratuiti e a una colazione dopo la donazione. Tuttavia, molti lavoratori lamentano che i datori di lavoro privati non sempre concedano questo permesso, nonostante sia un diritto tutelato dalla legge. Su questo fronte servirebbero maggiori controlli e una sensibilizzazione più incisiva anche tra i datori di lavoro”.

Un messaggio per le nuove generazioni?

Ai giovani dico: non guardate la donazione come un semplice dovere o un sacrificio, ma come una scelta di vita. Donare non significa solo dare il sangue, ma anche offrire gli organi, le cellule staminali, il tempo, un sorriso, l’ascolto. Entrare in questo circolo virtuoso non solo arricchisce chi riceve, ma aiuta anche chi dona a mantenere uno stile di vita più sano, lontano da comportamenti dannosi, e soprattutto a fare la differenza per chi ha davvero bisogno”.

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