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Gli adolescenti ai tempi del covid-19, tra didattica a distanza, social e libertà negate

martedì 7 Aprile 2020

Oggi la mia rubrica ospita una splendida riflessione su come gli adolescenti vivono la loro quotidianità in questi tempi bui. Un racconto che non avremmo mai pensato di scrivere ad opera di Maria Grazia Maggio: insegnante, psicologa e soprattutto madre.

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Di Maria Grazia Maggio

Anche per i miei figli è arrivato il momento di dover fare i conti con il senso di claustrofobia da covid.
È una parola che ancora non avevo usato nel mio vocabolario quotidiano da covid-19, ma oggi lo posso proprio dire: è una condizione claustrofobica.

Tutto, attorno a noi suggerisce che il tempo delle giornate lunghe e calde sta arrivando, ma oggi, più che qualche settimana fa, bisogna restare in casa. Penso ai miei anni di adolescente, che allo spuntare dei primi raggi primaverili di sole, cominciava a fare i conti alla rovescia in vista della fine dell’anno scolastico.

E l’arrivo della Pasqua, permetteva l’uso di indumenti più leggeri, colorati ed una permanenza fuori casa più lunga del solito. Ma oggi, che vuol dire fine? L’unica fine a cui si pensa è quella della pandemia. E la didattica a distanza, che fine farà, o meglio, a cosa porterà?

Vedo i miei ragazzi che si alzano al mattino con una forma di sciatteria da ore piccole, del resto, non c’è la levataccia delle ore scolastiche. Inizia presto la didattica a distanza, ma non era sconveniente stare molte ore davanti al pc? Però ci stiamo abituando anche a questo, chi con lo smart working, chi con le lezioni on line e chi dedica molte ore ai rapporti social, perchè la socialità oggi è solo un ricordo. È come se la socialità, lo stare con gli altri, abbia perso un pezzo, rimanendo solo l’aspetto social, che lo vivi solo con l’ausilio di un dispositivo, perdendo questo straordinario suffisso “ità” che ci rimanda alla vitalità, alla visibilità, all’intimità, alle priorità dello stare con gli altri.

E allora, osservo i visi sempre più pallidi dei miei figli adolescenti chiusi in casa, che cercano di dare un ritmo quasi normale alla loro giornata.

Si ascolta musica ad alto volume con le cuffie, cercando di stordirsi e dimenticare per un po’ la monotonia della giornata, si disegna, si guarda la tv, si legge, si fa sport con i pochi attrezzi a disposizione: pesi, elastici, cyclett, tappetino per gli esercizi a corpo libero suggeriti anche dalla nonna, ex professoressa di Educazione Fisica.
E così il tempo passa, passano i giorni ed ahimè, anche se, per i ragazzi il tempo sembra più lento per un’aspettativa di vita sicuramente più lunga, intanto passa e passa anche per loro e questo mi provoca un enorme dolore, da madre sicuramente, ma ancor più da psicologa.

Che cosa lascerà nei ragazzi un’esperienza di questo tipo? Come penseranno a questo periodo quando tutto finirà? Mentre la vita gli sorride, perché grazie al cielo stanno crescendo sani, il covid-19, li costringe dentro quattro mura.

Così, qualche sera fa, vedendo insieme ai ragazzi il meraviglioso film “The Truman show”, che narra la storia di un giovane uomo che fin dalla nascita viene cresciuto in un set televisivo, ingannato da tutti, senza via di fuga, mio figlio dice: “Ma per quanto tempo ancora devo rinunciare alla mia vita? La scuola, gli amici, la libertà di stare in giro! Per quanto tempo ancora?” E ci siamo immusoniti tutti.

Certo, dal punto di vista di un adulto, dare giustificazione allo stare fermi a casa è molto più semplice, ma un ragazzo o una ragazza, come devono gestire o meglio accettare lo stare in casa?

Allora noi adulti, proviamo ad approfittare del trovarci accanto ai nostri ragazzi, per ascoltarli di più, non facendo domande, perché questo ci esporrebbe alla solita risposta: “Lasciami stare, per favore!”. Ed invece, vi invito, ad osservarli, a vedere come regolano il loro tempo, come si relazionano con voi, come esprimono le loro paure e se riescono ad esprimerle, e stategli accanto, senza parole, in ascolto, per capirli meglio, per leggere i loro cambiamenti.

E apprezzateli, perché anche loro sono responsabili, sono rimasti a casa, sanno di dover rimanere fermi per il bene di tutti, per il loro bene, affinché presto possano finalmente ritornare sui banchi di scuola e quel giorno, non faranno storie per alzarsi, non si preoccuperanno per le interrogazioni o i compiti in classe, perché il compito più importante lo hanno già svolto ed il banco di prova più serio è stato quello di rinunciare alla loro meravigliosa libertà.

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