Sono sempre di più i giovani che vogliono “stare in disparte”, ritirati dalla vita sociale per lunghi periodi. Rinchiusi nella propria abitazione, evitano qualunque tipo di contatto diretto con il mondo esterno, talvolta anche con i familiari.
Quello degli auto segregati in casa è l’esercito degli “Hikikomori” – termine importato dal Giappone –, sono giovani tra i 14 e i 30 anni, un fenomeno che purtroppo anche in Sicilia ha messo le sue radici soprattutto a seguito della pandemia che ha estremizzato il problema. Proprio oggi si è svolto all’Ars un convegno, promosso dal pediatra Carlo Gilistro, deputato del M5s, insieme a sociologi, medici insegnanti e politici e con centinaia di classi collegate da remoto da tutta l’Isola. Un tema che ha suscitato l’attenzione e l’interessamento anche del direttore dell’ufficio scolastico regionale Giuseppe Pierro, presente anche la coordinatrice regionale dell’associazione Hikikomori Italia genitori, Marcella Greco.
Quali sono le cause per le quali i ragazzi interrompono i rapporti con i propri coetanei, abbandonando le attività sportive e, a volte, perfino la scuola, decidendo di ritirarsi tra le quattro mura delle propria stanzetta? Alla base di questa condizione c’è un disagio adattivo sociale. I giovani, che sperimentano una forte ansia sociale, faticano a relazionarsi con i coetanei e ad adattarsi alla società. Sono ragazzi molto intelligenti, ma dal carattere molto introverso e introspettivo, sensibili e inibiti socialmente, convinti di stare meglio da soli, lontani da tutti.
In Sicilia se ne contano “probabilmente nell’ordine di qualche migliaio anche se è veramente difficile avere stime corrette, perché spesso abbiamo a che fare con soggetti ‘invisibili’ e con un comportamento non riconosciuto nemmeno dai genitori che gli vivono accanto – ha spiegato Gilistro – Bisogna stare attenti ai campanelli d’allarme per cercare di correre subito ai ripari. Per questo bisogna aiutare insegnati e genitori a saperli riconoscere. E noi come istituzioni abbiamo il dovere di dare loro una mano con adeguate e massicce campagne di informazione”.
I principali segnali sono le frequenti assenze da scuola, l’abbandono delle attività sportive, la ridotta o mancata frequentazione dei coetanei, l’autoreclusione nella propria stanzetta, l’inversione del ritmo sonno-veglia, la preferenza per l’attività solitarie spesso con l’uso delle tecnologie digitali.
I genitori devono essere supportati e non colpevolizzati, non c’è ad oggi alcun riscontro scientifico che dica che un particolare stile genitoriale spiani la strada all’insorgere del fenomeno. Altro tabù da sfatare è quello che dipinge gli hikikomori come dei fannulloni e che si isolino per evitare la fatica dello studio o del lavoro.
“Niente di più falso -ha aggiunto il deputato grillino – perché questi soggetti spesso eccellono nello studio o nel lavoro. Gli hikikomori hanno semplicemente deciso di non tentare una carriera sociale perché demotivati o frenati dalla paura del confronto con gli altri”.
Hanno portato il loro saluto ai convegnisti a nome dell’Assemblea il presidente e il vicepresidente vicario dell’Ars, rispettivamente Gaetano Galvagno e Nuccio Di Paola.
“L’auspicio – ha detto Galvagno – è che la giornata di oggi possa essere segnata da un documento, qualcosa di concreto che possa impegnare l’Assemblea regionale siciliana ad una soluzione che nel tempo possa contribuire a porre l’attenzione ad un fenomeno che è assolutamente dilagante”.
La traumatica esperienza del figlio ha raccontato Marcella Greco, coordinatrice regionale associazione hikikomori Italia genitori che ha anche sottolineato l’importanza del protocollo d intesa operante in Sicilia tra le realtà che ruotano attorno all’universo hikikomori e l’ufficio scolastico regionale.
“In questo senso – ha detto Marcella Greco – la Sicilia è sicuramente pionieristica. Il protocollo sta infatti permettendo alle scuole di conoscere il fenomeno ancora largamente sconosciuto e di cercare gli strumenti alternativi per consentire ai soggetti hikikomori di studiare. In Sicilia abbiamo esempi virtuosi di scuole che hanno fatto affrontare in casa le prove Invalsi a ragazzi in ritiro e commissioni che si sono riunite in occasione degli esami di maturità nel giorno in cui il ragazzo in ritiro volontario si è sentito di uscire da casa”.
Fondamentale nel contrato al fenomeno il ruolo della scuola, rappresentata al convegno, oltre che da tanti insegnanti, anche dal direttore dell’ufficio scolastico regionale per la Sicilia, Giuseppe Pierro.
“Dobbiamo dare ai docenti – ha detto Pierro – gli strumenti che oggi sono fondamentali per intercettare il disagio, se non vogliamo che siano soldati senza armi. La Sicilia, con L’Ufficio Scolastico Regionale, è l’unica regione d’Italia che si è dotata di 49 operatori psico-pedagocici che lavorano con impegno negli Osservatori che sono stati istituiti in ogni provincia e che solo l’anno scorso hanno affrontato 3500 casi di ragazze e ragazzi con diversi problemi. Naturalmente la scuola non può fare tutto da sola. Non bastano i progetti, sono necessarie leggi adeguate”.