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I complessi (che ci creano gli altri)

lunedì 11 Aprile 2022

Personalmente, ho sempre combattuto – e sempre combatterò – una personale battaglia contro i complessi, figli della pochezza altrui e dell’altrui limitatezza. No, non fraintendete: non intendo dar battaglia ai Dik Dik o all’Equipe 84, ma parlo di quella sfrontata, stupida, selezione effettuata dalla gente, che tende a “sezionare” le persone, a sceglierle non per i loro effettivi meriti, quanto per la loro perfezione fisica o totale (illusoria) mancanza di difetti, che, sempre più volte, scatenano nella gente quella sensazione di sentirsi in qualche maniera “sbagliati”.

Ricorderete, senz’altro, “Dentone”, il famoso personaggio interpretato da Albertone nazionale nella pellicola del 1965 a firma di Dino Risi, Franco Rossi e Luigi Filippo D’Amico, che si ritrovava a dover fronteggiare, con spavalderia, baldanza e curiosa sicumera, mille ritrosie ed ostacoli derivanti dai suoi, appunto, “dentoni”, difetto fisico definito “assolutamente imperdonabile” per un aspirante lettore del telegiornale nazionale: peccato, però, che il difetto fisico andasse a “cozzare” con un personaggio di assoluta cultura e precisione, impossibile da “bocciare” per demeriti culturali, tanto da riuscire, appunto, a diventare lettore del TG nonostante il proprio difetto.

Si, la “maschera” di “Dentone” è più moderna ed attuale di quanto non immaginiate: quante volte vi ritrovate a leggere, negli annunci di lavoro, “si richiede bella presenza”? Quindi, voglio capire: se hai davanti una donna con tre lauree, che conosce sei lingue, ha quattro master ma ha un piccolo difetto fisico, la “bocci” da qualsiasi posizione lavorativa solo per il suo aspetto fisico? Se hai risposto sì, te lo dico a chiare lettere ed in faccia: sei un cretino, sei un beota, un “pistola” se preferisci.

Io non sono i miei difetti fisici: il valore di una persona non passa per niente attraverso l’aspetto fisico. La valenza personale, il curriculum e l’esperienza di qualsiasi individuo, prescinde dal suo aspetto fisico: dovreste mettervi nei panni, ad esempio, di quella mia amica con la taglia 54, due lauree, un Master conseguito ad Harvard, che si è vista sbattere sei volte, ripeto, sei volte, la porta in faccia in altrettanti lavori da segretaria e centralinista “perché non di bella presenza”.

Davvero, voglio rendermi conto di quanto siate cretini, e quanto il vostro becero livello possa raggiungere soglie di stupidità mai viste prima: far sentire sbagliata una persona non soltanto non vi fa onore, ma disegna le pessime persone che siete. Voi – si, parlo con voi – siete le stesse persone che vi divertite a mettere in imbarazzo la gente facendo domande cretine sui loro difetti fisici, con quel sorrisino ebete quando chiedete “ma perché ti manca un dente? Ma perché hai quell’occhio storto? Perché hai sei dita? Come mai hai quella macchia sul viso? Quando hai iniziato a perdere i capelli?”

Mi chiedo, più o meno precisamente, cosa stracabbasisi ve ne frega a voi, e come questa curiosità possa rendere migliore, diversa o più completa la vostra vita: mi chiedo – e mi piacerebbe sentire le vostre spiegazioni – come possiate pensare che le prestazioni lavorative di una persona a cui manca, ad esempio, un dente o i capelli, possano, in qualche maniera, essere minori rispetto ad una persona a vostro parere “normodotata”, quando gli unici ad avere un serio handicap mentale siete soltanto voi. Un handicap chiamato cretinaggine.

Una santa volta per tutte, quindi, smettiamola di sentirci errati o inadatti, e voi, smettetela di essere così stupidi: abbiate, quantomeno, la buona creanza di non essere la dimostrazione vivente di come al peggio non ci sia mai fine. E se proprio vi sentite così sbagliati a causa dei giudizi altrui, rasserenatevi. In fondo, “nessuno è così intelligente da poter dimostrare ad un cretino che è un cretino!” (R. Gervaso)

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