L’Ufficio studi della Cgia di Mestre e l’Istat nei giorni scorsi con due report dedicati, hanno descritto la situazione in termini di economia “sommersa”, l’evasione e il lavoro irregolare in Sicilia e le altre Regioni, indicando tendenze e variazioni delle ultime rilevazioni.
I dati Istat sull’economia “non osservata” in Sicilia
Nel 2022, la Sicilia ha registrato un’incidenza dell’economia “non osservata” particolarmente rilevante rispetto alla media nazionale. Questo fenomeno si riflette nel peso significativo del lavoro irregolare in settori chiave come agricoltura e servizi.
L’occupazione irregolare nel settore agricolo, che coinvolge il 17,4% dei lavoratori del comparto, rimane una delle più elevate d’Italia, mentre nei servizi alla persona, l’incidenza del lavoro nero raggiunge il 39,3%, trainata dalle attività domestiche.
Il tasso di irregolarità in Sicilia è superiore a quello nazionale anche in altri comparti, come il commercio, i trasporti e la ristorazione, che registrano una media del 14,5%, leggermente al di sopra della media italiana.
Questi dati sottolineano l’importanza del sommerso nell’economia regionale, contribuendo a rendere il mercato del lavoro siciliano uno dei più colpiti dal fenomeno del lavoro irregolare.
Rispetto ad altre regioni italiane, la Sicilia si colloca tra quelle con il più alto tasso di lavoro irregolare, insieme alla Calabria e alla Puglia.
Questa situazione è aggravata da una forte dipendenza da settori tradizionali e a bassa intensità tecnologica, dove l’evasione contributiva e la sotto-dichiarazione del fatturato sono pratiche diffuse.
Il peso della sotto-dichiarazione nell’isola è cresciuto anche nel 2022, parallelamente all’andamento nazionale, raggiungendo il 5,1% del valore aggiunto complessivo, con una crescita particolarmente rilevante nei settori del commercio e dei servizi.
In un confronto con il Nord Italia, regioni come la Lombardia o il Veneto presentano tassi di irregolarità e sotto-dichiarazione molto inferiori, grazie a una maggiore formalizzazione del lavoro e a un controllo più efficace sul rispetto delle normative fiscali e contributive.
Questo divario tra le aree settentrionali e meridionali rimane uno dei principali ostacoli alla crescita economica della Sicilia, dove il sommerso contribuisce a mantenere livelli di produttività più bassi e limita la capacità di attrarre investimenti.
Un altro elemento che distingue la Sicilia dalle altre regioni è il settore edilizio, che rappresenta uno dei comparti più vulnerabili all’economia sommersa. Sebbene in calo rispetto agli anni precedenti, il settore delle costruzioni in Sicilia continua a registrare alti livelli di sotto-dichiarazione e lavoro nero, soprattutto nelle piccole imprese e nei cantieri informali.
L’analisi delle attività illegali, che includono il traffico di stupefacenti, la prostituzione e il contrabbando, mostra un impatto limitato in Sicilia rispetto ad altre regioni, anche se il traffico di stupefacenti continua a rappresentare una fonte rilevante di entrate per l’economia sommersa regionale.
Il quadro siciliano che emerge dell’economia non osservata evidenzia la persistenza di gravi criticità legate al lavoro irregolare e alla sotto-dichiarazione, soprattutto in settori come l’agricoltura, i servizi alla persona e il commercio.
Questi fattori, uniti a una bassa produttività e a una forte dipendenza da settori tradizionali, limitano il potenziale di crescita economica della regione, contribuendo ad alimentare il divario con le regioni più avanzate del Paese.
Fonte dati: Report Istat – L’ECONOMIA NON OSSERVATA NEI CONTI NAZIONALI | ANNI 2019-2022
Il report Cgia Mestre: la mappatura dell’evasione e dell’economia “non osservata”
L’Ufficio studi della Cgia di Mestre (Ve) sulla base degli ultimi dati disponibili riferiti al 2021, ha verificato che a livello nazionale toccano i 201,6 miliardi di euro, con una incidenza percentuale sul Pil del 10,1%, contro i 195 del 2019, che incidevano sul Pil per il 10,8%.
Ad eccezione del Molise, è diminuita in tutte le regioni d’Italia la dimensione dell’economia “non osservata” o meglio nota come sommersa, quella dei redditi non dichiarati, del lavoro nero e irregolare e delle altre attività non dichiarate.
In valore assoluto, le contrazioni più importanti hanno riguardato il Lazio, con -2,2 miliardi, la Lombardia con -1,9 miliardi, la Campania con -1 miliardo e la Toscana con -943 milioni di euro.
Illegalità al top in Calabria per propensione (Sicilia al quarto posto)
Ci sono due unità di misura per valutare il peso dell’economia non osservata, in valore assoluto o in percentuali sul valore aggiunto regionale.
Per la prima modalità, il fenomeno si concentra nelle regioni settentrionali che tendenzialmente hanno un maggior numero di abitanti e un livello di ricchezza prodotta superiore alla media.
L’impatto più elevato si registra così in Lombardia, con 31,3 miliardi. Segue il Lazio con 20,9, la Campania con 18, il Veneto con 15 e l’Emilia Romagna con 14,8.
Per incidenza di questa piaga sociale ed economica sul Pil regionale, la realtà più investita è la Calabria con il 19,2%.
Seguono la Campania con il 18%, la Puglia con il 17,6%, la Sicilia con il 17,3%, la Sardegna e il Molise con il 16,3% ciascuna. Anche la stima dell’evasione fiscale, intesa come imposte, tasse e contributi non pagati, è in calo.
Secondo i dati del Mef, nel 2021 (ultimo dato disponibile) è scesa a 82,4 miliardi, di cui 72 riconducibili alle entrate tributarie e 10,4 ai contributi.
Il dato complessivo rispetto al 2019 è diminuito di ben 17,8 miliardi (-17,8%).
Gli strumenti che hanno assicurato questi ottimi risultati, per la Cgia sono in primo luogo l’applicazione della cosiddetta compliance; in secondo luogo l’introduzione della fatturazione elettronica e l’obbligo dell’invio telematico dei corrispettivi; in terzo luogo gli effetti dello split payment in capo a chi lavora con la Pubblica Amministrazione e del reverse charge per le aziende che operano, in particolare, nel settore delle costruzioni.
“Per contrastare maggiormente l’evasione – sottolinea l’associazione artigiana – bisogna continuare nella diminuzione del carico fiscale complessivo, ed essere inflessibili con chi è completamente sconosciuto al fisco. Ovviamente, bisogna essere altrettanto decisi nei confronti di coloro che, sebbene ‘targati’, fanno i furbi. Tutto questo, comunque, senza essere costretti ad inasprire la disciplina penale tributaria con l’intento giustizialista di gettare in galera gli evasori e buttare la chiave”.
“Nel frattempo, riteniamo che per ridurre l’infedeltà fiscale e allinearci agli standard dei paesi europei sia auspicabile mettere a punto in tempi rapidi un fisco meno aggressivo, più semplice, più trasparente e più equo, premiando chi produce, chi crea occupazione e genera ricchezza. Garantendo, allo stesso tempo – conclude la nota – un gettito sufficiente a far funzionare la macchina dello Stato e per aiutare chi si trova in difficoltà”.
Fonte dati: Report Centro Sudi Cgia Mestre delle Regioni – ultimi aggiornamenti al 2021