I Bagni di Cefalà Diana sono dei complessi termali situati a pochi chilometri di distanza da Palermo. È la struttura architettonica più antica d’Italia realizzata con lo scopo di custodire una sorgente termale con finalità terapeutiche. Si tratterebbe dell’unico esempio di complesso termale risalente alla dominazione musulmana in Sicilia.
Sono stati tantissimi i dubbi degli archeologi e degli studiosi circa la collocazione temporale del sito termale. Infatti, c’è chi ritiene che l’edificio sia di origine islamica e a sostenere questa tesi vi sono diversi elementi, come la presenza di caratteri cufici decorati da fregi floreali. Però la scritta si presenta, purtroppo, in un pessimo stato di conservazione, per cui è possibile leggere solo alcune parole come Muhammad e ‘ala-Allah. Ma c’è stato chi ha pensato che la struttura potesse essere di origine romana, ipotesi quest’ultima ormai largamente accantonata: adesso sembra pacifico che i Bagni di Cefalà Diana siano di epoca musulmana caratterizzati da ulteriori interventi avvenuti in periodo normanno.
A tal proposito, sono sorte perplessità poiché il grande viaggiatore musulmano al-Idrisi nella sua opera “Il libro di Ruggero” del 1154 non cita né direttamente, né indirettamente il complesso termale. Infatti, al-Idrisi, che ricordiamo fu geografo presso la corte di Ruggero II di Sicilia, nel suo capolavoro scrisse del paese Cefalà (Gaflah in lingua araba) ma non disse nulla sulle sue terme, e parlò invece dei complessi termali ubicati in altri luoghi dell’Isola. Insomma, non sempre i dati a disposizione s’incastrano tra di loro e ciò non permette di neutralizzare completamente dubbi e perplessità.
Rimane pure aperta la questione dell’origine del termine “Cefalà”, considerando anche che quest’area era già abitata in epoca romana e la denominazione “Cefalà” probabilmente è risalente alla dominazione greco-romana (bizantina). Infatti, si deve considerare che il termine greco “Kefalades”, che letteralmente vuol dire “testoni”, e da cui deriva Cefalà, era un titolo onorifico attribuito agli arconti militari di estrazione nobiliare, forse per indicarne il ruolo di guida dell’esercito. Quindi in questo caso il termine deve essere inteso nel senso di capo militare. Inoltre, ricordiamo che Chefalà è il cognome di una nobile famiglia greca. Infine, a complicare ulteriormente la questione della nomenclatura ci pensa la toponomastica greca in quanto sono numerosi i toponimi greci che comprendono la radice Kefal: pensiamo, ad esempio, all’isola di Kefalonia e al paese cretese di Kefalas. Per cui, è pure ipotizzabile che il nome “Cefalà” derivi dalla toponomastica greca.
Nel XII secolo l’area era fortemente abitata da musulmani e nel XIII secolo venne eretto un nuovo castrum, cioè un nuovo castello. Nel XIV secolo la peste spopolò l’area e sempre in questo stesso periodo il castello di Cefalà entrò a far parte dell’immenso sistema difensivo dei Chiaramonte. Nel 1684 i Diana divennero signori di Cefalà, fondando nel settecento il villaggio di Cefalà Diana.
Adesso diamo uno sguardo alla struttura architettonica del complesso termale. I Bagni furono edificati su una massa rocciosa sporgente, di fianco all’altura Chiarastella, nei pressi di una sorgente naturale, le cui acque sgorgano a una temperatura di 35- 38 gradi. L’architettura, di forma quadrangolare, si articola in due ambienti divisi tra loro da un muro costituito da tre archi che vengono sostenuti da colonnine in marmo i cui capitelli sono in terracotta. Una delle due stanze, costruita con la copertura a volta in mattoni, venne realizzata a ridosso della sorgente con lo scopo di evitare che l’acqua si potesse raffreddare. L’altro ambiente, invece, ha una lunghezza maggiore e il soffitto è dotato di cocci in arenaria con fori circolari la cui funzione è fondamentale e duplice: infatti, questo sistema permetteva di far entrare la luce del sole e allo stesso tempo favoriva l’uscita dell’aria calda.
Ed è la differenza tra i soffitti a spingere gli studiosi a ipotizzare che l’edificio fosse stato realizzato in tempi differenti. È verosimile che la sala con i fori fosse quella destinata ai bagni, tant’è vero che ci sono pure delle nicchie, che probabilmente servivano a conservare gli oggetti di chi usufruiva dell’impianto termale e diversi gradoni a schiena d’asino. Invece, l’altro ambiente doveva servire alla raccolta delle acque, che venivano incanalate venendo poi defluite nella sala principale. La sala destinata ai bagni è attualmente formata da tre vasche anche se si ritiene che precedentemente ce ne fosse soltanto una.
I Bagni di Cefalà Diana sono un esempio della ricchezza archeologica della Sicilia, un piccolo gioiello da scoprire ed apprezzare, anche se il passato splendore è andato perduto, pure perché negli anni Novanta la costruzione di un pozzo nel comune di Villafrati deviò il corso delle acque privando il complesso termale della sorgente naturale. In ogni caso, i Bagni di Cefalà Diana costituiscono un unicum sull’intero territorio nazionale, un patrimonio eccezionale che va valorizzato e custodito al meglio.