Mauro De Mauro è stato uno dei giornalisti più apprezzati del giornale L’ORA. Si racconta che fosse stato assunto al giornale per intercessione di Pompeo Colayanni, il mitico comandante partigiano che lo additava positivamente come esempio di ravvedimento politico. Pesava, infatti, sulle sue spalle, un passato abbastanza burrascoso, avendo militato fin fa giovane nelle file dei fascisti repubblichini, membro della famigerata X Mas del comandante Valerio Borghese ed era riuscito fortunosamente a sfuggire alla vendetta dei partigiani che si limitarono a un duro pestaggio procurandogli gravi menomazioni nel fisico.
Di carattere sensibile e generoso, era ritenuto un ottimo giornalista, tanto che i suoi servizi sui drammatici fatti dell’otto luglio ’60 a Palermo rimangono uno straordinario brano di giornalismo. Vi erano, però, anche alcuni detrattori che dicevano che in fondo un po’ fascista era rimasto e facevano girare voci che avesse mantenuto collegamenti con gli antichi “camerati”. Altri vociferavano sulla sua spregiudicatezza nell’uso della professione giornalistica che a se ne serviva anche per ricattare qualche potente. Tutte accuse mai provate, pettegolezzi, invidie, calunnie che non inficiarono il riconoscimento della sua professionalità.
La sera del 16 settembre del 1970 tornando dal giornale e dopo avere parcheggiato la sua macchina e raccolto alcuni pacchetti – caffè, sigarette e una bottiglia di vino – si dirige verso il portone del palazzo della sua abitazione, in via delle Magnolie. Lo ha preceduto di qualche minuto la figlia che sta rincasando con il fidanzato, che lo ha visto e lo attende per prendere assieme l’ascensore. Vede, però, che il padre ritarda e allora decide di andargli incontro e fa appena in tempo a vederlo risalire insieme a due o tre uomini nella sua macchina. Riesce solo percepire qualche parola, forse “amuninni”, e subito dopo vede la BMW scomparire velocemente. La macchina sarà ritrovata più tardi invia D’Asaro, chi non sarà più ritrovato è invece Mauro De Mauro.
Perché De Mauro? Un interrogativo che fino ad oggi è rimasto senza risposta. Le indagini si svolsero con grandi difficoltà spaziando da una ipotesi all’altra. Era stato un atto intimidatorio nei confronti del giornale L’ORA, ma perché sequestrare propri De Mauro? Era una vendetta della mafia per i suoi articoli e le sue inchieste. E perché mai la direzione del giornale lo aveva trasferito dalla cronaca ai servizi sportivi. Era una misura per tutelare la sua incolumità o i suoi articoli avevano infastidito qualche potente? Si era di fronte a un delitto punitivo o preventivo reso necessario dalla minaccia che De Mauro rappresentava per certi ambienti che avevano dato incarico alla mafia di risolvere il problema? Aveva messo le mani su intrecci tra mafia e affari talmente scottanti tanto avere confidato a qualcuno che questa inchiesta gli avrebbe procurato la laurea in giornalismo?
Non mancarono come in tutti i delitti di mafia i tentativi di depistaggio e allusioni di una presunta pista interna allo stesso giornale l’ORA. Alla fine dopo tante congetture e colpi di scena, come l’arresto del commercialista Antonino Buttafuoco che aveva confidato alla famiglia che a breve il giornalista sarebbe stato liberato, le ipotesi investigative si restrinsero a due che peraltro videro contrapposi polizia e carabinieri. La prima insisteva sulla pista dell’attentato a Enrico Mattei di cui De Mauro stava ricostruendo gli ultimi giorni in Sicilia del presidente dell’ENI per incarico del regista Francesco Rosi, imbattendosi in verità scottanti. Aveva forse scoperto le prove dell’attentato il coinvolgimento di politici nazionali e siciliani? I carabinieri, invece, battevano la pista della droga, ritenendo che De Mauro nella inchiesta che stava preparando era riuscito ad acquisire notizie che mettevano a repentaglio la sicurezza di alcuni capimafia.
Anche De Mauro rimane uno dei misteri siciliani senza Verità e Giustizia.