L’11 aprile a Messina decine di persone, nonostante i divieti, accompagnavano il feretro del fratello dell’ex boss Luigi Sparacio. Sull’accaduto gli inquirenti stanno già indagando per comprenderne meglio i contorni.
“Quanto accaduto è gravissimo – dichiara Giuseppe Antoci, Presidente Onorario della Fondazione Caponnetto ed ex Presidente del Parco dei Nebrodi, scampato ad un agguato mafioso nel maggio 2016. – E’ incredibile che mentre nel nostro Paese migliaia di famiglie sono costrette a non poter vedere morire i loro congiunti e a dover poi effettuare esequie solitarie e riservate, a Messina accadano cose di questo genere. Personaggi che, con arroganza, pensano che le norme valgano solo per alcuni mentre altri, sull’onda del delirio di impunità, pensano di poter fare i padroncini dei territori volendo, forse, dimostrare che proprio in quei territori comandano loro”.
La notizia ha scatenato parecchie rimostranze e ha anche portato il Sindaco di Messina, Cateno De Luca, a fare delle precisazioni definendo tale partecipazione, solo di “una trentina di persone“, come estemporanea e sminuendo la vicenda.
“Ma è ancora di più incredibile – continua Antoci – che i familiari del defunto ringrazino pubblicamente il Sindaco definendo invece i giornalisti, che si sono occupati della vicenda, dei pezzi di merda“.
È infatti recente la notizia che uno dei familiari di Rosario Sparacio, il fratello di un ex boss della mafia messinese, ha ringraziato il primo cittadino della Città dello Stretto che aveva parlato di “una trentina di persone” che si erano unite per accompagnare la salma. “Dovete togliervi il nome di mio nonno da quella bocca che avete – aveva scritto su Facebook Rosario Maria Sparacio – perché non siete nemmeno degni di nominarlo….. Grandissimi giornalisti pezzi di merda perché siete dei pezzi merda e dite solo menzogne” e poi, in un altro post di un altro parente, si fa anche il nome del giornalista della Gazzetta del Sud Lucio D’amico: “…ti sei permesso di utilizzare anche nome e cognome di una persona che non sei neanche degno di nominare…”.
“Ma siamo impazziti? Queste frasi – continua Antoci – mi ricordano quelle scritte dalla famiglia Giuliano, ritenuta dalla DDA di Catania come gruppo criminale con base a Pachino, contro Paolo Borrometi, solo perché si occupava anche di loro raccontando gli affari di cosa nostra in quel territorio. Contro Borrometi, poi, anche un attentato scoperto per un pelo dalla magistratura e qualche giorno fa minacce anche a Salvo Palazzolo”.
“Sono felice che il Sindaco De Luca abbia preso le distanze dai ringraziamenti ma restano comunque come pietre quelle dichiarazioni farneticanti e minacciose dei parenti contro i giornalisti – continua Antoci. Questa terra ha già visto cadere sotto i colpi della mafia troppi di loro e vede ancora tanti giornalisti in trincea, alcuni dei quali costretti a vivere sotto scorta o che, semplicemente scrivendo con coraggio nomi e cognomi, rischiano anche la vita. Sono certo che la Magistratura e le Forze dell’Ordine di Messina sapranno, come sempre, dare un seguito all’accaduto” – conclude Antoci.
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