In realtà questa puntata di donna Sarina sarebbe dovuta essere in siciliano. Se non lo è è per via delle conseguenze dei pregiudizi che hanno trasformato la nostra meravigliosa lingua in dialetto dei mafiosi, negletta, roba da ignoranti, poveri. Di generazione in generazione, dall’unità d’Italia in poi, il siciliano si è parlato sempre meno perché “è vergogna”, al punto che oggi l’Unesco l’ha inserita tra le lingue vulnerabili da tutelare e a rischio estinzione.
Ma dall’estate del 2023 c’è chi, da Messina e da tutta la Sicilia ha avviato un percorso di segno opposto per restituire dignità al siciliano come lingua e non come dialetto e per dargli il giusto posto che merita anche a livello nazionale, come accade con le lingue delle altre regioni a statuto speciale. Ecco perché l’ospite della puntata 59 di donna Sarina è un “rivoluzionario” come tutti quelli che vanno contro corrente. Davide Liotta, presidente dell’associazione Arb, ha messo in moto quel meccanismo che ha fatto tanta strada e che ha portato anche alla nascita dell’Auclis, la federazione di 18 associazioni che si battono per la valorizzazione del siciliano (QUI). Che no, non è un dialetto, non è la lingua dei mafiosi o della povera gente. E se i nostri figli e i nostri nipoti non hanno idea di come si parli è perché quelle forme di repressione delle identità singole avviate con l’Unità d’Italia hanno raggiunto lo scopo.
Davide Liotta racconta come tutto è iniziato con un laboratorio di teatro e con il regista Vincenzo Tripodo che ha portato in scena un capitolo dell’Odissea tradotta magistralmente direttamente dal greco al siciliano dalla professoressa Rosa Gazzara.
Una scintilla che ha portato al fuoco. A settembre a Messina la tavola rotonda sulla dignità della lingua siciliana (QUI) nella giornata europea delle lingue, con contributi di altissimo livello su proposta del messinese Aurelio La Torre (dirigente dipartimento Politiche europee della Presidenza del Consiglio) che hanno posto le basi per l’iniziativa che si è tenuta a Bruxelles, promossa dall’eurodeputato Ignazio Corrao.
E proprio lì le associazioni, i movimenti, i singoli che sono uniti dal comune sentire per difendere la nostra lingua, hanno avviato un percorso abbozzato con il Manifesto di Bruxelles (QUI). Prima c’è stata a Messina la Settimana della lingua siciliana con una lunga serie di eventi che hanno coinvolto studenti, docenti, librerie, autori, intellettuali, artisti (QUI). Il seme piantato a dicembre a Bruxelles ha portato alla nascita di Auclis che tra le altre iniziative ha scritto a tutti i deputati Ars un appello con 10 proposte concrete (QUI). Il siciliano è una lingua viva e nient’affatto morta, sebbene proprio quell’alterigia con la quale è stata trattata, spesso anche dalla nostra classe dirigente e accademica, l’abbia relegata tra i ricordi del passato (QUI). L’Auclis ricorda che c’è una legge regionale rimasta nel cassetto dal 2011 che ne prevedeva la diffusione nelle scuole. Il sogno di tutti è che il siciliano riacquisti il posto che merita come accade con le altre lingue delle regioni a statuto speciale. Basti pensare che il presidente della Regione Sardegna, nel 2019, insediandosi, ha tenuto il discorso di 45 minuti in sardo. Da noi non solo è molto difficile che accada (anche perché ormai non riusciamo a parlarlo se non per pochi minuti), ma se un presidente siciliano si azzardasse a farlo finirebbe in prima pagina su tutti i giornali come “mafioso” o nella migliore delle ipotesi, ignorante. Pregiudizi che come ha scoperto Liotta grazie alle sue iniziative non hanno scalfito gli studenti messinesi del liceo classico Maurolico che hanno realizzato il meraviglioso coro di “Mari fora” in siciliano, o i colleghi del liceo La Farina che si sono chiesti perché è visto come il linguaggio degli “zalli”, o ancora gli adolescenti delle scuole medie di Malfa a Salina che hanno messo in scena brani in siciliano. Le 10 proposte dell’Auclis sono un inno alla sicilianità intesa come storia, ricchezza, identità, quella che ancora palpita nelle nostre anime (QUI)