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Il colloquio

Finanziaria, Lucchesi: “Sanità siciliana sempre più debole, il governo come utilizzerà i tanti milioni stanziati?”

venerdì 8 Dicembre 2023

Francesco Lucchesi, componente della segreteria regionale della Cgil, qual è il suo giudizio sulla Finanziaria regionale che sta muovendo i primi passi nelle commissioni parlamentari?

“Riteniamo che sia una manovra finanziaria che non affronta in modo strutturale le criticità che la Sicilia vive ormai da decenni e che abbia un respiro corto rispetto, invece, alle storture che andrebbero affrontate con maggiore vigore soprattutto su nodi strategici, come la sanità, il dissesto idrogeologico o la transizione energetica. Invece assistiamo ad un indecoroso teatrino per la spartizione di migliaia di euro per sagre e feste di paese funzionali solo ad accontentare il politico di turno piuttosto che creare sviluppo organico e strutturale del territorio”.

Stiamo vivendo il primo vero inverno del post-Covid, ci sono misure che andrebbero inserite nel testo o previste a parte nella transizione ormai avvenuta da pandemia a comune virus influenzale?

“Sicuramente andrebbe promossa la campagna vaccinale a partire dai soggetti più fragili. Il Covid è quasi scomparso dagli argomenti trattati dai mezzi di informazione e la campagna vaccinale va a rilento. Certo, questo fatto non ci meraviglia dato che nell’attuale maggioranza ci sono politici che avevamo posizioni negazioniste sul Covid. Purtroppo però i casi sono in aumento e la stagione invernale difficilmente sarà di aiuto per invertire il trend. Ecco, da questo punto di vista la Regione siciliana potrebbe fare molto di più per promuovere e sponsorizzare almeno la campagna vaccinale. Inoltre non bisogna dimenticarci dei precari Covid, ormai abbandonati a se stessi, che potrebbero essere un supporto estremamente valido in questo campo”.

Come spieghiamo ai siciliani lo sciopero generale dei giorni scorsi da parte dei medici?

“Lo spieghiamo molto facilmente. Questo governo nazionale non solo diminuisce le risorse, nello specifico la percentuale in relazione al Pil di risorse da destinare al servizio sanitario nazionale ma in più intende penalizzare, attraverso la modifica dei coefficienti di rivalutazione, il personale medico che andrà in pensione a partire dal 1 gennaio 2024 con un taglio che oscilla tra le 4.000 e le 7.000 euro lorde l’anno. In più non stanzia risorse per un aumento delle assunzioni ma solo per implementare gli straordinari. Non stanzia adeguate risorse per i rinnovi contrattuali facilitando, così, l’esodo verso il privato. E, infine, aumenta le risorse alla sanità privata spogliando sempre di più il servizio sanitario nazionale che rappresenta un caposaldo del nostro sistema democratico”.

Che giudizio dà dell’operato del governo regionale, a poco più di un anno dal suo insediamento, rispetto ai temi “caldi” della medicina territoriale e dei presìdi nelle aree interne?

“Purtroppo per i cittadini siciliani, il giudizio è molto negativo. I presidi ospedalieri, soprattutto nelle aree interne si stanno inesorabilmente depauperando. Abbiamo pronto soccorso che funzionano a fasi alterne, alle volte aperti solo per poche ore al giorno. Interi reparti chiusi, anche di vitale importanza. Della medicina territoriale non se ne parla minimamente se non quando si affronta il tema del Pnrr e così anche dell’integrazione socio-sanitaria che sta alla base della medicina territoriale. Sul tema sono stati stanziati svariati milioni di euro, ma sul fronte regionale non se ne ha notizia su come si intende utilizzarli”.

Il precariato degli amministrativi e il turn over, ma anche i medici stranieri per sopperire le carenze nei ruoli, cosa va fatto su questi argomenti secondo la Cgil?

“Innanzitutto le misure messe in campo fino ad oggi dal governo regionale non sono sufficienti per risolvere la carenza del personale medico in Sicilia. Rappresentano una toppa troppo piccola rispetto ad un buco che va via via ingrandendosi a dismisura. Siamo fortemente preoccupati per i ritardi del Tavolo tecnico, incaricato dall’assessorato Salute di definire un nuovo piano di riorganizzazione della rete ospedaliera e del sistema sanitario regionale che dovrà essere oggetto di confronto con le organizzazioni sindacali. Serve un Piano straordinario per l’occupazione che guardi a tutte le figure che operano nel servizio sanitario. In questo senso è necessario anche innovare e potenziare il sistema universitario delle professioni sanitarie e socio-sanitarie , abolendo il numero chiuso per l’accesso ai corsi di studio. E’ paradossale assistere all’esodo dei nostri sanitari verso l’estero per migliori condizioni contrattuali e lavorative e dover ricorrere a operazioni di reclutamento di medici stranieri quando invece bisognerebbe ragionare e di conseguenza intervenire sui tetti di spesa legati al personale, imposti dal progressivo definanziamento del Ssr , ai blocchi contrattuali, alle mancate programmazioni con inevitabili riflessi in termini di carenze quantitative e anche motivazionali che portano sia a disertare alcune professioni e specialità mediche, sia a lasciare le strutture pubbliche per quelle private, o addirittura per l’estero”.

Rimodulazione del Pnrr, che impatto avrà sulla sanità siciliana e cosa cambia in termini economici?

“La rimodulazione del Pnrr avrà un impatto devastante sulla Sicilia su diversi fronti a partire dalle infrastrutture materiali. In campo sanitario avremo in base a quanto circola tra i documenti ministeriali quasi 200 strutture tra Ospedali di comunità, case delle salute e centrali operative territoriali in meno rispetto alle strutture previste dalla prima versione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Questo vorrà dire meno assistenza territoriale e maggiore affluenza nei nosocomi cittadini con tutte le conseguenze del caso. Ci viene detto dalle forze di governo di maggioranza che queste strutture verranno costruite lo stesso. Non ci viene detto però attraverso quali fondi e nell’ipotesi a quali opere sottraiamo queste eventuali risorse. Insomma il caos regna sovrano. In termini economici semplicemente questa rimodulazione vuol dire meno strutture che si traduce in meno posti di lavoro in una terra in cui c’è bisogno di tanta buona occupazione”.

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