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Gela: un sacerdote e due consiglieri comunali indagati per corruzione e truffa

martedì 24 Maggio 2022

Un sacerdote posto agli arresti domiciliari e per altre tre persone, compresi due consiglieri comunali di Gela, disposto il divieto di esercitare per un anno uffici direttivi in imprese o società e obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Sono i provvedimenti adottati dal Gip di Gela, ed eseguiti da carabinieri, nei confronti di quattro indagati nell’ambito dell’inchiesta ‘Avaritia’ della locale Procura.

I reati ipotizzati a vario titolo sono corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, circonvenzione d’incapace, truffa, appropriazione indebita e riciclaggio. Tra i destinatari del provvedimento cautelare personale ci sono anche un sacerdote della Diocesi di Piazza Armerina (Enna) e due consiglieri del Comune di Gela. Particolari sull’operazione saranno resi noti durante una conferenza stampa che si terrà alle 11.30 alla Procura della Repubblica di Gela.

Il Gip ha disposto anche il sequestro preventivo di una unità immobiliare, del valore di circa 75 mila euro e di diversi conti correnti riferibili al sacerdote. L’inchiesta, si legge in una nota della Procura di Gela, “scaturisce da un’indagine avviata a gennaio del 2020 dal nucleo operativo e radiomobile dei carabinieri dopo le denunce di familiari di anziani ricoverati in un istituto pubblico di assistenza e beneficienza, operante sotto il controllo della Regione Siciliana”. Negli esposti si segnalava “il grave peggioramento delle condizioni di vita dei propri cari, concomitante con un notevole aumento delle quote di compartecipazione alle rette”.

Dalle indagini, ricostruisce la Procura, “sono emersi episodi corruttivi in relazione alla illegittima cessione, agevolata da uno dei due consiglieri comunali, dell’istituto ad una società privata di Gela, operante nel settore dell’assistenza sanitaria per disabili, gestita da un imprenditore del luogo e dall’altro consigliere”. “In particolare – sostiene l’accusa – il sacerdote, legale rappresentante dell’istituto pubblico, senza osservare le procedure previste dalla normativa in materia di appalti pubblici, avrebbe svenduto la struttura, cedendola in locazione alla società privata, a un canone inferiore a quello di mercato, ottenendo in cambio favori di varia natura, nonché somme di denaro versate ad un suo congiunto”.

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